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Dalla letteratura all’attualità, dalla filosofia all’arte: a noi interessa tutto. Purché non ci si annoi.

MELVINS – BAD MOOD RISING

Ormai si è perso il conto della sterminata produzione discografica dei Melvins, tra studio album ufficiali (venticinque) dischi dal vivo, Ep, singoli e collaborazioni varie. Nel corso dei decenni, Buzz Osborne e soci si sono sbizzarriti a pubblicare il loro materiale in edizioni speciali e nelle versioni più disparate da regalare come chicche ai propri fan ed estimatori: dalla doppia raccolta acustica (e cioè il precedente “Five Legged Dog“, uscito nel 2021) ai doppi album (“A walk with love and death“) alle edizioni dove suonano tutti i bassisti insieme, o con la doppia batteria, dalla versione 1983 al remix noise di tutti gli Lp.   Questa volta, “King Buzzo” e sodali si sono concentrati unicamente su pochi brani, i sei che compongono la loro nuova fatica, “Bad Mood Rising” (un titolo che gioca con le parole, rievocando sia il quasi omonimo classico dei Creedence Clearwter Revival, sia l’album dei Sonic Youth, pur non avendo tuttativa nessun punto in comune con entrambi i riferimenti del calembour) prodotto da Toshi Kasai e uscito su Amphetamine Reptile Records (che ha descritto il full lenght come “un incubo rock ‘n’ roll, grandi riff e performance vocali terrificanti“) nel quale il gruppo conferma il loro stile pesante sludge/heavy rock che, quasi quaranta anni fa, ha contribuito a forgiare la scena di Seattle e quell’ultimo sussulto rock ‘n’ roll che poi sarebbe stato ribattezzato “grunge”, risultando tra i principali mentori di Kurt Cobain.   Il long playing si apre con la lunghissima “Mister Dog is Totally Right“, che vede la partecipazione del chitarrista degli Earth, Dylan Carlson, già proposta dalla band di Aberdeen a più riprese in alcuni concerti, e si tratta della composizione più lunga mai scritta da Buzz Osborne, coi suoi quattordici minuti di straziante sludge rock/metal a base di riffoni sabbathiani poderosi come macigni e vocals declamate con tono spettrale/apocalittico. Alla batteria siede, come di consueto, il fido Dale Crover, sempre pronto a cesellare i tempi, pestare o lasciar colare il ritmo con maestria, mentre al basso ritroviamo Steven McDonald. Le successive due tracce, “Never say you’re sorry” e la breve “The receiver and the empire state” (con quest’ultima a chiudere il disco) erano già apparse sull’Ep “Lord of the Flies” (che ha visto la luce a inizio 2022) che proseguono nelle coordinate di comfort zone melvinsiana: riff di chitarrozza doom devoti al Sabba Nero e cantato allucinato, così come nella successive “My discomfort is radiant” (anche se in quest’ultima il guitar sound richiama anche i Soundgarden periodo “Badmotorfinger”) e “Hammering“, ma logicamente è sempre un bel sentire. La vera chicca dell’Lp è rappresentata dagli otto minuti della dinamica “It Won’t or It Might“, che inizia nel classico stile Melvins, per poi proseguire su un riff portante desert rock, ma dopo qualche minuto il ritmo rallenta inaspettatamente, con Osborne e company che si cimentano in un mantra di canti e cori calmi e quasi sommessi, per poi riprendere slancio, e sul finale si dissolve col drumming del leggendario Crover in primo piano.   I Melvins, in definitiva, da un lato puntano sull’usato sicuro, dall’altro si divertono ancora a giocare coi suoni, modellare a loro piacimento il loro ibrido tra punk, hardcore, stoner, doom, sludge e noise, e sperimentare nuove soluzioni, dimostrando di avere ancora qualcosa da dire, dopo tutti questi anni di militanza underground (e overground) e una prolifica discografia, e di questo “Bad Mood Rising”, pur non essendo un album indimenticabile, ne è comunque consigliato l’ascolto (e i nostri non hanno certo bisogno di tante presentazioni e introduzioni) l’acquisto per i die-hard fans del trio originario del glorioso – musicalmente parlando – Nordovest statunitense.   TRACKLIST   1. Mister Dog is Totally Right 2. Never Say You’re Sorry 3. My Discomfort is Radiant 4. It Won’t Or It Might 5. Hammering 6. The Receiver and The Empire State

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Confessioni di una maschera “Rock the vote” elezioni

Confessioni di una maschera “Rock the vote”

Come ci accade costantemente negli ultimi trent’anni, da quando cioè la politica è diventata una dicotomica scelta, quasi plebiscitaria, tra chi stava con il magnate brianzolo, e chi stava contro, tagliando sistematicamente fuori ogni altra visione sociale del paese, abbiamo disertato le urne.

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Jon Spencer and the HITmakers, tre date in Italia

Torna in Italia, per un mini-tour di tre concerti, l’icona garage/blues/trash/punk statunitense Jon Spencer con la sua nuova incarnazione, gli HITmakers, in occasione della promozione internazionale del nuovo album, “Spencer Gets It Lit“, uscito nel mese di aprile, che lo porterà a suonare anche in Europa. Ecco le date in programma:   13 novembre @ LaClaque, Genova 14 novembre @ Lumière, Pisa 15 novembre @ Covo Club, Bologna 

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OSEES – A FOUL FORM

John Dwyer è stato di parola. Il chitarrista, membro fondatore e frontman degli OSEES aveva promesso che il nuovo album della band sarebbe stato all’insegna di un ritorno alle radici garage/psych punk tipiche dell’ensemble,

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THE LIMIÑANAS – ELECTRIFIED

Con una copertina che richiama, per colori e lettering, quella del seminale album “Boom” dei Sonics, la raccolta “Electrified” è la nuova uscita (via Because Music) con cui, nel 2022, timbrano il cartellino discografico i Limiñanas, duo francese formato dai coniugi Lionel (chitarra, voce, basso, organo, synth) e Marie (voce e batteria) Limiñana, attivo dal 2009 e fautore di un garage rock neo-Sixties imbevuto di psichedelia e fuzz, e pop della migliore scuola francese (Serge Gainsbourg, Francoise Hardy) combinato con atmosfere cinematiche ed esperimenti con la musica elettronica, il tutto cantato, prevalentemente, in lingua madre e in inglese.   Ma “Electrified“, che arriva a un anno da “De Pelicula” (album collaborativo realizzato insieme al noto disc jockey techno e produttore Laurent Garnier) e dalla colonna sonora composta per il film “The world we knew“, non si propone di essere un semplice “best of” che raccoglie il meglio del materiale pubblicato dai nostri dal 2009 a oggi: oltre a proporre una generosa tracklist di (28) canzoni pescate dalla variegata produzione dei transalpini (Lp, singoli, raccolte di rarità) la chicca di questa corposa compilation (che nel booklet presenta liner notes scritte da Iggy Pop, Peter Hook e Keith Streng) risiede nella scelta di assemblare, nella parte finale, sette brani provenienti dal materiale dei Les Bellas, vale a dire l’incarnazione garage-psych di Lionel e Marie prima di formare i Limiñanas (e che tra l’altro pubblicarono un singolo intitolato “Electrified“).   Ci sono prestigiosi featuring, tra cui quelli del produttore e polistrumentista Areski Belkacem, decano della chanson francese (nel nuovo brano “La Musique“, singolo scelto per il lancio della compila) il produttore e musicista Pascal Comelade (in “Carnival of Souls“) il cantante pop francese Etienne Daho (“One Blood Circle“) Peter Hook (“Garden of Love” e “The Gift“) Bertrand Belin (“La Dimanche“) il compositore musicale/cinematografico e ingegnere del suono David Menke (“USA Motorbike” e nel rumorismo di “Pulsing“) il produttore electro Golden Bug (nell’inedita “Domino“) Anton Newcombe e l’attrice/chanteuse Emmanuelle Seigner (insieme a Lionel e Marie nel progetto L’épée, e qui presenti nei pezzi “Istanbul is Sleepy” e “Shadow People“) emblemi di un tentativo di far dialogare il rock ‘n’ roll con altri generi musicali e altre forme d’arte, ma soprattutto c’è la voce sensuale di Marie che, quando vuole ammaliare ed essere sognante (come in “Je m’en vais“, “Cold Was the Ground“, “My Black Sabbath” e “Garden of Love“) fa andare i maschietti in brodo di giuggiole.   Se durante l’ascolto, a un certo punto, vi sale su un’improvvisa voglia di “ballare” come l’attore Foulques de Boixo, “the dancer“, protagonista di diversi loro videoclip, non preoccupatevi, è un buon segno: significa che i Limiñanas si saranno impossessati della vostra anima. TRACKLIST   1. Migas 2000 2. I’m Dead 3. Je ne suis pas très drogue 4. Down Underground 5. Je suis une gogo girl 6. La fille de la ligne 15 7. Je m’en vais 8. Salvation 9. Votre côté yéyé m’emmerde (feat. Francesca Cusimano) 10. Cold Was the Ground 11. My Black Sabbath 12. Carnival of Souls (feat. Pascal Comelade) 13. El Beach 14. Prisunic 15. Dahlia Rouge 16. Garden of Love (feat. Peter Hook) 17. Istanbul Is Sleepy (feat. Anton Newcombe) 18. The Gift (feat. Peter Hook) 19. Shadow People (feat. Emmanuelle Seigner) 20. Dimanche (feat. Bertrand Belin) 21. One Blood Circle (feat. Etienne Daho) 22. Calentita (feat. Nuria) 23. Saul (feat. Laurent Garnier) 24. USA Motorbike (feat. David Menke) 25. La Musique (feat. Areski Belkacem) 26. Les hommes et les ombres 27. Domino (feat. Golden Bug) 28. Pulsing (feat. David Menke) 29. Les Bellas – Hey I’m Going Down 30. Les Bellas – She’s on My Track 31. Les Bellas – A Dream that Sleeps 32. Les Bellas – Electrified 33. Les Bellas – You Got My Soul 34. Les Bellas – Drown 35. Les Bellas – Belladelic

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Sottoscala Pandemico#11- Tre libri galeotti

Ecco che quindi mi appresto a raccontarvi tre libri che non sono da ombrellone : Luca Azzini “Scrivevamo sulle scarpe”, Cristina Danini “Distorti ed Invendibili”, “31 Racconti” di Paolo Merenda,

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Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”

Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”

Pensare che qualcuno ancora non è riuscito a capire la differenza che c’è tra i social network e la realtà, è un qualcosa che mi annichilisce, sotto tutti i punti di vista. Non è ancora stato creato un antidepressivo in grado di aiutarmi a rialzarmi dalla catatonia che mi assale ogni volta che realizzo quanto sia radicata l’idea che i due contesti siano sullo stesso piano.

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NEBULA – TRANSMISSION FROM MOTHERSHIP EARTH

“Questo è l’anno 2022, siamo bellissimi e strafatti. Se avete della marijuana, fumatela tutta e assumete anche dell’acido. Accendete, sintonizzatevi, abbandontevi (Turn on, tune in, drop out)”   E’ il messaggio che Tom Davies, bassista dei Nebula, ha lasciato ai posteri, un promemoria per gli “umani del futuro”, per descrivere l’ultimo album sfornato dalla stoner/psych band losangelina, “Transmission From Mothership Earth“, settimo Lp ufficiale , uscito a luglio sull’etichetta romana Heavy Psych Sounds.   Un monolite contenente 38 minuti di pura fuzziness, registrato e prodotto in quel deserto del Mojave che, oltre ai nostri, tante altre belle realtà ha generato dalle sue sabbie roventi (la scena di Palm Desert, i generator parties, lo stoner rock, il Rancho de la Luna, le Desert Sessions, i Yawning Man, Fatso Jetson, i Kyuss, i Fu Manchu, gli Unida, gli Hermano, i primi Queens of the Stone Age, i Mondo Generator, gli Earthlings, gli Earthless and so on) da almeno tre decenni a questa parte, ispirate dalla libertà espressiva e dalla furiosa esuberanza della scena punk/hardcore della vicina costa californiana: Los Angeles, San Diego e Orange County (Germs, X, Fear, Zeros, Dils, Black Flag, Circle Jerks, Adolescents, Minutemen, Saccharine Trust, Bad Religion e compagnia veloce e feroce) ma rallentando queste sonorità e filtrandole attraverso l’amore per la psichedelia dei Sixties e l’hard-heavy rock della prima metà degli anni Settanta in generale, e per i suoni truci “doom and gloom” dei Black Sabbath dei Seventies in particolare. Lo stoner, il “rock del deserto”, è stato, a tutti gli effetti, un cugino di primo grado del movimento “grunge” (avendo, in effetti, quasi tutti gli stessi progenitori in comune) che, nello stesso periodo, covava più su negli States, nel Nordovest e a Seattle nella seconda metà degli anni Ottanta, e che poi esplose agli inizi dei Nineties.   “Highwired“, già primo singolo estratto, apre le danze lisergiche e invita gli adepti a un party heavy-psych condito da otto episodi omogenei che si amalgamano ottimamente in un impasto elettrico cannabinoide. Eddie Glass e Tom Davies, coadiuvati da Mike Amster, si producono in un’orgia fuzz di riff stonati e atmosfere spacey-trippy, e se la title track può ingannare con una falsa partenza “melodica”, dopo pochi secondi tutto torna al suo posto e il trio pesta imperterrito sugli strumenti, trascinandoci in una sarabanda Stoogesiana. “Wilted Flowers” inizia con la voce di Glass che fluttua nello spazio, per poi deflagrare in una tempesta di meteoriti heavy rock fuzzati, e un’altra burrasca a base di echi space rock avvolge “Melt your head“, ennesimo trip allucinato nel cosmo a bordo di una navicella senza carburante e in balia degli eventi. “Warzone Speedwulf” si dipana lungo sette minuti di heavy psych allucinogeno che trasportano orecchie e mente dell’ascoltatore in una dimensione alterata da sostanze stupefacenti e, visto che parliamo pur sempre di revival stoner, era immancabile un titolo come “I got so high“, delirio chitarristico psicotropo Hendrixiano che, (fortunatamente) tiene a distanza dal rock ‘n’ roll bacchettoni e finti perbenisti. “Existential Blues” spinge al massimo il tripudio di feedback e distorsione fuzzata, e la conclusione di questa deprafuzzione è affidata alle atmosfere desertiche e al feeling spaghetti western di “The four horseman“, brano solo in apparenza rilassato e “leggero”, ma in realtà anche in questo episodio i nostri non rinunciano a un’altra cascata di riffoni nella parte centrale, prima che Glass affidi, a chi ascolta, le ultime parole di questo disco (“Ride the waves of the sun, close your eyes and drift away“) che suonano come un mantra simile alla Lennoniana “turn off your mind, relax and float down stream“) e del resto parliamo pur sempre di materiale ispirato da quel buontempone di Timothy Leary.   Le trasmissioni sono riprese, e possiamo affermare che questo Lp, dopo il warm up di “Holy Shit”, sia un’ottima ripartenza per la seconda incarnazione dei Nebula, che conservano il furore degli anni Novanta ma, allo stesso tempo, cercano di aprirsi a nuovi sentieri che deviano leggermente dal percorso heavy psych prescelto. Fuzz up your ass!

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The Bradipos IV, a settembre il nuovo album. Condiviso un estratto

I Bradipos IV, veterani della scena surf italiana, hanno annunciato la realizzazione del loro nuovo album, omonimo, che uscirà il 9 settembre sulla Hi-Tide Recordings, label statunitense specializzata in pubblicazioni in ambito surf, lounge ed exotic sounds. Qui è possibile effettuare il pre-order.   Per la band di Caserta, attiva dal 1996 e ormai annoverata tra i gruppi più importanti del genere surf strumentale a livello mondiale (protagonista di tournée negli Stati Uniti) si tratta del quinto Lp della loro discografia e, per l’occasione, si è avvalsa della produzione di Lorenzo Valdambrini (musicista surf stimato a livello globale, tra gli ideatori della Surfer Joe Music che organizza il famoso Surfer Joe Summer Festival, e tra i fondatori del locale toscano “Surfer Joe“, punto di ristoro e promotore di concerti e musica dal vivo, incentrato sull’immaginario dei diner degli States e sull’atmosfera dell’american restaurant) ed è stato condiviso un primo assaggio del disco, l’opening track, “Endless Bummer“.   Di seguito artwork, tracklist e streaming del singolo. 1. Endless Bummer 2. When the Sirens Sing 3. Little Skorpio 4. Savage Season 5. Waiting 6. 150 7. Cocaine Cowboys 8. Scuola Di Ballo Al Sole 9. Sloth Till Death 10. Zombie Maraja

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We're Loud Italy 2022

We’re Loud Italy 2022

“We’re Loud” non è semplicemente un festival musicale come tanti, è molto di più! E’ un incontro di culture e persone diverse che arrivano da mezza Europa, da mezzo mondo, anzi da tutto il mondo accomunate da un’unica vera passione per la musica rock’n’roll e garage anni ’60 e ’70 con una forte attitudine all’ autoproduzione musicale e culturale in generale. Nelle precedenti edizioni, We’re Loud Festival ha avuto come cornici varie città della Grecia, Porto Rico, Messico, USA. Addirittura sono stati anche ad Istanbul e a Saigon! 5 anni fa nel 2017 fu la prima edizione Italiana, a Napoli – 3 giorni di concerti e feste, un evento indimenticabile. Gli organizzatori hanno di nuovo scelto l’Italia come prossima imminente tappa del We’re Loud Festival. Questa volta viaggia da Venezia a Napoli, portando il meglio della cultura rock’n’roll con gruppi americani, europei e tra questi il meglio della rappresentanza italiana. A Venezia fanno due feste in barca 1-2 ottobre, poi scendono giu en treno con due fermate (location ancora da annunciare), per arrivare finalmente a Napoli per tre notte di concerti 6-7-8 ottobre. Ci saranno stand dedicati all’abbigliamento, alla musica registrata con tanti espositori di vinili, DJ di fama internazionale ad intervallare i set musicali sul palco. Sul sito We’re Loud Italy si trova un menù con tutti i gruppi che suoneranno quest’anno! Per maggiori dettagli, consulta anche: Slovenly Recordings – sito web https://www.slovenly.com/

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