Il noise può uccidere il virus? di Silvano
Tramezzino di Bob
Rivoluzione di Marco Valenti
Il nostro diario giorno per giorno.
– Il noise può uccidere il virus? di Silvano
Lasse Marhaug – Science Fiction Go Home
Tramezzino di Bob
Mi muovo
ostacolando il tedio
del rimando,
ne ricaccio l’attesa
rompendo barriere
con azione frammezzata.
Rivoluzione di Marco Valenti
Rivoluzione s. f. mutamento trasformazione, innovazione radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici, processo rapido, e per lo più violento, attraverso il quale ceti, classi o gruppi sociali, ovvero intere popolazioni, sentendosi non sufficientemente rappresentate dalle vigenti istituzioni, sovvertono tali istituzioni al fine di modificarle profondamente e di stabilire un nuovo ordinamento, in senso più ampio, qualsiasi processo storico o movimento, anche non violento e protratto nel tempo, attraverso il quale si determini un radicale mutamento di fatto delle strutture economico-sociali, politiche e culturali
Si legge spesso in questi giorni, di sedicenti moti rivoluzionari che infiammano i social network in nome di una ritrovata unità di intenti interclassista. Sarà capitato anche a voi di incappare in proclami volti a spronare la popolazione alla rivolta contro il nemico oscurantista rappresentato dalle istituzioni tutte.
Online si moltiplicano gli inviti a disobbedire alle disposizioni governative [sulle quali, sia chiaro, anch’io ho ben più di una perplessità] con sediziose adunate a base di uscite di casa incontrollate, mancato rispetto del distanziamento sociale e rifiuto dell’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
È un germogliare di moti che rimbalza sulle bacheche di Facebook in modo trasversale. Come se fosse imminente una “presa della Bastiglia 2.0” e io non me ne fossi accorto. Peccato però, che tutto quanto si ferma inesorabilmente alla pubblicazione di un post e di due invettive antigovernative sul social network dell’amico Zuckerberg. La rivoluzione è tutta qui. Facile, no?
La rivoluzione è un qualcosa di estremamente complicato. Innanzitutto deve essere un processo mentale. Altrimenti è nulla. Se non c’è la coscienza di ciò che stiamo facendo è meglio lasciar perdere. Tanto i risultati non arriveranno. Occorre emancipare il pensiero come primo passo. E solo dopo scendere in strada pronti a incendiare i palazzi del potere. Perché una cosa è certa e mi sento di doverla ricordare anche ai più facinorosi: le rivoluzioni si scrivono col sangue. Non su Facebook.
La storia ci insegna che occorre lottare con ogni mezzo possibile e disponibile, a seconda delle nostre possibilità e disponibilità. E che è la nostra vita che mettiamo in gioco, per un bene superiore. Volete quindi la rivoluzione? Fatela… ma fatela sul serio, come hanno fatto quelli che ci hanno preceduto negli anni sessanta settanta. Non limitatevi ad inveire online, andate in strada e sollevate l’asfalto su cui camminate. Date un seguito al vostro “ardore lombare”. Le rivoluzioni non si dichiarano, si fanno. Se ci si crede. Se deve essere un modo per far passare la giornata nella noia statica della quarantena allora forse è meglio pensare all’autoerotismo.
Tenete però conto di una cosa. Non tutte le rivoluzioni hanno portato a dei miglioramenti. Basta pensare agli effetti di quella industriale, che ha sancito l’inizio del moderno capitalismo con l’introduzione della schiavitù del lavoro. Per cui pensate bene a che cosa vi state ribellando, da che cosa volete prendere le distanze e accertatevi che i vostri obiettivi siano effettivamente coloro che detengono il potere. Non trasformatela in una guerra tra poveri.
Senza dimenticare che tra la rivoluzione e il colpo di stato c’è un abisso ideologicamente parlando. Non sono sinonimi come spesso si può essere portati a credere. Per cui ancora più attenzione a quello che sta succedendo. Sostituire un’oligarchia con un’altra non cambia lo stato delle cose.
Ma non solo. Chi oggi invoca il cambiamento “armato” dalle pagine di Facebook è quanto di più omologato ci possa essere. Siamo al punto in cui ci si ribella ad uno status quo che siamo noi stessi a reggere e mantenere tale. Siamo quindi noi il male da cui ci vogliamo affrancare? La rivoluzione 2.0 che Zuckerberg ci permette di fare è un contentino alle nostre velleità sovversive che ci viene concesso in virtù della nostra assoluta mancanza di pericolosità sociale.
Arriverà il momento in cui ci diranno “vi potete ribellare il tale giorno alla tale ora, per un tot di tempo, ma non sgarrate mi raccomando, saremo inflessibili al minuto”. Molto, ma molto peggio dei “due minuti di odio” di orwelliana memoria. Per lo meno quello era un libro. Voi siete la triste realtà.
2 risposte
Molto acuto il Valenti, non v’è dubbio, egli ci regala una stoccata finale da brivido. Dargli torto, no. Ma ormai, e lui compreso, è in balia della rivoluzio e mediatica e tuttavia egli è pure rappresentante della produzione di contenuti che viaggia sul cartaceo, che promuove, oltre a contenuti che inducono alla riflessione, anche altri interconnessi col web. Ma il punto è quello. Si creano contenuti di parole che son veicolati su vari mezzi e la speranza è che possano i durre a pensare, cioè a dare un senso pratico alle idee pensate.
Molto acuto il Valenti, non v’è dubbio, egli ci regala una stoccata finale da brivido. Dargli torto, no. Ma ormai, e lui compreso, è in balia della rivoluzione mediatica internet e tuttavia egli è pure rappresentante della produzione di contenuti che viaggia sul cartaceo, che promuove, oltre a inserti che inducono alla riflessione, anche ben altri interconnessi col web. Ma il punto è quello. Si creano contenuti di parole che son veicolati tramite vari mezzi e la speranza è che possano indurre a pensare, cioè a dare un senso pratico positivo alle idee pensate.