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Valis

La fantascienza è visione del futuro, controcultura, viaggi della mente, spazi sconfinati, costellazioni immense, replicanti umani, pianeti incredibili, capovolgimenti delle morali, filosofie divine, città post-atomiche, il cielo sopra il porto dal colore della televisione sintonizzato su un canale morto, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e i raggi B che balenano nel buio vicino alle porte di Tannhäuser,
VALIS è il contenitore della letteratura di Fantascienza su In Your Eyes Ezine, dentro cui si recensiscono i grandi classici ma anche le nuove pubblicazioni, si discute dei grandi autori e delle ultime leve, si cerca di vivisezionare il mondo editoriale fantascientifico in tutte le sue forme, su tutti i pianeti.

Controllo (un’avventura Del Detective Newton – Ep.03)

Controllo (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli Curtis si alzò nel cuore della notte in preda a lancinanti dolori alle tempie. Sulle prime aveva pensato ad un mal di testa conseguente e una corrente di aria condizionata. Poi si era ricordato della nanosonda a orologeria casuale che gli aveva iniettato Big Boss Bungarumba XII, detto il Papa Vuoto, noto trafficante di parti inorganiche e di OloSnuff. Una volta che stava indagando su uno dei suoi traffici era caduto in una trappola, era stato catturato dai suoi sgherri e quel fetente gli aveva fatto iniettare una N.O.C. (nanosonda a orologeria casuale). Sarebbe esplosa e lo avrebbe ucciso. A caso. Senza preavviso, un giorno qualunque. Oggi? Domani? Fra 50 anni? Era tutti dato al caso. Un nuovo modo per torturare una persona. Comunque poi aveva ripensato alla sparatoria del giorno prima, a tutte le esplosioni e concluse che doveva essere un effetto collaterale del suo lavoro. Si diresse verso il frigo che lo ammonì, quando ormai era un centimetro dalla maniglia. – Non ci provare, stai indietro: diventerai brutto, grasso e con il colesterolo alle stelle. Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il frigo si era chiuso da sé. Maledetta domotica del cazzo! Cercò di forzare la porta del frigo ma senza successo. Si lasciò cadere in terra, seduto e disperato, alla luce dei microled di sicurezza (di un celeste moribondo) che tempestavano gli interstizi del suo microscopico appartamento. Tre stanze: camera con un angolino adibito a bagno, cucina/soggiorno/ingresso e panic room (obbligatoria per legge) che lui aveva adibito ad armadio-ripostiglio. Se ne stette un po’ così, appoggiato al frigo, testa fra le mani e gomiti appoggiati sulle ginocchia. – Per favore, muoio di fame e ho mal di testa. – No, sapevo che lo avresti detto, ma non morirai. E non è mangiando che ti passerà il mal di testa. – E tu che cazzo ne sai? Sei un frigo, non sei un medico. – Questo non puoi saperlo, una delle parti del mio neuro HD potrebbero essere appartenute ad un medico. – Certo, come no. Senti, se non ti apri domattina come prima cosa ti porto all’isola degli abbandoni e ti lascio in compagnia di tutti gli altri tuoi amici medici imprigionati negli elettrodomestici. – No, non lo farai. – Allora apriti o mi ammazzo. Giuro che vado di là, prendo delle pasticche e mi ammazzo. – No, non farai neanche questo. – Già… Era sconsolato. Voleva solo che il mal di testa passasse. Voleva anche mangiare qualcosa, ma decise che quel confronto con un elettrodomestico non avrebbe portato a niente: non erano ragionevoli, erano programmati. – Cos’è questo bordello? – chiese Osm (Organismo Senziente di Monitoraggio). – Torna a letto nano giallo: mi ci manchi te a completare la nottata di merda. – Che sei una persona orribile te l’ho mai detto? – Solo un paio di volte al giorno, di solito. – Bene – e così dicendo Osm se ne tornò nella camera svolazzando in giro come una falena con problemi di fegato. – Grazie e vaffanculo – lo salutò Curtis. Si alzò per andare a vedere se almeno nel ripostiglio, nell’armadietto del pronto soccorso, aveva qualcosa per fronteggiare il mal di testa. Arrivò allo sgabuzzino, accese il led. Allungò una mano per aprire il mobiletto e… – Non ci provare, non ti permetterò di ucciderti. Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il mobiletto del pronto soccorso si era chiuso da sé. Maledetta domotica del cazzoooooo! Scivolò in ginocchio a terra, disperato. – Maledetta casa del cazzo, ho bisogno di una pillola per il mio mal di testa… – Poco fa hai minacciato di ucciderti. – Era per dire. Ho bisogno di una medicina, per favore… – Non posso correre il rischio. Mi dispiace. Rimase così, disperato e solo. Illuminato da una luce intermittente magenta e blu elettrico che proveniva dall’oblò che dava sulla strada: fuori pioveva ma l’insegna del ristorante cinese pareva non risentirne. Ah, se solo avesse avuto la forza di andare in strada. Ma sicuramente la casa, per la sua sicurezza, non lo avrebbe lasciato uscire. Fece un tentativo: – Casa, posso uscire? – Non credo proprio, data la sua condizione psicologica, che sia una buona idea padron Newton. Dovrebbe tornarsene a letto – e dicendo questo la casa abbassò la veneziana e mise in filodiffusione una non meglio identificata serie di rumori che facevano tanto zen. – Accidenti a questo cazzo di legge sull’intelligenza artificiale – sussurrò Newton. Si accese, d’improvviso, il video che occupava tutta la parete opposta a quella del frigo, proprio di fronte a lui. Un enorme occhio elettrico apparve, ed una voce che pareva provenire da tutta la casa (e anche un po’ da dentro il suo cervello) gli disse: – Cittadino Curtis Newton! Faccia attenzione alla natura sovversiva di quello che dice, è passibile di denuncia e arresto. Dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro. – Mi scusi Grande Occhio Disciplinante (G.O.D.), non era mia intenzione. Solo un attimo di debolezza, può succedere, nella solitudine della propria abitazione. – Infatti nessuno è giunto a portarla via, ma stia attento, la tengo d’Occhio. Il vidiwall si spense. Tornò la luce intermittente magenta e blu elettrico. Tornò la musichetta che faceva tanto zen. Ma il mal di testa non era mai andato via. Anzi una sensazione nuova cominciò a farsi spazio nella sua testa: era in trappola. La quotidianità della propria abitazione era una trappola devastante, molto meglio le sparatorie con gli sgherri di Big Boss Bungarumba XII e compagnia bella. Se ne tornò a letto e si sistemò sopra le coperte e senza cuscino, sperando che se non poteva il sonno, magari poteva farlo svenire il dolore. Fissando il soffitto e le striature colorate che le luci che provenivano da fuori lasciavano su di esso, si chiese se tutta quella tecnologia senza controllo non avesse finito per rendere tutti un po’ meno liberi. Si rispose che forse vedeva le cose da una prospettiva sbagliata, e che comunque neanche poteva sapere come era prima. Prima… Il prima più vicino che ricordava era quello in cui aveva chi si occupava di lui. E poi… E poi… E poi quel nanetto giallo di merda ma quanto cazzo russava? Ma neanche in camera sua poteva stare tranquillo? E ma porca puttana… Se non fosse stato costretto dal Capitano lo avrebbe già sfrattato quell’inorganico petulante e spione. Ma aveva tempo. – Svegliaaaaaa Curtisss. L’ometto monoculare era proprio davanti ai suoi occhi. Fece per colpirlo ma lo mancò. – È ora di andare al lavoro… Il crimine non aspetta e noi abbiamo una targa da identificare! Dopo un primo attimo di incertezza Curtis si alzò. Si tolse la maglietta che aveva indosso tirandola in un angolo della stanza e se ne mise una presa al volo da un mucchio che stava ai piedi del tavolo. Aprì il frigo e bevve una lunga sorsata di birra per buttar giù le due pasticche di Krystal (metamphetamina legale) che si era infilato fra i denti. Si sciacquò la faccia nel lavandino e sentenziò: – Detective Newton pronto all’azione.   Fine terzo episodio

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Appostamento (un’avventura Del Detective Newton – Ep.02)

Appostamento (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli     – Non mi ricordo di aver preso parte a un appostamento più noioso di questo – disse Osm. In effetti non aveva tutti i torti, erano appostati sotto casa del corriere da almeno quattro ore e non era successo niente. E quando dico niente intendo niente. Neanche una zuffa fra cani. Ma neanche un litigio fra innamorati. Nulla. – Che ti devo dire, il Commissario Nemo avrà preso un abbaglio. Anche lui comincia ad avere un’età – fu il distratto commento di Curtis mentre sollevava lo sguardo dal suo olostreming in cui una donnetta si stava spogliando. In realtà a lui non importava niente se quell’appostamento si era rivelato un buco nell’acqua: tutto sommato esistevano mansioni più pesanti dello starsene seduti in macchina a non fare niente per ore. Aprì lo sportello del vano porta oggetti e ne estrasse una pipa elettronica. – Non ti azzardare ad appestarmi con quell’aggeggio – lo minacciò Osm dall’alto dei suoi 127 millimetri. In tutta risposta Curtis aprì lo sportello del passeggero e lo invitò a uscire. Osm decise che poteva farsi appestare con quell’aggeggio. Una botta enorme li riportò alla realtà e ci misero comunque un paio di minuti per vedere il buco sul cofano. Un buco… il cofano era praticamente schiacciato a terra. Uscirono per vedere meglio ed era come se un’elefante invisibile si fosse seduto sul cofano dell’auto. Curtis fece per avvicinarsi e urtò qualcosa. Qualcosa che non poteva vedere. Tirò quindi fuori il suo A.I.O.C. (Apparecchio Intelligente per Ogni Cosa) e ci disse dentro: – Traccia contorno. – NON-HO-CAPITO – fu la risposta della voce femminile dell’apparecchio. – TRACCIA-CONT… – non riuscì a finire la frase che una pioggia di traccianti laser gli si rovesciò addosso. Fecero in tempo a rifugiarsi dietro l’angolo di strada più vicino. – Nano, vai subito a vedere chi è che ci sta attaccando. VAI! – intimò Curtis al suo compagno. – MA col cazzo che ci vado! Non è il mio ruolo. Curtis gli diede una pedata e lo mandò oltre l’angolo. L’omuncolo giallo piagnucolò un poco per poi tornarsene indietro. – Non stanno sparando a noi – disse. – Stanno sparandosi fra loro: gli sgherri e il corriere della Famiglia Fustacchi su dal secondo piano del palazzo e tre o quattro sicari nel bar di fronte. Curtis gli fece ok con le dita. – Sei una persona orribile – gli rispose Oms. – Ok, adesso entra in azione il Detective Curtis e vedrai che risate. Arreggiti cyberpidocchio. – E così dicendo se lo infilò nella tasca lato cuore del suo giubbotto d’ordinanza, voltò l’angolo e intimò: – Polizia di Omega City! Arrendetevi e nessuno si farà male! Per tutta risposta ricevette un colpo di blaster che mancò lui di un pelo ma vaporizzò tutto l’angolo di strada. Allora Curtis non ci vide più e si infilò di corsa nel portone del palazzo, arma in pugno e grande determinazione. – Che sta succ… – SWAWOOOHSHHH. Curtis seccò il droide-portiere. Osm tirò fuori la testa dalla tasca. Guardò prima il deceduto, poi Curtis: – Tu sei una persona orribile. – Non era organico! – fu la risposta che il Detective sentì di dare. E in effetti nessuno avrebbe potuto dire il contrario. Quella dell’esenzione di responsabilità a danni procurati dalla polizia ai non-organici era una gran legge. Per di più i non organici erano in continuo aumento, emarginati dalla popolazione organica e quindi tendevano ad occupare i ranghi più bassi della società. E a delinquere per poter trovare un sostentamento. Continuò la sua corsa salendo le rampe di scale a tre scalini alla volta, e arrivò al secondo piano davanti alla porta dell’appartamento occupato dalla Famiglia Fustacchi. La porta si spalancò e Curtis si trovò di fronte e una vecchia. La signora – sull’ottantina – era la classica nonna: alta un metro e cinquanta, gobba, capelli color argento raccolti in cima alla testa e tenuti fermi da uno spillone, occhiali piccoli e tondi, un vestito a fiori, scarpe ortopediche. – Polizia di Omega City, signora! La prego di lasciarci entrare! – Vaffanculo sbirro del cazzo! – urlò la vecchia, tirando fuori un cannone a impulsi che teneva nascosto chissà dove e scaricandolo nel corridoio. Il detective fece in tempo a sfondare di testa la porta dell’appartamento adiacente e a rifugiarcisi dentro. La famiglia che era dentro, nascosta sotto il tavolo della cucina lo guardò terrorizzata: madre, padre e bambina si erano rifugiati sotto il tavolo della cucina spaventati evidentemente dal suono degli spari. – Polizia di Om… si insomma state tranquilli che sono arrivati i buoni. – Sì, a patto che siate organici… – ironizzò Osm facendo uscire la testolina monoculare dal taschino del giubbotto. La bambina fece un timido sorriso e un cenno con la mano, ma la madre la tirò a se stringendola forte. Curtis vide la porta del terrazzo e si avviò in quella direzione, quando una deflagrazione a impulsi fece saltare tutto l’ingresso, scatenando le urla della famiglia sotto il tavolo. Dal nuvolone di cemento vaporizzato fece capolino la vecchietta, dai cui occhi ora senza occhiali uscivano raggi laser rossi, come due puntatori. Girò la testa in tutte le direzioni in cerca del poliziotto, che nel frattempo si era catapultato dietro un divano, nel soggiorno. – Vabbene. È arrivato il momento di passare alle vie di fatto. Tu, nano giallo, vai sul terrazzo e tieni d’occhio gli altri, io mi occupo di questa gerontostronza e poi arrivo, ma mi serve che tu tenga d’occhio la sparatoria. Osm si avviò non visto – complice la sua statura di 127 millimetri – spostandosi nell’aria come un drone-insetto. Appena fu fuori il Detective Newton tirò fuori le sue due plasmarevolver d’ordinanza, azionò la carica a ioni e tolse le sicure. Dal giubbotto, pigiando il distintivo lato cuore, uscirono casco a visiera di acrilico antiurto e copricollo di kevlar. La vecchia stava avanzando puntando in giro i suoi occhi con puntatore laser. – Ehyyyy, poliziottoooooo… Venga fuori che il mio gattino non riesce a scendere dall’albero! Gridolini dalla cucina, la bambina stava piangendo. Ok, plasmarevolver cariche, Curtis si tirò sù all’improvviso da dietro il divano sparando dritto davanti a sé. – Muori vecchiaia del cazzo, in nome della legge! Un colpo di plasma centrò la vecchia in fronte, procurandole un buco che la passò da una parte all’altra, lasciandole un’espressione stupita in faccia. Dal buco uscirono scintille e piccole scariche elettriche. – Sintetici del cazzo… – considerò Curtis. Passando dalla cucina fece cenno alla famiglia che era tutto a posto, sollevando il pollice, poi si catapultò nella stanza accanto da cui continuavano a provenire spari, esplosioni, rumore di vetri rotti ed imprecazioni. Entrò sparando a sua volta in tutte le direzioni, lanciando anche una mina a microonde, che esplose danneggiando ogni apparecchio elettronico, compresi droidi e replicanti eventuali. Alla fine quello che si trovò di fronte una volta diradata la polvere fu una specie di discarica di elettrodomestici con qualche cadavere qua e là. – OSM! Qui! Subito! – chiamò Newton, aggiungendo anche un fischio acuto. Il tappetto arrivò come un razzo. – Mamma mia che casino – disse guardandosi intorno. – I sicari sono scappati su uno sprinter NZ-14. Ho la targa. – Perfetto. Ci pensiamo dopo, allora. Entrarono alla centrale, presero l’ascensore ed entrarono in ufficio. Avevano una montagna di scartoffie da riempire. E una targa da rintracciare.   Fine secondo episodio

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Premio Shortkipple 2018 – Finalisti

Siamo orgogliosi che Stefano Spataro, redattore di Altrimondi, sia tra i finalisti del Premio ShortKipple 2018. Il Premio ShrtKipple è un concorso per racconti di fantascienza e SF inediti in lingua italiana, promosso dalla casa editrice Kipple Officina Libraria. Kipple Officina Libraria è una forte presenza nell’editoria di genere fantascientifico (ma non solo) in Italia, sinonimo di qualità e intraprendenza. Aspettando di conoscere il vincitore e di leggere i racconti in lizza, tifiamo il nostro Stefano. Ecco la lista dei finalisti: Community Zero, di Emiliano Maramonte Cronotopo, di Raul Ciannella NewCoin, di Alessandro Napolitano Porta Alchemica, di Alessio Brugnoli Torpore, di Matt Bryar Undo, di Stefano Spataro  

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Inseguimento (un’avventura Del Detective Newton – Ep.01)

Inseguimento (Un’avventura del Detective Newton) Di Pietro Rotelli   Il pesce martello meccanico che stava cavalcando come fosse un caccia da guerra ogni tanto lanciava uno sbuffo di fumo da quella che pareva essere una saldatura saltata sulla fiancata sinistra. Faceva anche tutto un concerto di rumori meccanici e sibili poco rassicuranti, soprattutto a causa della velocità a cui stava andando. Certo, nel momento in cui vi era saltato sopra per inseguire l’assassino che stava fuggendo il Detective Newton non aveva verificato che tutto fosse al suo posto e che il pesce di metallo fosse integro. Era già tanto che fosse riuscito a metterlo in moto e a capire in una frazione di secondo come pilotarlo. Riuscì a scansare un paio di colpi di folgoratore che gli aveva indirizzato il sicario, e a sua volta cercò sul fianco destro la pistola laser, senza trovarla. Cazzo… gli era caduta mentre si lanciava all’inseguimento di quell’essere. Era caduta e… in realtà non sapeva bene che cose ne era stato dopo. Restava il fatto che non aveva di che rispondere al fuoco. L’inseguimento continuava a procedere a velocità sempre maggiore, dato che l’assassino giustamente non si voleva far prendere e lui, a parte mettere in moto lo squalo meccanico e capire come si guidava, al momento non sapeva come rallentare, o fermarsi. La velocità stava aumentando progressivamente – lentamente, ma inesorabilmente – col passare del tempo. Presto sarebbe arrivato il momento di trovare una soluzione, magari provare a salta… – Non provare a pensarci neanche! COLCAZZO CHE SALTIAMO! Dalla tasca del termo giubbotto d’ordinanza (un capino d’abbigliamento niente male color blu-grigio-verde con un sacco di tasche piene di un sacco di cose e la scritta O.C.P.D. – Omega City Police Departement sul cuore e la scritta Detective Curtis Newton sul lato opposto, il tutto ricamato in oro) fece capolino il suo O.S.M., Organismo Senziente di Monitoraggio. Era giallo, pelato, con un occhio solo centrale, ed era alto esattamente 127 millimetri. 127 millimetri di rottura di palle e supponenza, sempre lì a tirar fuori argomenti e a sentenziare nei momenti meno indicati. – Tornatene dentro la tasca e prega che questo coso si fermi di sua spontanea volontà, allora – fece in tempo ad abbassare la testa di lato verso sinistra per evitare l’ennesimo colpo di folgoratore. – Vaffanculo! – era esasperato. – Nano, non hai mica un’arma con te? – domanda retorica, supponeva. E invece… – Quella che vuoi, basta che la pensi. Grandi novità, quindi, nel mondo dei nani gialli: non erano solo delle rotture di palle organiche, erano anche utili. E mentre sfrecciavano a velocità insensata in mezzo al mercato volante di Naqqur, evitando lievito banchi di carne essiccata e aero stadere colme di biodadi, Newton pensò intensamente alla cosa più letale che potesse venirgli in mente. E pensò un cannone a ioni positronici. E il cannone apparve. E apparve sulla testa del pesce martello meccanico che stava guidando. E lui, il pesce martello e il nano giallo furono dirottati in picchiata dal peso del cannone. Gridarono entrambi e gridarono a lungo, finché la loro corsa non finì in una piscina a levitazione di una villa privata. – Potevi pensare a una stella di neutrini, già che c’eri… – il nano giallo andava anche forte nel sarcasmo. – Senti me, limone semovente, non è che ogni cosa che accade sei obbligato a commentarla. Io ti porto con me perché sono costretto dal capo, ma sappi che se ti dovessi perdere durante un’azione non mi preoccuperei certo di venire a cercarti per portarti indietro. Riuscirono a divincolarsi dalla mancanza di gravità propria della piscina in cui erano capitati e fecero per darsi una rassettata quando un colpo di doppietta laser li sfiorò andando a polverizzare una statua, fra l’altro orrenda, che si trovava proprio dietro di loro. – Fermi lì maledetti bastardi! Un omone seminudo e peloso contro ogni ragionevolezza li stava tenendo sotto mira. Con una doppietta laser, appunto. – Hey hey hey, metta via quell’arma, sono un detective di polizia. – Hey hey hey, non me ne frega veramente un cazzo, biondino. Tu e il tuo insetto giallo stavate a galleggiare nella mia piscina. Avete violato la mia proprietà. Me ne frego di chi siete. Poi l’omone diede uno sguardo distratto verso il garage, e vide che era stato sfondato dal pescecane meccanico (di cui intravedeva la coda rugginosa) e dal cannone (che era difficile non vedere, in effetti). La doppietta gli cadde dalle mani e si mise a piangere. Una scena rivoltante. – Che scena rivoltante. Non trovi Curtis? – fu il commento di Osm. – Si, commovente, scappiamo adesso… – gli rispose Curtis, e stava già correndo, scavalcando al volo la recinzione della villa e trovandosi finalmente all’esterno, in strada. – Dobbiamo trovare il sicario – aggiunse. Poi tirò fuori il suo A.I.O.C. (Apparecchio Intelligente per Ogni Cosa) e ci disse dentro – Individua Sicario. – NON-HO-CAPITO – fu la risposta della voce femminile dell’apparecchio. – PREGO-DETTARE-NUOVO-ORDINE. – INDIVIDUA-SICARIO! – ripetè scandendo meglio Curtis. – SICARIO-INDIVIDUATO-SETTORE-AZ3-4 – fu la risposta dell’apparecchio. – Teleportaci da locazione attuale a AZ3-4. Ora! Si decomposero, lui e Oms, e furono teleportati direttamente di fronte al sicario, che in quel momento se ne stava tranquillamente bevendo una bibita appoggiato a un muretto, fuori da un bar in mezzo alla folla. Vedendoseli davanti, il bestione – che era un aggeggio alto almeno tre metri tutto blu con le corna e peloso con due paia di enormi braccia con una tuta da veterano di guerra – gli tirò contro la bibita ed estrasse la pistola. Per un lungo attimo si fissarono e Curtis pensò tutta una serie di cose che poteva fare e neanche una pareva finire bene, nella sua mente. Poi il sicario gli sparò. Click Scarica. Non riuscendo a fare fuoco il sicario gli tirò l’arma addosso e Curtis istintivamente si rannicchiò parandosi il volto col braccio destro. Il mostro gli si avventò addosso fra lo sgomento della gente presente, urlando a squarciagola un grido di battaglia – suppose Curtis – con le quattro mani pronte ad afferrarlo. Il detective non perse tempo, gli lanciò in bocca il nano giallo che si limitò a un fievole – Macchecca… – prima di sparire nello stomaco del sicario. Allora Curtis immaginò una sega da guerra mirloniana. Mentre stavano rientrando in ufficio, con i mezzi pubblici, dal taschino di Curtis Oms non era affatto contento. – Potevi avvertirmi! – Non ne ho avuto il tempo. – Potevo morire! – Avevo tutto sotto controllo. – Mi hai usato! – Certo, e a oggi devo dire che sei la migliore arma del mondo. Entrarono alla centrale, presero l’ascensore e entrarono in ufficio. Avevano una montagna di scartoffie da riempire.   Fine primo episodio

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Iaquinto/torrengo – Filosofia Del Futuro (raffaello Cortina, 2018)

Nella recensione del libro Memphis all’infinito, di Livio Horrakh, ho toccato il tema dei viaggi nel tempo. L’argomento ritorna oggi parlandovi dell’ottimo saggio Filosofia del futuro. Un’introduzione, di Samuele Iaquinto e Giuliano Torrengo, edito da Cortina un paio di mesi fa. A differenza del romanzo di Horrakh, proiettato fondamentalmente nel passato e nei paradossi che una sua modifica potrebbe provocare nel presente, Filosofia del futuro si dedica in maniera speculativa al futuro, appunto, e cerca di sviscerare da un punto di vista epistemologico tutte le questioni affini a esso. In prima istanza i due filosofi ci tengono ad affermare che l’argomento “tempo” non riguarda solo la fisica, ma può, anzi deve essere affrontato da un punto di vista speculativo. Sarebbe corretto insomma interrogarsi filosoficamente sul significato dei termini “passato”, “presente” e “futuro”, al fine di non tralasciare alcuna sfumatura di senso di queste parole che tanto affascinano anche noi appassionati di fantascienza. “Se da una parte la filosofia non può ignorare i modelli offerti dalla fisica, quindi, dall’altra esistono problemi che solo la filosofia è in grado di affrontare. Ovviamente, “solo la filosofia” non vuol dire necessariamente “solo i filosofi”, ma piuttosto “solo una riflessione di tipo filosofico”, indipendentemente dal fatto che sia uno studioso di filosofia o meno a compierla” Il saggio è diviso in cinque capitoli. Il primo offre gli strumenti per conoscere il futuro. Partendo dalle diverse ontologie temporali, vengono introdotte le diverse posizioni all’interno del dibattito su cosa sia il tempo e come esso vada interpretato in senso filosofico, chiarendo i termini della questione e definendo e descrivendo i diversi approcci contemporanei. Gli esempi, talvolta spassosi, rendono la lettura piacevole e scorrevole. Il secondo capitolo, intitolato Metafisica del futuro, espone i diversi modelli già delineati, dedicandosi nello specifico al futuro. Nel terzo, molto più tecnico dei precedenti, viene poi formalizzato ogni singolo modello all’interno di un linguaggio logico, al fine di tenere fuori spiacevoli contraddizioni. Se il lettore non si è lasciato spaventare da queste pagine pregne di filosofia analitica, nel quarto capitolo troverà un bel resoconto sulla fattibilità dei viaggi nel futuro, con un bel raffronto con i loro fratelli nel passato. Qui a farla da padrone sono un particolare episodio di Star Trek: Deep Space Nine e Ubik, un romanzo del grandi Philip K. Dick, due esempi celebri di viaggi o precognizioni dal futuro. Qui viene introdotta una nozione interessante quanto fondamentale per chi vuole cimentarsi nel raccontare di viaggi nel tempo, o almeno per non farsi prudere il cervello quando si vede il primo Terminator, quella di Ipertempo (che già il nome…): “Per quanto il futuro sia lineare, e quindi non ci siano ramificazioni, si può parlare di diversi futuri a diversi tempi presenti. Anche se Geach (l’autore che ha descritto questo modello, Ndr) non ha articolato il suo modello in termini di una seconda dimensione temporale, ricorrere alla nozione di ipertempo ci permette di generalizzare meglio l’idea di base” Ora, è perfettamente normale se non ci state capendo niente, ed è per questo motivo che, se proprio vi siete incuriositi, dovrete acquistare questo libro. Nel quinto capitolo, infine, al lettore verranno esposti i risvolti etici derivanti dalle diverse interpretazioni del futuro. Anzi, sembra quasi che le scelte morali siano una delle conseguenze più importanti di quale significato l’uomo dà all’espressione “giorni a venire”. Vi lascio con un’ultima citazione, tanto semplice nella sua esposizione, quanto condivisibile nei contenuti. “Come qualsiasi principio etico, ci fornisce dei criteri per stabilire le nostre responsabilità, e lo fa sulla base del modo in cui possiamo modificare la realtà, il che vuol dire spesso il modo in cui possiamo influenzare il corso futuro degli avvenimenti. Seguire un principio morale, in altri termini, vuol dire impegnarsi a costruire un certo futuro piuttosto che un altro”

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