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Area Pirata, ecco la seconda edizione del festival

Si svolgerà sabato 24 maggio, presso l’associazione culturale Arci “GOB – Ganz Of Bicchio” alle porte di Viareggio, la seconda edizione del festival organizzato da Area Pirata Records, label toscana attiva dal 2001 e, col tempo, divenuta un punto di riferimento per le varie scene dell’underground R’N’R che operano fuori dai mercati del mainstream discografico, e fa dell’indipendenza il suo credo esistenziale, fondando la sua essenza sull’etica DIY, muovendosi prevalentemente in territori garage rock, punk rock, hardcore punk, mod/beat, surf, glam, rockabilly/psychobilly, neopsichedelici ed OI!, agendo sul doppio fronte della pubblicazione di release inedite delle band del proprio roster attuale, e quello delle ristampe di materiale da tempo irreperibile di gruppi del passato affini allo spirito dell’etichetta. Il cronoprogramma del festival prevede l’inizio della serata alle 20,30 e l’apertura dei concerti alle 21,30 con le garage punkers abruzzesi Wide Hips 69, dopo le quali si avvicenderanno sul palco la one girl band veneta Elli De Mon, lo psych/garage/beat dei Backdoor Society e gli americani Monkey Cat, al loro primo tour europeo. Il tutto sarà corredato dalla presenza di diversi stand musicali. Qui il link all’acquisto in prevendita.

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E’ morto Brian James

Non accenna a diminuire il numero di musicisti conosciuti e amati della scena rock ‘n’ roll mondiale che ci stanno lasciando in questi ultimi tempi. Solo pochi giorni fa avevamo dato conto della scomparsa di David Johansen. Nella giornata di ieri, è stata diffusa la notizia – tramite i suoi profili sui social network – di un’altra illustre dipartita, quella di Brian James, chitarrista e songwriter inglese universalmente noto per essere stato uno dei membri fondatori della punk/goth/dark band londinese dei Damned. Aveva da poco compiuto 70 anni. Nato a Hammersmith (Londra) il 18 febbraio 1955 come Brian Robertson, iniziò la sua avventura musicale prendendo parte a gruppi proto-punk come i Bastards, i Subterraneans e i London SS (dove transitarono anche altri personaggi che, in seguito, sarebbero stati tra i protagonisti della prima ondata del punk inglese, come Mick Jones e Tony James) per poi unirsi, nel 1976, al frontman Dave Vanian, al bassista/chitarrista Captain Sensible e al batterista Rat Scabies per dare vita ai Damned, una delle primissime formazioni punk rock di tutto il Regno Unito (che insieme ai Sex Pistols e ai Clash viene sempre menzionata tra i “big three” londinesi che hanno dato il via all’intero movimento, ispirando poi migliaia di band in Europa e nel resto del mondo) e il primo combo in assoluto del punk britannico a registrare un brano, nell’ottobre 1976 (a distanza di appena qualche settimana dal primo singolo dei Ramones negli Stati Uniti) il pionieristico e folgorante singolo “New Rose“, precursore di uno stile capace di influenzare, con le sue idee e il suo atteggiamento, tutte le generazioni di kids venuti dopo quel terremoto multimediale, concettuale ed estetico del 1976-77 che mise a soqquadro il mondo della musica, della moda e dell’avanguardia artistica. James prese parte alle incisioni dei primi due album dei Damned, il seminale debutto “Damned Damned Damned” (unaninamente considerato pietra miliare del punk rock tutto) e “Music for pleasure“, entrambi usciti nel 1977, abbandonando poi il gruppo. Nel 1978 formò i Tanz Der Youth, band che ebbe vita breve, registrando un solo singolo. Dopo aver suonato con Iggy Pop in tour nel 1979, iniziò a registrare il primo materiale solista con l’ausilio del batterista Stewart Copeland. Nel 1981, in piena ondata post-punk, insieme a Stiv Bators (fondatore ed ex frontman dei Dead Boys) fondò i Lords Of The New Church, il suo progetto di gruppo più duraturo e produttivo, dedito, nell’arco di (quasi) un decennio, a un sound che oscillava tra il punk delle origini e un dark rock ante-litteram, pubblicando gli Lp “Is nothing sacred?“, l’omonimo, “The method to our madness” e l’autoprodotto “Hang on” (dopo la reunion del 2001, senza Bators, venuto a mancare nel 1990). Dopo altre collaborazioni (come quella con gli australiani Saints sul disco “Out in the jungle“) e una breve reunion coi Damned, James riuscì a ultimare, nel 1990, il suo primo disco solista (omonimo) e lungo gli anni Novanta si era unito ai Dripping Lips per registrare una colonna sonora per un film e un long playing. Nel 2000 fece parte del supergruppo dei Racketeers (aka Mad for the racket), con cui registrò un full length insieme a Wayne Kramer, Duff McKagan, Stewart Copeland e Clem Burke. Dopo la reunion dei LOTNC, Brian tornò a far uscire un 33 giri solista col moniker The Brian James Gang, più altri tre lavori in proprio. Alla fine del 2022 si era riunito con Vanian, Scabies e Sensible per una reunion tour dei Damned (alla quale presero parte anche le italiane Smalltown Tigers come opening act).

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E’ morto David Johansen

Anche in questo 2025, da poco iniziato, sembra non arrestarsi, purtroppo, la spirale di decessi di musicisti amati della scena rock ‘n’ roll mondiale. Nella giornata del 28 febbraio, infatti, ci ha lasciati, a 75 anni, anche David Johansen, musicista noto soprattutto per essere stato il frontman degli statunitensi New York Dolls – dei quali era rimasto l’unico superstite -. La notizia è stata diffusa dalla famiglia. Da anni era malato di cancro e allettato, per finanziare le cure per la sua salute era stata lanciata anche una campagna di raccolta fondi dallo Sweet Relief Musicians Fund. Nato a Staten Island, New York il 9 gennaio 1950, David Roger Johansen (questo il suo nome completo) di origini europee norvegesi-irlandesi, crebbe con la passione per la musica, ascoltando rhythm and blues, doo-wop e la prima ondata rock ‘n’ roll. Dotato di eccellente presenza scenica sul palco, nel 1971 entrò a far parte dei New York Dolls, una band etichettata storicamente – insieme a Stooges, MC5 e Velvet Undeground – come “proto-punk” (con la sua proposta sonora di un rock ‘n’ roll grezzo, sporco e tecnicamente sgraziato) e ispiratrice, nei decenni successivi, di una miriade di gruppi e un’influenza fondamentale per buona parte degli ensemble della prima scena punk rock americana e inglese, hard rock e parte dell’heavy metal (soprattutto la branca del “glam” e “hair”, per via dell’uso del trucco e dei travestimenti femminili messi in scena dai nostri a mo’ di look provocatorio e rivoluzionario). Insieme ai chitarristi Johnny Thunders e Sylvain Sylvain, al bassista Arthur Kane e al batterista Billy Murcia (poi sostituito da Jerry Nolan) Johansen divenne il frontman del combo e coi New York Dolls faceva parte della scena del Mercer Center Arts e del Kitchen, uno spazio culturale adibito a sala prove e luogo di concerti e performance teatrali, posto all’interno di un fatiscente hotel newyorchese, nel quale il quintetto si esibiva in concerti infuocati finché la struttura non crollò, fisicamente, nel 1973. Con la loro miscela di blues energizzato e androginia enfatizzata da un glam rock anfetaminizzato, nichilismo e autodistruzione come attitudine e live set selvaggi e rumorosi, i NYD dei primi Seventies potevano essere considerati una versione statunitense più ruspante e garage rock dei Rolling Stones, arrivando a incidere due album, un omonimo nel 1973 e “Too much too soon” nel 1974, che all’epoca non ottennero grandi riscontri di vendite – ma che nei decenni seguenti all’uscita sarebbero stati riconosciuti come dischi seminali per lo sviluppo della storia di certo rock ‘n’ roll, con pezzi come “Looking for a kiss“, “Personality crisis“, “Jet boy“, “Bad girl“, “Vietnamese baby“, “Frankenstein“, “Stranded in the jungle“, “Human being” e “Who are the mystery girls?” assurti a veri e propri classici – il cui flop commerciale, unito al logoramento dei rapporti personali e all’abuso di droghe, portarono la band (di cui fu manager, nell’ultimo periodo, anche il “guru” inglese Malcolm McLaren pre-Sex Pistols) allo scioglimento alla fine del 1976. Diversi decenni dopo, i New York Dolls rimanenti (nel frattempo erano scomparsi Thunders e Nolan) si sarebbero poi riuniti nel nuovo millennio, nel 2004 (anno della dipartita di Kane) sotto la spinta dell’ex frontman degli Smiths, Morrissey (fan accanito dei newyorchesi) che fece concretizzare una reunion con Johansen, Sylvain e nuovi musicisti, con cui i Dolls pubblicarono gli Lp “One Day It Will Please Us to Remember Even This” nel 2006, “Cause I sez so” (2009) e “Dancing Backward in High Heels” (2011) prima della scomparsa, avvenuta nel 2021, anche di Sylvain Sylvain. Johansen intraprese anche un percorso solista (più ricercato e sofisticato rispetto ai Dolls, a livello sonico) che, a cavallo tra fine Seventies e metà Eighties, fruttò quattro full length e due live album. Alla fine degli anni Ottanta, si reinventò come cantante jazz/swing/lounge, utilizzando lo pseudonimo Buster Poindexter, realizzando altri quattro long playing e prendendo anche parte alla house band del noto programma televisivo “Saturday Night Live”. Nei primi anni Duemila, prima della reunion dei New York Dolls, tornò al suo amore per il country-blues, pubblicando due album come David Johansen and the Harry Smiths. Analogamente alla sua avventura musicale, Johansen è stato anche un conduttore radiofonico e un attore. Nel 2023 fu il soggetto di un documentario diretto da Martin Scorsese e David Tedeschi intitolato “Personality Crisis: One Night Only“.

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Black Honey Cult, a maggio il debut album

Black Honey Cult è il moniker del nuovo progetto in cui si sono tuffati il cantante/tastierista Jake “The Preacher” Cavaliere e il chitarrista Johnny Devilla, due nomi che, alle orecchie degli appassionati di garage rock/punk, non suonano certo nuovi, essendo i nostri, da oltre due decenni, colonne portanti dell’ensemble garage-psych rock losangelino dei Lords of Altamont. La genesi di questa band, in realtà, risale al 2010, ma solo negli ultimi mesi il gruppo si è consolidato in un quintetto che, oltre a Cavaliere e Devilla, schiera anche Travis Petersen alla chitarra/voce e una sezione ritmica formata dal bassista Spencer Robinson e dal batterista Garey Snider. Il combo ha annunciato la pubblicazione del suo debut album, omonimo e prodotto ai Kitten Robot Studios da Paul Roessler (Screamers, 45 Grave) che uscirà il 2 maggio sulla label italiana Heavy Psych Sounds e si muoverà sulle coordinate di un garage rock – ispirato da Velvet Underground e 13th Floor Elevators – combinato a psichedelia cinematica ed atmosfere post-punk/goth/kraut. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming del primo singolo condiviso, “Golden dragon” (il cui titolo, a detta dei nostri, prende il nome dallo slang stradaiolo con cui si fa riferimento all’LSD). 1. Operation 2. Golden Dragon 3. Dead In Me 4. Black Eyed Soul 5. Side Steppin’ City Streets 6. LSD and Me 7. Take Me Down 8. Roller Coaster

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THE DEVILS, a marzo il nuovo album

I Devils, power duo trash rock ‘n’ roll/wild blues formato da Erika “Switchblade” (batteria e voce) e Gianni “Lazy” Blacula (chitarra e voce) hanno annunciato la pubblicazione di un nuovo album, che si intitola “Devil’s got it” e la cui uscita è prevista per il 14 marzo su Go Down Records (per il mercato italiano ed europeo) e su Cleopatra Records (per il mercato britannico, statunitense e il resto del mondo). Per l’ensemble di Napoli – che nel 2025 taglia il traguardo dei dieci anni di percorso musicale – si tratta del quinto full length complessivo (e in totale il sesto, considerando anche il live album “Live at maximum festival” del 2023) che arriva a un solo anno di distanza da “Let the world burn down“, e rinnova il sodalizio artistico stretto dai nostri col musicista e producer Alain Johannes (già al al lavoro anche con Queens Of The Stone Age, Them Crooked Vultures, PJ Harvey e altri, e che è giunto alla terza collaborazione coi Devils, dopo gli Lp “Beast must regret nothing” e il succitato “Let the world burn down”) che si è occupato del mixing e del mastering del disco, che è stato registrato nel mese di ottobre dello scorso anno – da Fabrizio Piccolo – all’Auditorium Novecento di Napoli, e in cui Erica e Gianni si sono cimentati nella rielaborazione di nove brani soul e blues, due generi e mondi sonori che da sempre ispirano i due musicisti, che hanno scelto di tributarli in questo nuovo long playing. Di seguito artwork, tracklist e trailer dell’album. 1. God’s Got It (REVEREND CHARLIE JACKSON) 2. Come Love (MARION OLIVER/JAMES BRACKEN) 3. Lonely For You Baby (SAM DEES /WILLIAM CRUMP) 4. Help Me Through The Day (LEON RUSSELL) 5. That’s The Way To Get Along (THEODORE ROOSEVELT DAVIS/JOEL TURNERO) 6. You Got to Take Sick and Die Some of These Days (MCKINLEY MORGANFIELD) 7. Easy Baby (WILLIE DIXON) 8. Shade Tree Mechanic (ADIN D PRESTAGE/JOEL SHAMWELL/WALTER GODBOLD) 9. Everybody Loves A Winner (BOOKER T JONES/WILLIAM BELL)  

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Hellacopters, nel 2025 il nuovo album

Gli Hellacopters, paladini high energy rock ‘n’ roll della scena scandinava, hanno annunciato la realizzazione di un nuovo Lp, che si intitola “Overdriver” e la cui pubblicazione è prevista per il 31 gennaio del prossimo anno sulla label tedesca Nuclear Blast. Per il combo svedese (che già quest’anno ha rilasciato un singolo, “Stay with you“, inizialmente concepito per essere incluso nell’imminente lavoro sulla lunga distanza, salvo poi decidere di realizzarlo come 7”) che nel 2025 celebrerà i 30 anni del proprio percorso, si tratta del nono studio album complessivo, ed è il primo long playing a essere completamente prodotto dal frontman Nicke Andersson. E’ stato condiviso un primo estratto, “Leave a mark“, di cui è stato anche realizzato un videoclip (diretto da Emil Klinta). Di seguito artwork (curato dall’illustratore Max Löffler) tracklist e streaming del brano. 1. Token Apologies 2. Don’t Let Me Bring You Down 3. (I Don’t Wanna Be) Just A Memory 4. Wrong Face On 5. Soldier On 6. Doomsday Daydreams 7. Faraway Looks 8. Coming Down 9. Do You Feel Normal 10. The Stench 11. Leave A Mark

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Uzeda, arriva nei cinema il docufilm “Do it yourself”

“Uzeda – Do it yourself” è un docufilm, realizzato dalla regista Maria Arena (e prodotto da DNA audiovisivi e dalla casa di produzione indipendente Point Nemo) che racconta la storia degli Uzeda, fondamentale alternative/math/noise rock band italiana, formatasi nel 1987, che ha tracciato il proprio percorso musicale senza scinderlo da quello umano, fortemente etico e basato sulla filosofia lavorativa e ideale di vita “Do-it-yourself” (caratterizzato, complessivamente, da cinque studio album e due Ep, ma soprattutto una fiera attitudine indipendente, portata avanti senza cedere a pressioni e lusinghe commerciali di major e multinazionali, né scendere a compromessi col business del mainstream discografico, suonando e incidendo materiale solo per passione e senza scopo di lucro, senza scadenze contrattuali, ma spinti dal bisogno di dire delle cose, rispondendo soltanto al fuoco creativo della propria caparbia convinzione) e volutamente radicato nell’underground del R’N’R italiano ed europeo, partendo da Catania e arrivando a fare tour negli Stati Uniti, dove hanno ottenuto tanti attestati di stima (gli Lp usciti per la seminale label indipendente Touch and Go records di Chicago) e riconoscimenti (su tutti, l’apprezzamento del musicista e recording engineer Steve Albini, con cui collaborarono diventando anche grandi amici) e prendere anche parte a due delle rinomate session (unica altra band italiana a fregiarsi di questo orgoglio, insieme alla PFM) alla corte radiofonica del compianto disc-jockey inglese John Peel alla BBC. La Arena – siciliana di nascita e conterranea degli Uzeda – ha dichiarato di aver sviluppato l’idea di un film sul gruppo senza fare troppi programmi, adattando la progettualità agli accadimenti, senza un piano, ma seguendo il desiderio di fissare un pezzetto di vita e di storia degli Uzeda, perché ci fosse una traccia audiovisiva che raccontasse il modo di essere di una band indipendente che ha mantenuto questa prospettiva per trenta anni, nonché per scoprire come si può vivere mettendo al primo posto la musica, la ricerca, la sperimentazione, il dialogo con se stessi, un’economia senza plusvalore, dove i soldi, proprio come la chitarra, il basso, la batteria e le corde vocali, sono solo uno strumento, e il suono non è la somma degli strumenti, ma altro: è qualcosa di dirompente che si scatena. Si fa risalire la narrazione, temporalmente, al 1991, quando i nostri (Giovanna Cacciola alla voce, Davide Oliveri alla batteria, Raffaele Gulisano al basso, Agostino Tilotta e Giovanni Nicosia alle chitarre, quest’ultimo poi fuoriuscito nel 1995) dopo anni trascorsi a suonare in giro per l’Italia, viaggiando su uno sgangherato furgone rosso, spedirono una demo al succitato Steve Albini (alla cui memoria è dedicato il lungometraggio) che rispose alla chiamata e volò dagli States a Catania per registrare, con gli Uzeda, l’album “Waters“, segnando l’inizio della svolta per i ragazzi che, negli anni, stringeranno con Albini un sodalizio artistico e un rapporto di fraterna amicizia extrastudio lungo tre decenni) da lì in poi, suonando in giro per il mondo ma, alla fine di ogni tour, tornando sempre a casa, nella loro Catania, città alla quale sono indissolubilmente legati (il nome “Uzeda”, infatti, si richiama alla porta barocca che si apre sulla piazza del Duomo) un contesto geografico e identitario, dove la loro natura internazionalista è nata da radici ben salde che, agli impegni e ai rituali della vita quotidiana, affiancano il desiderio di dare sfogo a quella scintilla artistica che trasforma in elettrica magia la loro musica, un calderone magmatico, oscuro e aspro come l’Etna, il vulcano sotto il quale il combo vive e continua a essere un faro esemplare per tutti coloro che vogliono coltivare le proprie passioni sacrificando tempo e denaro, ma non la dignità, per portate avanti un discorso di sogni, lotta e dedizione alla causa, senza conformarsi alle mode delle masse (un unicum diventato addirittura oggetto di studio per uno studente americano, stabilitosi a Catania per un dottorato di ricerca alla UCLA sulla vicenda degli Uzeda). La pellicola è stata girata tra il 2016 e il 2020 (e ultimata, nel 2023, grazie a una campagna di crowdfunding) documentando, attraverso materiale di repertorio, sequenze in cui i componenti del gruppo vengono ritratti nella loro vita di tutti i giorni, la storia dei dischi pubblicati e le immagini tratte dai loro concerti, fra cui spiccano quelli del 25 e 26 maggio 2018 all’Afrobar di Catania, quando la band celebrò il suo trentesimo anno di attività esibendosi insieme a gruppi amici come gli Shellac di Albini, i Three Second Kiss (nei quali milita il figlio di Agostino e Giovanna, Sacha Tilotta, musicista, produttore e sound engineer che ha anche contribuito alla sonorizzazione del docufilm) The Ex, Black Heart Procession e i June of 44, riunitisi per l’occasione. Presente e passato, dolori e gioie, pause e ripartenze, interviste ai membri del gruppo (alternate a testimonianze degli estimatori) si susseguono in un racconto scandito dalla costante presenza dell’amico e mentore Steve Albini, spirito libero che condivideva, coi nostri, la stessa visione ed etica DIY del lavoro, e che puntualmente supportava tutte le tappe musicali degli Uzeda, fino alla realizzazione di quello che, a oggi, rimane il loro ultimo long playing, “Quocumque jeceris stabit“, registrato a Verona nel 2018 e uscito l’anno successivo. Dopo una proiezione in anteprima in tarda primavera, “Uzeda – Do it yourself” arriva, questo autunno, a essere fruibile per tutti gli appassionati della band (e del rock ‘n’ roll in generale) con la distribuzione in alcune sale selezionate in giro per l’Italia, iniziando, logicamente, dalla natia Catania. Qui è possibile controllare tutte le date (in continuo aggiornamento).  

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Jesus Lizard, nel 2025 tre date in Italia

Un’altra gradita notizia arriva a far gioire gli aficionados della scena noise/post-hardcore mondiale. In questi giorni, infatti, è stato annunciato il ritorno live in Italia, per un mini-tour di tre date, dei Jesus Lizard, leggendario quartetto noise rock texano – capitanato dal frontman David Yow – che il prossimo anno passerà anche nel nostro Paese in supporto del nuovo (e, complessivamente, il settimo del loro percorso musicale che, tra scioglimenti e reunion, va avanti dal 1987) album, “Rack“, uscito quest’anno dopo una pausa discografica durata ben ventisei anni (risaliva al 1998 il penultimo full length del combo statunitense, “Blue“). Ecco i concerti in programma: 31 maggio @ Express Festival – LINK, Bologna 1 giugno @ MONK, Roma 2 giugno @ Circolo Magnolia, Milano

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Karate, a ottobre il nuovo album

Dopo aver ripreso l’attività dal vivo nel 2022 – rompendo uno scioglimento durato diciassette anni – con un tour mondiale che li ha portati a suonare anche in Italia, i Karate quest’anno ufficializzano a tutti gli effetti la loro reunion, annunciando l’uscita di un nuovo album, che si intitola “Make it fit” e verrà pubblicato il 18 ottobre su Numero Group, la label di Chicago già protagonista, in passato, della ristampa dell’intero catalogo discografico della band. Per il combo indie/alternative/post-hardcore di Boston, fondato nel 1993 dal frontman/chitarrista Geoff Farina e dal batterista Gavin McCarthy (col bassista Jeff Goddard a completare il trio) si tratta del settimo Lp complessivo, che arriva a ben venti anni di distanza dal loro ultimo lavoro in studio, “Pockets” del 2004, prima di interrompere il proprio percorso – per oltre tre lustri – a causa dei noti problemi di udito sofferti da Farina. L’ensemble si è ritrovato a Nashville, affidandosi all’amico e collaboratore di lunga data Andy Hong per il mixing, e ha già condiviso due estratti dal nuovo full length, i singoli “Defendants” e “Silence, sound“, rispettivamente traccia di apertura e chiusura dell’opera. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. Defendants 2. Bleach The Scene 3. Cannibals 4. Liminal 5. Rattle the Pipes 6. Fall to Grace 7. Around The Dial 8. People Ain’t Folk 9. Three Dollar Bill 10. Silence, Sound

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Thurston Moore, a settembre il nuovo album

E’ prevista per il 20 settembre la pubblicazione del nuovo album di Thurston Moore, che si intitolerà “Flow critical lucidity” e uscirà su Daydream Library Series, house label della community Ecstatic Peace Library, fondata dallo stesso Moore insieme alla compagna Eva Prinz. Per il prolifico artista statunitense – chitarrista, frontman ed ex co-fondatore dei Sonic Youth – si tratta del nono lavoro sulla lunga distanza del suo percorso solista, ed è il primo full length ad arrivare dopo la release del suo memoir “Sonic life” (di cui ha dovuto cancellarne il tour di presentazione editoriale a causa di problemi di salute). Sono già stati condivisi i singoli “Hypnogram“, “Rewilding” e “Sans Limites” (che vede la collaborazione della cantante francese Laetitia Sadler) e il disco è stato registrato insieme ai fedelissimi James Sedwards (chitarra/piano) e Deb Googe al basso, oltre al percussionista Jem Doulton e l’artista multimediale Jon “Wobbly” Leidecker. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. New in Town 2. Sans Limites 3. Shadow 4. Hypnogram 5. We Get High 6. Rewilding 7. The Diver

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