Fvzz Popvli -III-
Il loro muro sonoro possiede sempre un fortissimo sentore di stoner, ma qui si fa verso ritmi maggiormente sincopati e veloci con una spruzzata di punk. Fvzz Popvli -III- Retro Vox Records 2023
Il rock, o musica rock, è un genere della popular music sviluppatosi negli Stati Uniti e nel Regno Unito nel corso degli anni cinquanta e sessanta del Novecento.
Il loro muro sonoro possiede sempre un fortissimo sentore di stoner, ma qui si fa verso ritmi maggiormente sincopati e veloci con una spruzzata di punk. Fvzz Popvli -III- Retro Vox Records 2023
THE C.I.A.: chi vi scrive nutre particolare stima e affetto nei confronti del talento smisurato di Ty Segall, menestrello di Laguna Beach (California) classe 1987 che, da tre lustri a questa parte, si è imposto nel mondo indipendente e DIY come una sorta di piccolo….
Se siete stati bambini negli anni ottanta certamente uno dei vostri sogni sarà stato quello di possedere una Saltafoss (che nome geniale). Ricordo il Natale nel quale me la regalarono (lo stipendio di un operaio era ancora commisurato al costo della vita e consentiva doni più o meno esosi) era rossa fiammante e per diverso tempo non avrei più guardato nulla con sguardo altrettanto concupiscente. Su quella bici, che per noi ragazzini era un piccolo status symbol, mi cimentavo con i miei coetanei in infinite sfide in cui ognuno di noi impersonava un pilota della formula uno. Si affrontava a tutta velocità una curva, cieca, dalla quale uscivano le macchine dei condomini che venivano puntualmente rigate dalle leve dei freni e come nessuno ci si sia mai schiantato frontalmente resta per me un mistero, mentre poco misteriose erano le susseguenti liti alle riunioni di condominio, cui nessuno di noi, fortunatamente, partecipava. Tutta questa premessa per dirvi che non mi sorprende che una band di persona all’ incirca della mia età scelga di mettere in copertina del loro album una di quelle biciclette con un bambino alla guida. Il disco di questi navigati protagonisti della scena punk rock toscana dura poco meno di venti minuti e contiene sette pezzi molto motivati, frutto di una passione e di una attitudine che non ne vuol sapere di tramontare. Si inizia con The Smell sorretta da un bel giro proto punk alla Heartbreakers/Dead Boys ma con interessanti digressioni wave, seguono la misfitsiana It’s Worth Questioning, gli echi di hardcore old school in stile primi Social Distortion di Mommy’s Nightout , il pub rock molto sostenuto di Od,e to the Defeat, i punk’n’roll rapidi ed incisivi alla New Bomb Turks/Dwarves di With Bended Elbows e di Satisfaction Guaranteed per chiudere il tutto con una bella cover rocciosa di Ma che colpa abbiamo noi. Curiosando sul web sono venuto a sapere che la Saltafoss esiste ancora. Io, da buon musicista fallito, scrivo ancora su una fanzine, sia pur non più cartacea e ci sono ancora band che suonano punk rock. Il nostro piccolo mondo antico è ancora un posto abbastanza vivibile. Gransoda
Tutte caratteristiche che ho ritrovato in “New York City”, nuovo album dei garage rockers statunitensi Men, sulle scene da ormai tre lustri e giunti oggi al nono album ufficiale, uscito a inizio mese su Fuzz Club Records (e che segna il debutto del quartetto di Brooklyn sull’etichetta inglese) e arrivato a tre anni dall’ultima fatica discografica “Mercy”.
Yo la tengo : “This stupid world” è un titolo perfetto per riassumere la follia nella quale tutta l’umanità è immersa, un mondo degenerato e sempre più imbruttito da vedere e vivere
L’impressione è che gli Zoids più continuino ad andare avanti e più lascino dietro ed intorno a sé tracce confuse e appigli incerti per quello che riguarda la loro forma sonora.
Lo aveva promesso a tempo debito, il nostro vecchio caro Anton Newcombe, che per farci ascoltare il ventesimo album ufficiale della sua creatura, i Brian Jonestown Massacre, non avremmo dovuto attendere a lungo, e che il nuovo disco sarebbe arrivato meno di un anno dopo l’ultima fatica in studio, “Fire doesn’t grow on trees” (datato estate 2022). E noi rispondiamo che, parafrasando lo slogan pubblicitario di una nota marca di dolciumi, avere a che fare col materiale dei BJM è sempre un piacere. E così proprio oggi viene pubblicato “The Future is your past“, long playing composto (come il precedente) nella quasi totalità del lotto, da brani provenienti dalle sessioni di composizione e registrazioni quotidiane (delle quali almeno sessanta sono state pubblicate sul loro canale YouTube) che, tra il 2020 e il 2021, nei vari lockdown dovuti alla pandemia sanitaria da covid-19, avevano risvegliato nel leader Newcombe la sua proverbiale vena compositiva prolifica, dopo un periodo di blocco creativo. Coadiuvato da Hakon Adalsteinsson alla chitarra e Uri Rennert alla batteria (oltre alla partecipazione del figlio Wolfgang) il polistrumentista Newcombe, californiano di nascita, e berlinese di adozione, arrangia e mette a punto altri dieci viaggi sensoriali (neo)psichedelici (omettendo dalla tracklist, da buon furbacchione quale è, la title track dell’album) facendoci partire per la tangente esplorando i consueti territori ultraterreni, cari a Newcombe, nei quali ritroviamo droni chitarristici, ritmi ammalianti (ok, l’aggettivo “lisergico” è un po’ troppo abusato, nelle recensioni, per descrivere le sensazioni evocate dai dischi di psichedelia) strutture sonore dal sapore orientaleggiante, passaggi vorticosi ardenti di distorsioni e ipnotizzanti paesaggi sonori fuzzati, ampliando l’universo del rock psichedelico dei Brian Jonestown Massacre a elementi blues, folk e pop. Tutto il meglio del canzoniere Newcombiano risponde “presente” all’appello: il jingle-jangle sound dell’opener “Do rainbows have ends“, la ritmica spezzata dell’agitata “Nothing can stop the sound“, che dalla metà in avanti deflagra in un caos cacofonico) la classica irresistibile cavalcata (neo)psichedelica in “The light is about to change“, il mantra stonato psicotropo di “Fudge” e quello a trazione spirituale in “Cross eyed gods“, vivide atmosfere psych sognanti in “As the carousel swings“, intensità sfrenata in “The mother of all fuckers“, goduriose commistioni di melodia e rumore in “All the feels“, rock ‘n’ roll à la Newcombe in “Your mind is my café” e nenie malinconiche nella conclusiva “Stuck to yous“. Mentre il popolino italico-italiota in questi giorni si bea dello squallore, ogni anno sempre più imbarazzante, del festivàl di Sanscemo, noi ringraziamo Anton Newcombe e i suoi Brian Jonestown Massacre per l’ennesimo ottimo full length sfornato al momento giusto, e fatto risuonare ad altissimo volume per tenere i nostri timpani occupati e i nostri cuori lontani dal marciume nazional-popolare imperante. Grazie di esister… ah no, questa frase l’ho già sentita in bocca a un fenomeno da baraccone partorito dalla kermesse sanremese. E allora correggiamo il tiro, e al menestrello losangelino/berlinese ci sentiamo di dire, semplicemente: Grazie per esserci ancora.
Peculiarità queste che certo non difettano ai marchigiani Rootworkers che nei sei pezzi di questo ep battono con personalità le strade indicate ed aperte da band quali Allman Brothers Band…
Questo disco è una cassetta e solo in cassetta è come vi consiglio di ascoltarlo; così come il supporto dove si decide di dipingere è importante per definire la luce, il contrasto, l’impatto del colore e le sue sfumature, così è importante la musicassetta per cogliere l’immaginario di Klint, le sue visioni sonore su di un mondo senza tempo, che iniziano nel 1021 e stazionano, temporaneamente, nel 2023.
Torniamo con grande gioia a parlare di una delle etichette del sottobosco musicale italiano e più precisamente ligure, ovvero di Musica Orizzontale, una delle parabole più interessanti ed eretiche uscite dall’estremo ponente ligure. Sonno. – Supervoids
Dopo un silenzio discografico durato quattro anni (escludendo split singles e la ristampa espansa del 2021 per il trentennale di “Every good boy deserves fudge”, infatti, risale al 2019 l’ultima pubblicazione di materiale ufficiale, l’Ep “Morning in America”) tornano i Mudhoney
Still No One -This is fuel: esordio discografico sulla lunga distanza per i trevigiani Still No One dal titolo “ This is fuel”, autoprodotto.