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Recensione : Sator – Scorching Sunlight

SATOR SCORCHING SUNLIGHT: Altro ottimo lavoro della Sludge/Doom band ligure. Scorching Sunlight è un ep tetro, cupo, fangoso, e per questo un “must” per gli amanti del genere.

SATOR - SCORCHING SUNLIGHT

Impantanarsi nel “fango”, quasi radioattivo, dei Sator è sempre un piacere. I Nostri – genovesi, e quindi per il sottoscritto, motivo di orgoglio – nascono esattamente 7 anni fa; ma è solo due anni dopo che salgono alla ribalta con il full-lenght omonimo, inizialmente autoprodotto, e successivamente pubblicato per la genovese Taxi Driver Records.
Poco più di 44 minuti e cinque tracce (anche se non siete forti in matematica, il calcolo è facile), mostrano sin da subito l’atteggiamento e l’orientamento musicale dei tre liguri, ossia verso sonorità pesantissime, la cui cupezza veleggia mortifera su mari sludge, che, se ancor possibile, ne rallentano i tempi, rendendo il loro sound un funereo incedere di note lente, anzi lentissime.

Nel 2017 escono con Ordeal per l’Argonauta Records, confermando quanto già di buono, i Nostri avessero espresso nel debutto. Pian piano, molto lentamente, con la sensazione che il tempo si sia fermato, giungiamo a Dicembre 2019 (pare la data scelta per l’uscita, sia stata proprio il 25…) con un altro ottimo lavoro: l’ep “Scorching Sunlight” (preceduto da uno split con i milanesi Evil Cosby).

E qui, l’essenza “mud” del loro lavoro, emerge in tutta la sua (sporca) pienezza. Meno passaggi stoner, rispetto al passato, ma incredibile struttura doom che ci avvolge in un delirio di drammatica indolenza. Il brano di apertura, ossia la title track, è un assoluto vilipendio (in senso buono) di tutto ciò che sia luce, allegria e gioia. Quasi trenta minuti di ombre e oscure nuvole, che avvolgono i nostri padiglioni auricolari giungendo alla nostra anima, annichilendola, lordando ogni parvenza di restante purezza, con fango e ogni specie di liquido fognario.

La straziante voce di Valerio Donati, e le agghiaccianti distorsioni sonore delle “altre corde, quelle non vocali”, storpiano il nostro sorriso, in una smorfia di acuto, ma masochisticamente, piacevole, dolore. E non ci va bene neanche con la successiva “Mesmerism”, strumentale psichedelico tetro omaggio al colore nero, che riesce a far passare la precedente traccia, come un motivo quasi allegro: devastante delirio sonoro!

La terza traccia “Lament” (quindi cosa vi aspettate?) sembra il prosieguo della precedente, nella sua ombrosa linearità. Qui, la voce, danza su una base ritmica quasi tribale; interessante il dialogo tra le pelli di Drugo (all’anagrafe Michelangelo Druido Piergallini), il growl strascicato e profondo (molto Doom Death ad onor del vero), e la lamentosa melodia (quasi salmodia, vista la ripetitività delle note) di Mauro Sciaccaluga (chitarra).

Il tutto termina con la cover del brano “A Forest” dei Cure. Ovviamente non aspettatevi il ritmo post-punk dell’originale, sebbene i ragazzi riescano, pur storpiando verosimilmente la basilare melodia gothic del brano di Smith & Soci, grazie anche ad una sapiente distorsione delle sei corde (molto ottantiana), a non privarci del tutto dell’essenza primeva del Cure’ sound; diciamo, in definitiva, che sembra un brano New Wave, passato al setaccio, a grani piccoli, per ricavarne solo i momenti più oscuri e psicho-gotici.

Per concludere, dall’ascolto dei Sator, si esce sporchi, anzi sporchissimi…ma d’altronde, non è quello che volevamo?

Track List
1. Scorching Sunlight 29:19
2. Mesmerism 10:12
3. Lament 08:47
4. A Forest (The Cure cover) 09:54

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