Menziono un disco non speditomi, che avrebbe gravato sulla mia coscienza se non l’ avessi recensito.
Il progetto Burial è qualcosa che spazia tra dub step, trip-hop e atmosfere notturne, si insinua nell’ aria muovendosi cadenzato, partendo dalle groviglie oscure e maleodoranti della Londra industrialmente operaia, per arrivare a brillanti luccichii stellari che traspaiono dalle nubi grigie della metropoli.
Il melting pot culturale che si respira in superficie, può richiamare alla mente i Massive Attack in senso generale, ma brani come Spaceape ci fanno intuire che il tutto non si ferma quì: i Burial si spingono in zone d’ ombra che il trio di Bristol ha solo sfiorato, muovendosi silenziosamente, calandosi, come un ladro, con una fune dal tetto a notte fonda; la calda ed emozionata vena soul- dub di Gutted apre spiragli luminosi nel plumbeo pulsare ritmico strutturale del disco che trova sublimazione in Broken Home.
L’ incedere narcotico della musica guida attraverso fumi oppiacei, fondali marini imperscrutabili, ciminiere fuligginose e torpide anoressie.
Prayer schiaccia letteralmente l’ ascoltatore sotto una vagonata di catrame bollente, candidandosi obbligatoriamente ad occlusivo proseguo di quello che fu la downtempo a Bristol nei ’90.
La organicità e la fisicità di questo lavoro permette ad esso di imporsi prepotentemente, con uno stile ed una eleganza sopra le righe.
Disco fondamentale ed imprescindibile.