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Dalla letteratura all’attualità, dalla filosofia all’arte: a noi interessa tutto. Purché non ci si annoi.

REVEREND SHIT-MAN’S BEST OF 2022

Ecco una lista di dieci album, recensiti nel 2022, che hanno maggiormente incontrato i favori e i gusti di Reverend Shit-Man, in ordine sparso e non gerarchico:

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AGENZIA Z

La nascita di una realtà indipendente come quella di Agenzia Z rappresenta una speranza per il futuro.

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Zenoni

Oggi siamo qui nello studiolo di Federico Zenoni – che si presenta come illustratore, batterista autodidatta e psicoeditore – ingombro all’inverosimile di rotoli,

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Seguiamoli #1

Seguiamoli #1

Inauguriamo la rubrica “Seguili”, nella quale andremo a segnalare progetti riguardanti la sfera musica/cinema/libri secondo noi validi, che siano blog, canali Youtube, Twitch od altro. SISTAVAMETAL, TONY FACE, SISTAVAMETAL.

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WOLFMANHATTAN PROJECT – SUMMER FOREVER AND EVER

Secondo lavoro sulla lunga distanza per i garage rockers losangelini Wolfmanhattan Project, vero e proprio supergruppo formato da tre leggende del rock ‘n’ roll mondiale: Kid Congo Powers (Gun Club, Cramps, Nick Cave and the Bad Seeds,  Knoxville Girls, Kid Congo & the Pink Monkey Birds) fresco di promozione della sua autobiografia, e poi Mick Collins (Gories, Dirtbombs, Blacktop) alle chitarre e voce, coadiuvati dall’immarcescibile Bob Bert (Sonic Youth, Chrome Cranks, Pussy Galore, Lydia Lunch, Jon Spencer and the HITmakers) alla batteria e voce. Tutti musicisti con un pedigree invidiabile, che si trovano bene insieme e hanno unito le forze in una band che si propone di voler essere qualcosa in più dell’insieme della somma delle parti.   A sette anni di distanza dall’esordio assoluto (col singolo “Smells like you”/”You are my glue“) e a tre dal debut album “Blue Gene Stew“, tutti usciti su In The Red Records, i nostri supereroi danno un seguito all’avventura (pubblicata sempre su In The Red) sfornando “Summer forever and ever“, composto da dieci nuove tracce, per una mezz’ora abbondante di R’N’R scassato, accattivante, ma anche eclettico, dove il trio ha suonato anche altri strumenti, oltre quelli consueti, come il piano e il sintetizzatore.   Registrato da Mark C., il disco si apre con “Like Andrea True“, sorta di tributo alla soul/disco band newyorchese Andrea True Connection, per poi entrare nel vivo con lo sgangherato garage punk di “Countdown Love” (la traccia preferita da chi vi scrive) che puzza amorevolmente di Cramps, Saints e Radio Birdman, e prosegue con la title track “Summer Forever“, già lanciata come singolo ben due anni fa, in cui Mick Collins, sotto un agile tappeto di chitarre velenose, canta del sogno di tutti gli skaters e i surfisti (e, in generale, di tutti coloro che odiano il freddo e l’inverno) quello di un’estate soleggiata che duri 365 giorni l’anno, e visto il caldo anomalo di questi mesi autunnali, sembra quasi che il suo desiderio possa avverarsi. “Respectable Pigs” cita nel testo “Psychotic Reaction” dei Count Five, ma musicalmente siamo sui lidi rumoristi più affini al duo Velvet Underground-Stooges, mentre la strumentale “Hypnotize too” rimande a certe bizzarrie alla Captain Beefheart. In “H Hour“, brano breve e sgusciante, si ritorna su sentieri più vicini al garage rock, e nello sghembo post-punk di “Silky Narcotic” Bob Bert ricorda il compianto Charlie Watts degli Stones. Lo sgarrupato twistabilly di “Very next song“, memore del passato di Brian Tristan nei Gun Club, apre la volata finale dell’Lp, che si chiude con le lunghe “New in the world” (uno straniante esperimento con piano, voce e altri inserti inusuali) e “Raised/Razed” (sorretta da un riff chitarristico ripetitivo e un ritmo in crescendo, incalzato dai synth, con un cantato recitato, quasi ai limiti dello spoken word) della durata di cinque minuti per pezzo.   La classe non è acqua, gallina vecchia fa buon brodo. Ok, ho finito coi proverbi e i luoghi comuni, ma nel caso dei Wolfmanhattan Project sono azzeccati, perché Kid, Bob e Mick si divertono ancora a suonare insieme e incidere ottimi album come questo “Summer forever and ever”, che non sembra essere un’operazione nostalgia per ricordare i bei vecchi tempi passati e andati ma, al contrario, dopo diversi decenni sulle scene, questi musicisti (e incredibili personaggi) non si accontentano di aver già dato (tantissimo) alla causa del rock ‘n’ roll più lercio e pericoloso, ma sanno ancora stupire ed essere magnetici e influenti, pur deviando a volte dai percorsi originari, non scegliendo mai la strada più facile. Avercene di collaborazioni così, oggi. Anzi, ne vorremmo di più.   TRACKLIST   1. Like Andrea True 2. Countdown Love 3. Summer Forever 4. Respectable Pigs 5. Hypnotize Too 6. H Hour 7. Silky Narcotic 8. Very Next Song 9. New In The World 10. Raised/Razed    

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MELVINS – BAD MOOD RISING

Ormai si è perso il conto della sterminata produzione discografica dei Melvins, tra studio album ufficiali (venticinque) dischi dal vivo, Ep, singoli e collaborazioni varie. Nel corso dei decenni, Buzz Osborne e soci si sono sbizzarriti a pubblicare il loro materiale in edizioni speciali e nelle versioni più disparate da regalare come chicche ai propri fan ed estimatori: dalla doppia raccolta acustica (e cioè il precedente “Five Legged Dog“, uscito nel 2021) ai doppi album (“A walk with love and death“) alle edizioni dove suonano tutti i bassisti insieme, o con la doppia batteria, dalla versione 1983 al remix noise di tutti gli Lp.   Questa volta, “King Buzzo” e sodali si sono concentrati unicamente su pochi brani, i sei che compongono la loro nuova fatica, “Bad Mood Rising” (un titolo che gioca con le parole, rievocando sia il quasi omonimo classico dei Creedence Clearwter Revival, sia l’album dei Sonic Youth, pur non avendo tuttativa nessun punto in comune con entrambi i riferimenti del calembour) prodotto da Toshi Kasai e uscito su Amphetamine Reptile Records (che ha descritto il full lenght come “un incubo rock ‘n’ roll, grandi riff e performance vocali terrificanti“) nel quale il gruppo conferma il loro stile pesante sludge/heavy rock che, quasi quaranta anni fa, ha contribuito a forgiare la scena di Seattle e quell’ultimo sussulto rock ‘n’ roll che poi sarebbe stato ribattezzato “grunge”, risultando tra i principali mentori di Kurt Cobain.   Il long playing si apre con la lunghissima “Mister Dog is Totally Right“, che vede la partecipazione del chitarrista degli Earth, Dylan Carlson, già proposta dalla band di Aberdeen a più riprese in alcuni concerti, e si tratta della composizione più lunga mai scritta da Buzz Osborne, coi suoi quattordici minuti di straziante sludge rock/metal a base di riffoni sabbathiani poderosi come macigni e vocals declamate con tono spettrale/apocalittico. Alla batteria siede, come di consueto, il fido Dale Crover, sempre pronto a cesellare i tempi, pestare o lasciar colare il ritmo con maestria, mentre al basso ritroviamo Steven McDonald. Le successive due tracce, “Never say you’re sorry” e la breve “The receiver and the empire state” (con quest’ultima a chiudere il disco) erano già apparse sull’Ep “Lord of the Flies” (che ha visto la luce a inizio 2022) che proseguono nelle coordinate di comfort zone melvinsiana: riff di chitarrozza doom devoti al Sabba Nero e cantato allucinato, così come nella successive “My discomfort is radiant” (anche se in quest’ultima il guitar sound richiama anche i Soundgarden periodo “Badmotorfinger”) e “Hammering“, ma logicamente è sempre un bel sentire. La vera chicca dell’Lp è rappresentata dagli otto minuti della dinamica “It Won’t or It Might“, che inizia nel classico stile Melvins, per poi proseguire su un riff portante desert rock, ma dopo qualche minuto il ritmo rallenta inaspettatamente, con Osborne e company che si cimentano in un mantra di canti e cori calmi e quasi sommessi, per poi riprendere slancio, e sul finale si dissolve col drumming del leggendario Crover in primo piano.   I Melvins, in definitiva, da un lato puntano sull’usato sicuro, dall’altro si divertono ancora a giocare coi suoni, modellare a loro piacimento il loro ibrido tra punk, hardcore, stoner, doom, sludge e noise, e sperimentare nuove soluzioni, dimostrando di avere ancora qualcosa da dire, dopo tutti questi anni di militanza underground (e overground) e una prolifica discografia, e di questo “Bad Mood Rising”, pur non essendo un album indimenticabile, ne è comunque consigliato l’ascolto (e i nostri non hanno certo bisogno di tante presentazioni e introduzioni) l’acquisto per i die-hard fans del trio originario del glorioso – musicalmente parlando – Nordovest statunitense.   TRACKLIST   1. Mister Dog is Totally Right 2. Never Say You’re Sorry 3. My Discomfort is Radiant 4. It Won’t Or It Might 5. Hammering 6. The Receiver and The Empire State

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Confessioni di una maschera “Rock the vote” elezioni

Confessioni di una maschera “Rock the vote”

Come ci accade costantemente negli ultimi trent’anni, da quando cioè la politica è diventata una dicotomica scelta, quasi plebiscitaria, tra chi stava con il magnate brianzolo, e chi stava contro, tagliando sistematicamente fuori ogni altra visione sociale del paese, abbiamo disertato le urne.

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Jon Spencer and the HITmakers, tre date in Italia

Torna in Italia, per un mini-tour di tre concerti, l’icona garage/blues/trash/punk statunitense Jon Spencer con la sua nuova incarnazione, gli HITmakers, in occasione della promozione internazionale del nuovo album, “Spencer Gets It Lit“, uscito nel mese di aprile, che lo porterà a suonare anche in Europa. Ecco le date in programma:   13 novembre @ LaClaque, Genova 14 novembre @ Lumière, Pisa 15 novembre @ Covo Club, Bologna 

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OSEES – A FOUL FORM

John Dwyer è stato di parola. Il chitarrista, membro fondatore e frontman degli OSEES aveva promesso che il nuovo album della band sarebbe stato all’insegna di un ritorno alle radici garage/psych punk tipiche dell’ensemble,

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