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Good and bad news travel fast

Area Pirata Records, in arrivo il primo festival

Si svolgerà sabato 11 maggio, con una serata all’associazione culturale Arci “GOB – Ganz Of Bicchio” alle porte di Viareggio, il primo festival organizzato da Area Pirata Records, label toscana attiva dal 2001 che, com’è noto, è un punto di riferimento per le varie scene dell’underground R’N’R che operano fuori dai mercati del mainstream discografico, fa dell’indipendenza il suo credo esistenziale e fonda la sua essenza sull’etica DIY, muovendosi prevalentemente in territori garage rock, punk rock, hardcore punk, mod/beat, surf, glam, rockabilly/psychobilly, neopsichedelici ed OI!, agendo sul doppio fronte della pubblicazione di materiale inedito delle band del proprio roster attuale e delle ristampe di materiale da tempo irreperibile di gruppi del passato affini allo spirito dell’etichetta. Come si può leggere sul sito di Area Pirata, il cronoprogramma del festival partirà nel tardo pomeriggio, dalle 18 con la presentazione dei libri “No more pain” di Antonio Cecchi e “Dalla parte del torto” di Dome La Muerte (che si occuperà anche del dj set) e proseguirà dalle 21 con quattro band (che incidono per la stessa label) che si avvicenderanno sul palco, a cominciare dai Death Wishlist che presenteranno il loro album di debutto, per poi proseguire con le Smalltown Tigers (fresche di recente pubblicazione del loro nuovo disco) i CUT e i Not Moving L.T.D., il tutto corredato dalla presenza di diversi stand musicali e street food. Qui è possibile acquistare i ticket di ingresso, disponibili fino a un massimo di 150 posti.

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Shellac, in arrivo il nuovo album

E’ prevista per il 17 maggio la pubblicazione del nuovo album degli Shellac, la indie/post-HC/noise/math rock band statunitense fondata e capeggiata dal frontman e noto producer Steve Albini. Il disco si intitola “To All Trains” e uscirà su Touch and Go Records. Per il trio di Chicago (formato da Albini alla voce e chitarra, Bob Weston al basso e Todd Trainer alla batteria) si tratta del sesto long playing (che è stato registrato, come di consueto, agli Electrical Audio Studios di Albini, e masterizzato da Weston e dallo stesso Albini al Chicago Mastering Service) e arriva a dieci anni di distanza dall’ultimo full length “Dude Incredible” e a cinque dalla raccolta di John Peel sessions “The end of radio“. Da quanto si apprende, l’Lp ha avuto una lunga genesi, essendo stato inciso in un arco temporale compreso tra il novembre 2017, l’ottobre 2019, il settembre 2021 e il marzo 2022. Inoltre, Weston si è occupato del packaging dell’opera, il cui processo produttivo vinilico di stampaggio a iniezione ha utilizzato materiale PET riciclabile al 100% nel rispetto dell’ambiente, senza uso di PVC e con un minore consumo di CO2 rispetto alla convenzionale produzione dei vinili in PVC con macchine da stampa idrauliche tradizionali. Di seguito, artwork e tracklist dell’album. 1. WSOD 2. Girl From Outside 3. Chick New Wave 4. Tattoos 5. Wednesday 6. Scrappers 7. Days Are Dogs 8. How I Wrote How I Wrote Elastic Man (cock & bull) 9. Scabby the Rat 10. I Don’t Fear Hell

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Melvins, ad aprile il nuovo album. Condiviso il primo singolo

E’ prevista per il 19 aprile l’uscita del nuovo album dei Melvins, prolifico ensemble seattleite/californiano capitanato da Buzz Osborne. Il disco si intitola “Tarantula Heart” e verrà pubblicato su Ipecac Recordings. Per la band fondata (nel 1983) da “King Buzzo”, da sempre fautore di una proposta eclettica impossibile da catalogare in un solo genere (una creatura multiforme dalle sonorità proto-grunge/stoner/sludge/alternative/punk/noise/psych/blues/heavy rock) si tratta del ventinovesimo Lp ufficiale e arriva a due anni di distanza da “Bad Mood Rising” e a uno da “The devil you knew, the devil you know” (la riregistrazione dell’Ep di debutto del 1986) e dall’album collaborativo con Void Manes, “Throbbing Jazz Gristle Funk Hits” (tributo ai Throbbing Gristle). Il gruppo, tornato a essere un trio composto da Buzz, il batterista Dale Crover e il bassista Steven McDonald, ha affidato la produzione al fidato Toshi Kasai a Los Angeles, e si è avvalso della collaborazione in studio di un secondo batterista, Roy Mayorga, e del chitarrista Gary Chester. Osborne ha rivelato di aver sperimentato, per la prima volta nel percorso del combo, un differente processo compositivo durante la genesi del full length, suonando con i musicisti (e amici) Mayorga e Chester, elaborandone poi i riff e i fill di batteria e assemblando in studio le varie parti registrate con nuova musica scritta appositamente per riadattare e integrare il tutto, in modo da ricavarne dei pezzi totalmente nuovi che hanno entusiasmato i compagni di band. E’ stato condiviso un primo assaggio estratto dal nuovo long playing, il singolo “Working the ditch“, di cui è stato realizzato anche un videoclip (diretto da Jesse Nieminen). Di seguito artwork (curato dall’artista e coniuge di Osborne, Mackie) tracklist dell’album e streaming del brano. 1. Pain Equals Funny 2. Working the Ditch 3. She’s Got Weird Arms 4. Allergic to Food 5. Smiler

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E’ morto Wayne Kramer

Un’altra orribile perdita arriva a sconvolgere la comunità mondiale del rock ‘n’ roll. A pochi giorni dalla dipartita di Shelley Ganz, infatti, nella giornata del 2 febbraio ci ha lasciati, all’età di 75 anni, anche Wayne Kramer, musicista, cantante, songwriter, e producer statunitense, universalmente noto per essere stato chitarrista del fondamentale combo proto-punk MC5. La notizia della scomparsa, avvenuta a causa di un cancro al pancreas, è stata confermata e diffusa dai canali social ufficiali personali e della band da lui co-fondata nella prima metà dei Sixties. Nato a Detroit (Michigan) il 30 aprile 1948, Wayne Kambes (questo il suo nome completo all’anagrafe) iniziò ufficialmente la sua carriera musicale nel 1967, quando gli MC5 (la band da lui formata insieme a Fred Smith e Rob Tyner a Lincoln Park) divennero house band della famosa music venue Grande Ballroom (luogo in cui il quintetto registrò, nel 1968, le canzoni che finirono sullo storico e seminale debutto “Kick out the jams“, considerato uno degli esordi e live album più importanti della storia della musica rock e pop) ed ebbe inizio un’incredibile epopea che vide consumarsi, nel giro di pochi anni (e tre dischi ufficiali) la parabola di un gruppo musicale rivoluzionario che col suo sound chitarristico distorto e fragoroso (unito a una poderosa sezione ritmica) che univa testi espliciti, proclami politici di controcultura alternativa al mainstream, blues, psichedelia e garage rock e ha ispirato, inizialmente, la scena rock ‘n’ roll di Detroit (in primis, i loro amici e colleghi corregionali Stooges) per poi estendere a macchia d’olio, col passare del decenni, la sua influenza su intere generazioni di rockers venute dopo di loro, diventando tra i principali prime movers che gettarono i semi per il germoglio della rivoluzione punk rock. Kramer è stato tra i protagonisti di quella avventura che vide gli MC5 (Motor City Five, nella Detroit città nota come roccaforte dell’industria automobilistica a stelle e strisce) diventare icone del R’N’R tra concerti incendiari, attivismo culturale libertario di estrema sinistra antiproibizionista/anticapitalista/antirazzista orchestrato dal “management militante” dello scrittore e attivista politico/fondatore delle “Pantere Bianche” John Sinclair (cosa che procurò al gruppo non pochi grattacapi con le autorità governative e giudiziarie americane) problemi economici (fiasco commerciale e conseguente siluramento da parte della loro casa discografica) e di forte dipendenza dalle droghe pesanti che portarono al disfacimento della band alla fine del 1972. https://www.youtube.com/watch?v=WXlMTUpKwuc Dopo lo scioglimento degli MC5, per Kramer si aprì un periodo tormentato, tra arresti e attività musicale proseguita anche in carcere, fino al rilascio e all’inizio, a fine Seventies, di un percorso solista che lo ha portato a collaborare con svariate formazioni, in particolare durante il suo trasferimento a New York – e in seguito in Florida e in Tennessee – in un periodo (anni Ottanta) che lo vide attivo (come chitarrista, bassista, cantante e produttore) in tanti progetti, tra cui quello sfortunato e di brevissima durata dei Gang War con Johnny Thunders , l’amicizia con Mick Farren, coi Pere Ubu e l’incontro con GG Allin. A metà anni Novanta, dopo aver fatto uscire un Lp (“Death tongue“) Wayne firmò per la Epitaph Records di Brett Gurewitz, con cui pubblicò gli album “The hard stuff“, “Dangerous Madness“, “Citizen Wayne” e il disco dal vivo “LLMF (Live Like A Mutherfucker)“. Con l’inizio del nuovo millennio inaugurò una etichetta indipendente, la MuscleTone Records, attraverso la quale diede alle stampe un altro long playing, “Adult world“. Nel 2018 fece pubblicare il memoir “The Hard Stuff: Dope, Crime, the MC5, and My Life of Impossibilities” e festeggiò i cinquantanni dall’uscita di “Kick out the jams” con un tour celebrativo itinerante (intitolato “MC50”) in cui Wayne era accompagnato sui palchi da diversi ospiti (come Kim Thayil, Matt Cameron e Brendan Canty) e un’ipotesi di reunion (avvenuta parzialmente nel 1992 coi restanti membri degli MC5 in un evento a Detroit per commemorare la scomparsa del frontman Rob Tyner) si è concretizzata negli anni Duemila, con concerti in giro per il momento sotto vari moniker collegati agli MC5 e progetti per un nuovo album di materiale ufficiale che si sarebbe dovuto registrare (con Kramer unico membro originale rimasto, e col batterista Dennis Thompson ospite su due brani) sotto l’egida del produttore Bob Ezrin, e la cui realizzazione era stata programmata per la primavera del 2024. Kramer si cimentò anche nella composizione di musica per film, documentari e programmi televisivi. Sviluppò anche uno spiccato attivismo sociale, co-fondando nel 2009 (insieme alla moglie Margaret) Jail Guitar Doors, organizzazione non profit (che prende il nome dal singolo dei Clash) nata da un’iniziativa del cantautore inglese Billy Bragg , che si propone di fornire supporto e strumenti musicali ai detenuti nelle prigioni britanniche (e degli States) e programmi di sensibilizzazione ai problemi del sistema carcerario e giudiziario, nonché insegnamento per offrire una nuova opportunità in un percorso di riabilitazione e una via di sbocco lavorativo per le persone che escono dal carcere e vanno a reinserirsi nella società. Nel 2020 partecipò, a Los Angeles, alla nascita del CAPO (Community Arts Programming and Outreach) una comunità concepita come centro di aiuto (dotato di studio di registrazione, laboratori e spazi performativi) per i giovani che hanno avuto problemi con la detenzione carceraria e la giustizia. Qui è possibile leggere una raccolta di tributi, ricordi e commemorazioni che sono stati pubblicati da amici e colleghi musicisti che lo hanno conosciuto e stimato.

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E’ morto Shelley Ganz

Anche in questo 2024 appena iniziato, purtroppo, sembra non arrestarsi la spirale di decessi di musicisti amati della scena del rock ‘n’ roll indipendente lontano dai riflettori del mainstream. Nella giornata del 23 gennaio, infatti, ci ha lasciati, a 65 anni, anche Shelley Ganz, noto agli appassionati del garage rock revival per essere stato polistrumentista e frontman degli statunitensi Unclaimed. E’ stato trovato senza vita nella sua abitazione a Los Angeles dal suo compagno di band Patrick R. Cleary, preoccupato dal silenzio dell’amico e dal non ricevere sue notizie da diversi giorni. Ganz (nato Sheldon) nacque il 17 giugno 1958 ed è sempre stato un teoreta della scena neo-garage dei primi anni Ottanta del secolo scorso (scena poi nota come “garage revival”) e un appassionato cultore del garage rock degli anni Sessanta (fervido ascoltatore e adulatore della compilation “Nuggets” e di band come Music Machine, Chocolate Watch Band, Count Five, Standells, Seeds, Electric Prunes, Shadows of Knight e Syndicate of Sound) e, in generale, un amante dei Sixties, dei quali ha cercato per tutta la vita, con cura maniacale, di tenerne in vita la musica, lo spirito, l’attitudine, l’estetica, l’atmosfera, lo stile e l’etica concettuale. Alla fine degli anni Settanta fondò un suo gruppo, i Popes, che in seguito cambiarono moniker, scegliendo definitivamente Unclaimed, formati a Los Angeles da Ganz e dal chitarrista Sid Griffin, e iniziando a esibirsi dal vivo, per poi entrare in studio di registrazione a incidere un Ep omonimo, di quattro brani, che vide la luce nel 1980 e diede il via alla stagione del neo-garage e del febbrile ritorno, negli States e in Europa, delle sonorità garage rock e psichedeliche degli anni Sessanta, aggiornate e rinvigorite dalla lezione del punk rock. L’anno successivo Griffin abbandonò il progetto (per formare i Long Ryders) lasciando a Ganz il timone della band, che nel 1983 incise il mini-album “Primordial Ooze Flavored“, prima che l’estremismo di Shelley portasse la band californiana alla dissoluzione. Un tentativo di riformare gli Unclaimed, con line up rinnovata, nella seconda metà degli anni Ottanta si chiuse con un tour europeo che vide Ganz abbandonare i colleghi di ensemble, nonostante quella reunion avesse prodotto un altro album, “Under the Bodhi Tree“, che uscì però postumo nel 1991 sotto il moniker Attila & The Huns (e nel 2022 è stato ristampato a nome Unclaimed, e con una copertina differente rispetto all’originale, dalla label italiana Teen Sound Records/Misty Lane di Massimo del Pozzo). Nel 2013, in occasione del trentennale del magazine “Ugly Things“, il suo fondatore (nonché musicista e agitatore culturale) Mike Stax invitò alle celebrazioni Shelley Ganz che, dopo aver risuonato col moniker Unclaimed, decise di riformare il combo Sixties punk, pubblicando nel 2019 un Ep, “You never come“. Ganz era in procinto di far uscire un nuovo album ufficiale degli Unclaimed, intitolato “Creature of the Maui Loon“, la cui pubblicazione è prevista nel mese di marzo di quest’anno, sempre su Teen Sound Records.

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Ty Segall, in arrivo il nuovo album nel 2024. Condivisi i primi singoli

Ty Segall non smentisce la sua prolifica vena creativa e ha annunciato la pubblicazione di un nuovo album, che si intitola “Three Bells” e uscirà il 26 gennaio 2024 su Drag City Records. Per il biondo frontman e polistrumentista californiano si tratta del quindicesimo Lp complessivo, e arriverà a meno di due anni di distanza dal precedente capitolo, “Hello, Hi“. Il long playing è stato coprodotto da Cooper Crain e ha visto la partecipazione attiva di membri della backing band di Ty, la Freedom Band e, soprattutto, di Denée Segall (moglie del menestrello di Laguna Beach) che ha contribuito alla scrittura di ben cinque canzoni. In estate erano già stati condivisi due assaggi, i singoli “Eggman” e “Void“, che poi sono stati inseriti nella scaletta ufficiale del disco, e ai quali si è aggiunto anche un terzo estratto, “My Room“, di cui è stato anche realizzato un videoclip (diretto da Matt Yoka, in collaborazione con lo stesso Segall). Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. The Bell 2. Void 3. I Hear 4. Hi Dee Dee 5. My Best Friend 6. Reflections 7. Move 8. Eggman 9. My Room 10. Watcher 11. Repetition 12. To You 13. Wait 14. Denée 15. What Can We Do

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J.Mascis, nuovo album in arrivo nel 2024. Condivisi i primi singoli

J.Mascis, frontman e membro fondatore degli (anti)eroi dell’indie-alt. rock americano e mondiale Dinosaur Jr., torna ad aggiornare la sua discografia solista annunciando la pubblicazione di un nuovo album, che si intitola “What Do We Do Now” e uscirà il 2 febbraio 2024 su Sub Pop Records. Per il lungocrinito chitarrista originario di Amherst (Massachusetts) che, oltre al canto, ha suonato tutti gli strumenti presenti sul disco (a eccezione delle tastiere, di cui si è occupato Ken Maiuri, e del pedal steel guitar, performato da Matthew “Doc” Dunn) si tratta del quinto Lp complessivo in solitaria, e arriverà a sei anni di distanza dal precedente capitolo, “Elastic Days“. Sono già stati condivisi due assaggi estratti dall’imminente long playing in arrivo, i singoli “Can’t Believe We’re Here” e “Set Me Down“, di cui sono stati realizzati anche i videoclip. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. Can’t Believe We’re Here 2. What Do We Do Now 3. Right Behind You 4. You Don’t Understand Me 5. I Can’t Find You 6. Old Friends 7. It’s True 8. Set Me Down 9. Hangin Out 10. End Is Gettin Shaky

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THE DEVILS, nel 2024 il nuovo album. Condivisi i primi singoli

La Go Down Records pubblicherà il nuovo album dei Devils, incendiario moniker trash rock ‘n’ roll/wild blues formato da Erika “Switchblade” Toraldo (batteria e voce) e Gianni Blacula (chitarra e voce). Il disco si intitola “Let The World Burn Down” e la sua uscita è prevista per il 9 febbraio 2024. Per il power duo di Napoli, che quest’anno ha rilasciato anche il suo primo live album ufficiale, “Live at Maximum Festival“, si tratta del quarto Lp complessivo, che arriverà a tre anni di distanza da “Beast Must Regret Nothing” (contenente anche un featuring di Mark Lanegan nel brano “Devil Whistle Don’t Sing“) che aveva sancito l’inizio di un sodalizio artistico stretto col musicista e producer Alain Johannes (già al al lavoro anche con Queens Of The Stone Age, Them Crooked Vultures, PJ Harvey e altri) che è stato rinnovato anche nell’incisione di “Let The World Burn Down” (con Johannes al mixing e mastering, e presente anche sul disco con un assolo di chitarra) full length registrato nel mese di settembre ai Mal De Testa Recording Studio di Padova. Sono già stati condivisi due assaggi estratti dal prossimo long playing, i singoli “Divine Is the Illusion” e “Til Life Do Us Part“, di cui sono stati realizzati anche i videoclip. Di seguito artwork (realizzato da “Alice Bad Taste“) tracklist dell’album e streaming dei pezzi. 1. Divine Is the Illusion 2. Killer’s Kiss 3. Mr Hot Stuff 4. Big City Lights (Wilkerson Brown cover) 5. Til Life Do Us Part 6. Roar II 7. Shake ‘em 8. Teddy Girl Boogie (adapted cover version of “Teddy Boy Boogie” by C. Grogan & L. Needs) 9. The Last Rebel 10. Horror and Desire (feat. Alain Johannes)

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E’ morto Shane MacGowan

Anche questi ultimi scorci di 2023 vengono, purtroppo, funestati da orrendi eventi in termini di perdite musicali. Dopo la recente dipartita del chitarrista dei Killing Joke, Kevin “Geordie” Walker, infatti, ci ha lasciati anche Shane MacGowan, noto frontman e songwriter inglese, morto di polmonite il 30 novembre a Dublino, a 65 anni. La notizia è stata diffusa dalla moglie Victoria Mary Clarke e confermata anche dalle pagine delle band in cui MacGowan ha militato. Nato il 25 dicembre 1957 nel Kent, e figlio di immigrati irlandesi, Shane Patrick Lysaght MacGowan (questo il suo nome completo) è stato uno dei protagonisti della prima ora della scena punk inglese, in particolare quella londinese, agli inizi come entusiasta sostenitore del movimento (e salendo alla ribalta delle cronache locali dell’epoca quando nel 1976, assistendo a un concerto dei Clash, era stato fotografato con un lobo di un orecchio sfregiato e sanguinante) e in seguito diventandone parte attiva, unendosi alla punk rock band Nipple Erectors (poi abbreviando il moniker in The Nips) coi quali nel 1980 registrò alcuni singoli e l’album “Only the end of the beginning” prima dello scioglimento, avvenuto nel 1981. Nel 1982 il percorso musicale di Shane ebbe una svolta decisiva, quando fondò i Pogues, un collettivo (che inizialmente aveva scelto come moniker Pogue Mahone, cioè “baciami il culo” in lingua gaelica) che fondeva il punk rock con gli elementi folk e l’immaginario della musica celtica Irish ereditati dai geni Gaelici della famiglia MacGowan, definendo un sottogenere poi noto come Celtic-punk. Testi, spesso ispirati da poeti irlandesi, improntati principalmente sulla questione irlandese e la storia d’Irlanda (diaspora, eredità culturale, orgoglio patriottico e indipendentismo dal secolare giogo del dominio militare, religioso, economico e politico inglese) insieme al racconto delle realtà di Londra, con un occhio rivolto alla working class. Shane coi Pogues incise cinque album (dei quali l’ultimo, “Hell’s Ditch” del 1990, vide la partecipazione di Joe Strummer come producer e chitarrista nella relativa tournée di supporto, con l’ex líder maximo dei Clash a sostituire addirittura MacGowan per un breve periodo, dopo la cacciata di quest’ultimo) raggiungendo un discreto successo commerciale con l’album “If I should fall from grace with God” del 1988 e il singolo “Fairytale of New York“, prima che i pesanti problemi con droghe e alcoolismo (una piaga che ha flagellato la salute di MacGowan lungo tutto il corso della sua vita, con conseguenze che si sono ripercosse anche negli ultimi anni della sua esistenza, dove ha subìto ricoveri ospedalieri per trattare gli attacchi di polmonite, aggravati da seri infortuni ossei, che lo avevano costretto a disintossicarsi e diventare sobrio) conducessero il frontman anglo-irlandese verso una lunga spirale autodistruttiva che lo portò a essere licenziato dalla band che egli stesso aveva ideato. Nel 1992 creò un nuovo ensemble, Shane MacGowan and The Popes, con cui ha registrato, in poco più di un decennio, due Lp, un disco dal vivo e suonato in diversi tour europei, proseguendo nel solco del Celtic folk. Nel 2001 partecipò alla reunion dei Pogues, che non produsse nuovi full length, ma durò fino al 2014 e fu caratterizzata da un’intensa attività live. La sua parabola musicale e artistica (che lo ha visto anche in veste di attore in due pellicole, “Eat the rich” e “Straight to Hell” nel 1987) tra comparsate insieme ad altri musicisti e band e collaborazioni varie, si è interrotta nel 2020.

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Jim Jones All Stars, sei date in Italia

Reduce dall’infuocata performance estiva al Festival Beat di Salsmoggiore Terme, tornerà a farci visita in Italia a novembre Jim Jones, una delle figure più brillanti della scena garage rock mondiale (Thee Hypnotics, Black Moses, Jim Jones Revue, Jim Jones and the Righteous Mind) che calcherà di nuovo i palchi del nostro Stivale per ben sei concerti (in collaborazione con Corner Soul Events) a supporto dell’album di debutto, “Ain’t No Peril“, registrato col suo nuovo progetto All Stars e uscito a fine settembre. Ecco le date in programma: 17 novembre @ Brescia, Latteria Molloy 18 novembre @ Poggibonsi (SI), Bottega26 19 novembre @ Zero Branco (TV), Altroquando 20 novembre @ Bologna, Freakout club 21 novembre @ Macerata, Dong 22 novembre @ Torino, Blah Blah

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Scientists, due date in Italia

Le leggende garage/blues/punk/swamp-rock australiane Scientists saranno prossimamente in Europa per una tournée a supporto del loro ultimo studio album, “Negativity“, uscito nel 2021 e registrato dalla line up del periodo 1981-1985, composta dal frontman cantante/chitarrista Kim Salmon, il chitarrista Tony Thewlis, il bassista Boris Sujdovic e la batterista Leanne Cowie. Il “Negativity tour” toccherà anche l’Italia per due concerti. Ecco le date in programma: 13 ottobre @ Bologna, Freakout club 14 ottobre @ Torino, sPAZIO211

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