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Good and bad news travel fast

E’ morto Shelley Ganz

Anche in questo 2024 appena iniziato, purtroppo, sembra non arrestarsi la spirale di decessi di musicisti amati della scena del rock ‘n’ roll indipendente lontano dai riflettori del mainstream. Nella giornata del 23 gennaio, infatti, ci ha lasciati, a 65 anni, anche Shelley Ganz, noto agli appassionati del garage rock revival per essere stato polistrumentista e frontman degli statunitensi Unclaimed. E’ stato trovato senza vita nella sua abitazione a Los Angeles dal suo compagno di band Patrick R. Cleary, preoccupato dal silenzio dell’amico e dal non ricevere sue notizie da diversi giorni. Ganz (nato Sheldon) nacque il 17 giugno 1958 ed è sempre stato un teoreta della scena neo-garage dei primi anni Ottanta del secolo scorso (scena poi nota come “garage revival”) e un appassionato cultore del garage rock degli anni Sessanta (fervido ascoltatore e adulatore della compilation “Nuggets” e di band come Music Machine, Chocolate Watch Band, Count Five, Standells, Seeds, Electric Prunes, Shadows of Knight e Syndicate of Sound) e, in generale, un amante dei Sixties, dei quali ha cercato per tutta la vita, con cura maniacale, di tenerne in vita la musica, lo spirito, l’attitudine, l’estetica, l’atmosfera, lo stile e l’etica concettuale. Alla fine degli anni Settanta fondò un suo gruppo, i Popes, che in seguito cambiarono moniker, scegliendo definitivamente Unclaimed, formati a Los Angeles da Ganz e dal chitarrista Sid Griffin, e iniziando a esibirsi dal vivo, per poi entrare in studio di registrazione a incidere un Ep omonimo, di quattro brani, che vide la luce nel 1980 e diede il via alla stagione del neo-garage e del febbrile ritorno, negli States e in Europa, delle sonorità garage rock e psichedeliche degli anni Sessanta, aggiornate e rinvigorite dalla lezione del punk rock. L’anno successivo Griffin abbandonò il progetto (per formare i Long Ryders) lasciando a Ganz il timone della band, che nel 1983 incise il mini-album “Primordial Ooze Flavored“, prima che l’estremismo di Shelley portasse la band californiana alla dissoluzione. Un tentativo di riformare gli Unclaimed, con line up rinnovata, nella seconda metà degli anni Ottanta si chiuse con un tour europeo che vide Ganz abbandonare i colleghi di ensemble, nonostante quella reunion avesse prodotto un altro album, “Under the Bodhi Tree“, che uscì però postumo nel 1991 sotto il moniker Attila & The Huns (e nel 2022 è stato ristampato a nome Unclaimed, e con una copertina differente rispetto all’originale, dalla label italiana Teen Sound Records/Misty Lane di Massimo del Pozzo). Nel 2013, in occasione del trentennale del magazine “Ugly Things“, il suo fondatore (nonché musicista e agitatore culturale) Mike Stax invitò alle celebrazioni Shelley Ganz che, dopo aver risuonato col moniker Unclaimed, decise di riformare il combo Sixties punk, pubblicando nel 2019 un Ep, “You never come“. Ganz era in procinto di far uscire un nuovo album ufficiale degli Unclaimed, intitolato “Creature of the Maui Loon“, la cui pubblicazione è prevista nel mese di marzo di quest’anno, sempre su Teen Sound Records.

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Ty Segall, in arrivo il nuovo album nel 2024. Condivisi i primi singoli

Ty Segall non smentisce la sua prolifica vena creativa e ha annunciato la pubblicazione di un nuovo album, che si intitola “Three Bells” e uscirà il 26 gennaio 2024 su Drag City Records. Per il biondo frontman e polistrumentista californiano si tratta del quindicesimo Lp complessivo, e arriverà a meno di due anni di distanza dal precedente capitolo, “Hello, Hi“. Il long playing è stato coprodotto da Cooper Crain e ha visto la partecipazione attiva di membri della backing band di Ty, la Freedom Band e, soprattutto, di Denée Segall (moglie del menestrello di Laguna Beach) che ha contribuito alla scrittura di ben cinque canzoni. In estate erano già stati condivisi due assaggi, i singoli “Eggman” e “Void“, che poi sono stati inseriti nella scaletta ufficiale del disco, e ai quali si è aggiunto anche un terzo estratto, “My Room“, di cui è stato anche realizzato un videoclip (diretto da Matt Yoka, in collaborazione con lo stesso Segall). Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. The Bell 2. Void 3. I Hear 4. Hi Dee Dee 5. My Best Friend 6. Reflections 7. Move 8. Eggman 9. My Room 10. Watcher 11. Repetition 12. To You 13. Wait 14. Denée 15. What Can We Do

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J.Mascis, nuovo album in arrivo nel 2024. Condivisi i primi singoli

J.Mascis, frontman e membro fondatore degli (anti)eroi dell’indie-alt. rock americano e mondiale Dinosaur Jr., torna ad aggiornare la sua discografia solista annunciando la pubblicazione di un nuovo album, che si intitola “What Do We Do Now” e uscirà il 2 febbraio 2024 su Sub Pop Records. Per il lungocrinito chitarrista originario di Amherst (Massachusetts) che, oltre al canto, ha suonato tutti gli strumenti presenti sul disco (a eccezione delle tastiere, di cui si è occupato Ken Maiuri, e del pedal steel guitar, performato da Matthew “Doc” Dunn) si tratta del quinto Lp complessivo in solitaria, e arriverà a sei anni di distanza dal precedente capitolo, “Elastic Days“. Sono già stati condivisi due assaggi estratti dall’imminente long playing in arrivo, i singoli “Can’t Believe We’re Here” e “Set Me Down“, di cui sono stati realizzati anche i videoclip. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani. 1. Can’t Believe We’re Here 2. What Do We Do Now 3. Right Behind You 4. You Don’t Understand Me 5. I Can’t Find You 6. Old Friends 7. It’s True 8. Set Me Down 9. Hangin Out 10. End Is Gettin Shaky

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THE DEVILS, nel 2024 il nuovo album. Condivisi i primi singoli

La Go Down Records pubblicherà il nuovo album dei Devils, incendiario moniker trash rock ‘n’ roll/wild blues formato da Erika “Switchblade” Toraldo (batteria e voce) e Gianni Blacula (chitarra e voce). Il disco si intitola “Let The World Burn Down” e la sua uscita è prevista per il 9 febbraio 2024. Per il power duo di Napoli, che quest’anno ha rilasciato anche il suo primo live album ufficiale, “Live at Maximum Festival“, si tratta del quarto Lp complessivo, che arriverà a tre anni di distanza da “Beast Must Regret Nothing” (contenente anche un featuring di Mark Lanegan nel brano “Devil Whistle Don’t Sing“) che aveva sancito l’inizio di un sodalizio artistico stretto col musicista e producer Alain Johannes (già al al lavoro anche con Queens Of The Stone Age, Them Crooked Vultures, PJ Harvey e altri) che è stato rinnovato anche nell’incisione di “Let The World Burn Down” (con Johannes al mixing e mastering, e presente anche sul disco con un assolo di chitarra) full length registrato nel mese di settembre ai Mal De Testa Recording Studio di Padova. Sono già stati condivisi due assaggi estratti dal prossimo long playing, i singoli “Divine Is the Illusion” e “Til Life Do Us Part“, di cui sono stati realizzati anche i videoclip. Di seguito artwork (realizzato da “Alice Bad Taste“) tracklist dell’album e streaming dei pezzi. 1. Divine Is the Illusion 2. Killer’s Kiss 3. Mr Hot Stuff 4. Big City Lights (Wilkerson Brown cover) 5. Til Life Do Us Part 6. Roar II 7. Shake ‘em 8. Teddy Girl Boogie (adapted cover version of “Teddy Boy Boogie” by C. Grogan & L. Needs) 9. The Last Rebel 10. Horror and Desire (feat. Alain Johannes)

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E’ morto Shane MacGowan

Anche questi ultimi scorci di 2023 vengono, purtroppo, funestati da orrendi eventi in termini di perdite musicali. Dopo la recente dipartita del chitarrista dei Killing Joke, Kevin “Geordie” Walker, infatti, ci ha lasciati anche Shane MacGowan, noto frontman e songwriter inglese, morto di polmonite il 30 novembre a Dublino, a 65 anni. La notizia è stata diffusa dalla moglie Victoria Mary Clarke e confermata anche dalle pagine delle band in cui MacGowan ha militato. Nato il 25 dicembre 1957 nel Kent, e figlio di immigrati irlandesi, Shane Patrick Lysaght MacGowan (questo il suo nome completo) è stato uno dei protagonisti della prima ora della scena punk inglese, in particolare quella londinese, agli inizi come entusiasta sostenitore del movimento (e salendo alla ribalta delle cronache locali dell’epoca quando nel 1976, assistendo a un concerto dei Clash, era stato fotografato con un lobo di un orecchio sfregiato e sanguinante) e in seguito diventandone parte attiva, unendosi alla punk rock band Nipple Erectors (poi abbreviando il moniker in The Nips) coi quali nel 1980 registrò alcuni singoli e l’album “Only the end of the beginning” prima dello scioglimento, avvenuto nel 1981. Nel 1982 il percorso musicale di Shane ebbe una svolta decisiva, quando fondò i Pogues, un collettivo (che inizialmente aveva scelto come moniker Pogue Mahone, cioè “baciami il culo” in lingua gaelica) che fondeva il punk rock con gli elementi folk e l’immaginario della musica celtica Irish ereditati dai geni Gaelici della famiglia MacGowan, definendo un sottogenere poi noto come Celtic-punk. Testi, spesso ispirati da poeti irlandesi, improntati principalmente sulla questione irlandese e la storia d’Irlanda (diaspora, eredità culturale, orgoglio patriottico e indipendentismo dal secolare giogo del dominio militare, religioso, economico e politico inglese) insieme al racconto delle realtà di Londra, con un occhio rivolto alla working class. Shane coi Pogues incise cinque album (dei quali l’ultimo, “Hell’s Ditch” del 1990, vide la partecipazione di Joe Strummer come producer e chitarrista nella relativa tournée di supporto, con l’ex líder maximo dei Clash a sostituire addirittura MacGowan per un breve periodo, dopo la cacciata di quest’ultimo) raggiungendo un discreto successo commerciale con l’album “If I should fall from grace with God” del 1988 e il singolo “Fairytale of New York“, prima che i pesanti problemi con droghe e alcoolismo (una piaga che ha flagellato la salute di MacGowan lungo tutto il corso della sua vita, con conseguenze che si sono ripercosse anche negli ultimi anni della sua esistenza, dove ha subìto ricoveri ospedalieri per trattare gli attacchi di polmonite, aggravati da seri infortuni ossei, che lo avevano costretto a disintossicarsi e diventare sobrio) conducessero il frontman anglo-irlandese verso una lunga spirale autodistruttiva che lo portò a essere licenziato dalla band che egli stesso aveva ideato. Nel 1992 creò un nuovo ensemble, Shane MacGowan and The Popes, con cui ha registrato, in poco più di un decennio, due Lp, un disco dal vivo e suonato in diversi tour europei, proseguendo nel solco del Celtic folk. Nel 2001 partecipò alla reunion dei Pogues, che non produsse nuovi full length, ma durò fino al 2014 e fu caratterizzata da un’intensa attività live. La sua parabola musicale e artistica (che lo ha visto anche in veste di attore in due pellicole, “Eat the rich” e “Straight to Hell” nel 1987) tra comparsate insieme ad altri musicisti e band e collaborazioni varie, si è interrotta nel 2020.

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Jim Jones All Stars, sei date in Italia

Reduce dall’infuocata performance estiva al Festival Beat di Salsmoggiore Terme, tornerà a farci visita in Italia a novembre Jim Jones, una delle figure più brillanti della scena garage rock mondiale (Thee Hypnotics, Black Moses, Jim Jones Revue, Jim Jones and the Righteous Mind) che calcherà di nuovo i palchi del nostro Stivale per ben sei concerti (in collaborazione con Corner Soul Events) a supporto dell’album di debutto, “Ain’t No Peril“, registrato col suo nuovo progetto All Stars e uscito a fine settembre. Ecco le date in programma: 17 novembre @ Brescia, Latteria Molloy 18 novembre @ Poggibonsi (SI), Bottega26 19 novembre @ Zero Branco (TV), Altroquando 20 novembre @ Bologna, Freakout club 21 novembre @ Macerata, Dong 22 novembre @ Torino, Blah Blah

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Scientists, due date in Italia

Le leggende garage/blues/punk/swamp-rock australiane Scientists saranno prossimamente in Europa per una tournée a supporto del loro ultimo studio album, “Negativity“, uscito nel 2021 e registrato dalla line up del periodo 1981-1985, composta dal frontman cantante/chitarrista Kim Salmon, il chitarrista Tony Thewlis, il bassista Boris Sujdovic e la batterista Leanne Cowie. Il “Negativity tour” toccherà anche l’Italia per due concerti. Ecco le date in programma: 13 ottobre @ Bologna, Freakout club 14 ottobre @ Torino, sPAZIO211

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Kathleen Hanna, in arrivo un memoir

L’iconica attivista femminista Kathleen Hanna darà alle stampe una autobiografia, prevista per il maggio 2024 e intitolata “Rebel Girl: My Life as a Feminist Punk“, che sarà edita da HarperCollins (qui il link per il pre-order). Il memoir tratterà le vicissitudini e il percorso, musicale e di vita, della Hanna (tra l’altro raccontati anche nel documentario “The Punk Singer” nel 2013) nota frontwoman della riot grrrl band Bikini Kill (ma anche nei Tigre e altri progetti) dal cui conclamato anthem prende spunto il titolo del libro. Dagli inizi segnati da un’infanzia problematica e dai primi anni formativi al college di Olympia, nello stato di Washington (e vera e propria “culla” dell’indie rock americano e del movimento politico e culturale delle riot grrrl, di matrice punk e femminista) ai primi concerti e tour, le lotte per riscattare se stessa, il suo gruppo e il ruolo delle ragazze e delle donne nel mondo della musica (soprattutto nel mondo del rock ‘n’ roll, da sempre a forte trazione maschile e connotato, spesso, da una mentalità sessista e maschilista) il coraggio, la costanza e la determinazione che hanno fatto di Kathleen una riconosciuta e universale icona del femminismo in musica. E ancora, il rapporto con le sue compagne di band (Tobi Vail, Kathi Wilcox e Johanna Fateman) le amicizie strette con Kurt Cobain e Ian MacKaye, l’incontro con Joan Jett e l’amore con Adam Horovitz dei Beastie Boys, la battaglia contro la malattia di Lyme e la sua visione – non esente da critiche – sul Riot Grrrl movement, fino agli anni più recenti e su come oggi continua a creare musica e arte.

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The Birthday Party, in arrivo un documentario

I Birthday Party sono stati una post-punk band australiana attiva tra il 1976 e il 1983. Inizialmente chiamati The Boys Next Door, hanno rappresentato gli inizi musicali ufficiali dell’allora esordiente frontman Nick Cave, in seguito diventato globalmente affermato e noto coi suoi Bad Seeds, mutando, nel corso dei decenni, la sua essenza da selvaggio e “apocalittico” live performer in raffinato cantautore e compositore. Ma, oltre a Cave, questo combo ha lanciato, come spesso accadeva (e accade ancora) dalla fucina del rock ‘n’ roll aussie, almeno altri due musicisti di tutto rispetto e di culto come il chitarrista/polistrumentista Mick Harvey e il compianto chitarrista/cantante Rowland S. Howard (purtroppo venuto a mancare nel 1999). Il regista Ian White ha deciso di raccontare la parabola musicale di questo gruppo in un documentario intitolato “Mutiny in Heaven: The Birthday Party“, già presentato al Melbourne International Film Festival e la cui uscita fisica nelle sale, al momento, è prevista in autunno solo in Australia e Stati Uniti, non si hanno informazioni precise riguardo a un suo arrivo anche in Italia. La pellicola, che può vantare tra i suoi produttori esecutivi il cineasta tedesco (nonché amico di lunga data di Cave) Wim Wenders, e supervisionato muscialmente da Mick Harvey, ripercorrerà il percorso della formazione, dalla sua nascita, a metà Seventies, tra i banchi i scuola a Melbourne (in cui si formò il nucleo originario composto da Cave, Harvey e dal batterista Phill Calvert, ai quali poi si aggiunsero Howard e il bassista Tracy Pew, scomparso nel 1986) al debutto con l’album “Door, Door” e trasferimento, nel 1979, in Inghilterra, a Londra (e conseguente cambio di moniker da Boys Next Door a Birthday Party, che pubblicarono l‘Lp d’esordio omonimo, nel pieno del fervore del movimento post-punk che andava diramandosi in varie direzioni, coi BP a percorrere i sentieri del gothic rock, sottogenere che li vide tra i principali pionieri) dove i nostri si fecero un nome e una reputazione grazie a teatrali, caotici e incendiari concerti (in cui spiccava la presenza scenica e il carisma cupo di “Re Inchiostro” Nick Cave) contraddistinti da autodistruzione e violenza anarcoide, e sempre in bilico tra genio artistico e uno stile di vita dissoluto, fino all’inevitabile disfacimento (avvenuto dopo aver fatto uscire gli album “Prayers on fire“, “Junkyard” e gli Ep “The Bad Seed” e “Mutiny“) dovuto a dissidi tra i membri della band, esasperati dall’abuso di droghe pesanti. Il tutto sarà sviscerato attraverso interviste ai membri del gruppo e l’ultilizzo di raro materiale d’archivio, brani inediti, animazioni e contenuti multimediali. Di seguito, ecco la locandina e il trailer ufficiale del docufilm.  

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Jim Jones All Stars, a settembre l’album di debutto. Condivisi i primi singoli

Jim Jones All Stars è l’ultima creatura nata dal genio creativo di Jim Jones, una delle punte di diamante della scena garage rock mondiale (Thee Hypnotics, Black Moses, Jim Jones Revue, Jim Jones and the Righteous Mind). Questo nuovo progetto fondato dal frontman britannico nel 2020, formato da ben nove elementi e reduce anche da una recente apparizione italiana (nell’edizione numero 29 del Festival Beat di Salsomaggiore Terme) ha annunciato, per il 29 settembre, la pubblicazione del suo debut album, che si intitolerà “Ain’t No Peril” e uscirà sulla label americana Ako-Lite Records. Il long playing è stato registrato nel 2022 negli Stati Uniti, ai Magnetic Studios di Memphis (Tennessee) insieme a Scott McEwen. Nell’attesa, sono stati condivisi tre estratti dal prossimo disco d’esordio, il singolo “Your arms will be the Heavens” e il 7″ “Gimme The Grease/I want you (any way I can)” che anticipano le coordinate sonore dell’Lp, che si richiamano al melting pot musicale che da sempre contraddistingue la città di Memphis, col risultato di una contaminazione del canonico garage rock energico di Jim Jones con atmosfere rhythm ‘n’ blues, gospel, funk e soul. Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming dei brani.   1. Devil’s Kiss 2. Gimme The Grease 3. It’s Your Voodoo Working 4. Your Arms Will Be The Heavens 5. I Want You (Any Way I Can) 6. Hot Sauce 7. Troglodyte 8. Chingón 9. You Got The Best Stink (I Ever Stunk) 10. Ain’t No Peril 11. Drink Me 12. Evil Eye

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Mondo Generator, a ottobre il nuovo album. Condiviso il primo singolo

I Mondo Generator, band fondata dall’ex bassista di Kyuss e Queens of the Stone Age (tra gli altri) Nick Oliveri, hanno annunciato l’arrivo di un nuovo disco, che si intitola “We stand against you” e sarà pubblicato il 13 ottobre sulla label Heavy Psych Sounds. Per il gruppo alternative/stoner/punk statunitense si tratta del settimo studio album ufficiale e arriva a tre anni di distanza da “Fuck it” e “Shooters Bible“, e a due dall’Lp dal vivo registrato al club Bronson di Ravenna, tutti usciti sempre sull’etichetta italiana Heavy Psych Sounds. Lo stesso frontman Oliveri ha dichiarato che “We stand against you” è un long playing energico e ruspante, caratterizzato da sentimenti ed emozioni forti, composto da nove canzoni ricolme di furore e rabbia: alcune riflettono i suoi pensieri personali, altre parlano di famiglia e di cari amici che muoiono e/o si suicidano, e altre, infine, trattano della sua esperienza avuta col coronavirus e i lockdown. E’ stato condiviso un primo assaggio estratto dal long playing, il brano “Death march“, e intanto l’ensemble prosegue nella sua tournée europea e italiana che, dopo le date di luglio a Prato, Genova e Trieste, ad agosto proseguirà con altre cinque date di seguito elencate: 13 agosto @ San Zenone degli Ezzelini (TV), Villa Albrizzi 16 agosto @ Cagliari, Cueva Rock 17 agosto @ Caramagna, Last one to die 18 agosto @ Ravenna, Hana-Bi 19 agosto @ Francavilla al Mare (CH), Frantic Fest Di seguito artwork, tracklist dell’album e streaming del singolo. 1. I Stand Against You / Blast Off! 2. Rubber Room 3. One Two Three Four 4. Unglued 5. Death March 6. Conspiracy (Fact Or Theory) 7. I Want Out 8. Sky Valley Meth 9. For A Day

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