Non chiamatelo Stoner – Intervista con Davide Pansolin
Una conversazione con Davide Pansolin, autore in tempi recenti di due libri editi da Tsunami che meritano di trovare spazio negli scaffali dei lettori di In Your Eyes.
Una conversazione con Davide Pansolin, autore in tempi recenti di due libri editi da Tsunami che meritano di trovare spazio negli scaffali dei lettori di In Your Eyes.
Una conversazione con Fabio Bertino, autore in tempi recenti di due libri in cui racconta le proprie esperienze di viaggio lungo il nostro paese, percorrendo linee secondarie o utilizzando per gli spostamenti solo i più “lenti” treni regionali.
La cifra compositiva degli Amarok è piuttosto personale in quanto, rispetto al più canonico sludge doom, la band californiana non teme di rallentare i ritmi fino a sfiorare un’asfissia scongiurata dal mood atmosferico e melodico che pervade buona parte di un lavoro riuscito come Resilience.
Gli Abysskvlt, con mDzod Rum, propongono un’opera di grande spessore, sia dal punto di vista spirituale che strettamente musicale, ma non si può nascondere che tali sonorità siano principalmente rivolte a chi possiede un’indole incline alla meditazione.
Se in passato il sound traeva principalmente linfa dall’insegnamento dei Daylight Dies, tutto sommato Hope and Despair è un album che si muove in continuità con quello stile, che qui viene ulteriormente ribadito dando alla fine l’auspicato seguito, sia pure con il nuovo moniker Silent Vigil, alla brusca archiviazione degli Woccon avvenuta dieci anni fa.
A Broken Heart Make An Inner Constellation è un’opera che sorprende piacevolmente per la sua completezza e per l’amalgama non scontata tra le parti melodiche e le repentine ma ben inserite sfuriate di matrice metal; insomma, non mancano certo i buoni motivi in grado di spingere gli ascoltatori dalla mentalità più aperta ad assaporare quest’opera prima degli ottimi Still Wave.
La terza parte di Mysterium si muove stilisticamente in continuità rispetto a quanto fatto nella prima metà degli anni novanta ma senza che questo assuma un sentore di stantio, con l’adesione genuina a quegli storici stilemi che diviene il punto di forza nell’operato dei Celestial Season di questo decennio.
L’operato dei Ruststained non appare affatto didascalico anche perché traspare ad ogni nota una genuinità e una passione che sono lontani anni luce da ogni forma di plastificazione musicale.
Annihilation of the Self è un ep in cui le più nobili fonti di ispirazione dei SolNegre vengono convogliate all’interno di un tessuto musicale costantemente in divenire e privo di smagliature, ruvido e compatto ma, allo stesso tempo, malinconico e melodico come deve essere il migliore death doom.
Con Glacial gli Abyssal alzano ulteriormente l’asticella qualitativa perché in questa traccia unica di oltre quaranta minuti dal doloroso incedere si compie l’ideale connubio tra la scarnificazione del sound e il più canonico e pesante susseguirsi dei riff.
Calliophis e Urza uniscono le loro forze proponendo lo split album Dawn of a Lifeless Age, molto interessante oltre che di durata corposa, con ciascun gruppo a proporre due brani inediti di durata superiore ai 10 minuti e, soprattutto, di ottimo livello qualitativo.
La bravura degli Orphean Passage risiede nel fare propria la lezione di chi ha codificato a suo tempo il death doom melodico per poi assemblarne i diversi stili, regalando un album come Apart struggente, melodico e, allo stesso tempo, fresco come si conviene a una band al primo passo discografico