iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999

Still Crazy

Still Crazy: Il rock e il cinema, un rapporto di amore/odio che dura da decenni e che, a tratti, ha regalato pellicole epocali , indi...

Il rock e il cinema, un rapporto di amore/odio che dura da decenni e che, a tratti, ha regalato pellicole epocali , indimenticabili opere, che le immagini sul grande schermo hanno glorificato.

Jesus Christ Superstar, Tommy, The Wall sono i primi titoli che un appassionato di musica ha visto almeno una volta e dove il rock e il cinema, insieme, hanno trovato il perfetto equilibrio, donando splendida arte.
Ma, dove il cinema ha sempre fallito, o quasi, è stato nel momento di entrare nel mondo della musica del diavolo, troppo complessa e piena di sottili equilibri per essere raccontata nel modo più fedele possibile e troppo intricate le personalità dei protagonisti, per non cadere nel tipico clichè del musicista = tossico = ammazzafemmine = il nulla.
A cavallo del nuovo millennio tra il 1999 ed il 2001, dopo un po di anni dove il rock nelle sale era una chimera, uscirono tre film, che prendedo spunto da storie diverse, riportarono all’attenzione degli appassionati cinefili il mondo neanche tanto dorato del rock’n’roll: Rockstar del 2001, Almost famous del 2000 e Still Crazy del 1999.
Ed è proprio dell’ultimo e meno famoso film britannico(uscito per primo ma passato praticamente innosservato) che andremo a parlare, bellissima pellicola che senza strafare, ma con molta emozionalità e autoironia, dipingeva il tentativo di rinascita di una vecchia band degli anni settanta, scioltasi per i soliti contrasti e gli eccessi dei suoi protagonisti.
A differenza per esempio di Almoust Famous, pellicola dalle citazioni eccellenti nella colonna sonora, ma alquanto supeficiale e già visto, nel raccontare il mondo del rock, o Rockstar, che raccontava le gesta metallare di un ragazzo, vocalist di una cover band, diventato il frontman dei suoi beniamini(la storia prese lo spunto da quella reale di Ripper Owens, sostituto di Rob Halford nei Judas Priest, con cui registrò due album), Still Crazy affronta le frustazioni di cinque musicisti ai quali il fato e le esagerazioni da giovani rockstar hanno compromesso la carriera, ancora prima che questa potesse decollare, così da affrontare la vita “reale”, ognuno con le propie sconfitte e problematiche, assolutamente diversi, ma uniti dallo stesso inesorabile fallimento.
Ne escono personaggi notevoli, come lo scorbutico e scontroso bassista Les Wickes, riparatore di tetti, una famiglia da mantenere ed il rancore per il cantante, l’unico del gruppo che si ostina a vivere da rockstar, patetico nel suo ostentare una giovane moglie ed una villa ipotecata, interpretato da un Bill Nighy sopra le righe e il batterista Beano, dalla battuta facile e la vita sprecata in una rulotte nel giardino della madre.
Intorno un gruppo di attori bravissimi, ed una storia che umanizza il mondo dei “perdenti del rock”, molte volte malinconica, ma a modo suo, una sarcastica parentesi su chi vive all’ombra del mainstreem.
La storia si riassume in poche righe: il tastierista del gruppo( gli Strange Fruits) si mette alla ricerca dei suoi ex compari per riunire il gruppo e suonare al festival di Wisbech del 1998.
Aiutato da Karen ex assistente del gruppo negli anni settanta, ritrova uno ad uno tutti i musicisti e tra varie peripezie, partono per un tour di rodaggio in Europa, con il fantasma di Brian, chitarrista che tutti credono morto, ed un nuovo axeman; il giovane Luke.
Il film ha delle trovate divertenti, ma anche molte parti malinconiche, la tensione, mai sopita tra i protagonisti ed il rammarico che ognuno di loro porta con se per quello che non è stato, porta ad inevitabili scontri, fino alla scoperta che il presunto chitarrista è vivo e vegeto, anche se psicologicamente debilitato dalle droghe assunte in gioventù e ospite in una clinica.
Amori mai sopiti, una canzone mai suonata e che molti ne denunciano la paternità, situazioni imbarazzanti da tour, portano al gran finale, dove il gruppo riesce finalmente unito, a suonare, insieme al vecchio chitarrista le famosa song (The Flame Still Burns) davanti al pubblico in delirio.
Le citazioni nel film non mancano: la pellicola si ispira a grandi linee alla reunion dei rockers Animals, le musiche e i testi sono stati scritti da Mick Jones e Chris Difford, rispettivamente componenti di Foreigner e Squeeze, mentre il titolo del film cita Still Crazy After All These Years di Paul Simon.
Se amate il rock non potete perdervi questa pellicola: bellissima, ironica, sarcastica, struggente e composta da una bellissima colonna sonora … viva il rock, viva gli Strange Fruits!

regia di Brian Gibson

Interpreti principali:
Stephen Rea: Tony Costello
Billy Connolly: Hughie
Jimmy Nail: Les Wickes
Timothy Spall: David ‘Beano’ Baggot
Juliet Aubrey: Karen Knowles
Bill Nighy: Ray Simms
Bruce Robinson: Brian Lovell

Share:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn
Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

The Queen Is Dead Volume 129 – Reese, Zed & Dalia Nera, Deep Valley Blues.

Come capita sempre più spesso, non per nazionalismo ma perché in Italia nell’underground ci sono ottime cose, in questa puntata ci sono tre gruppi italiani : si parte con i vicentini Reese e il loro post hardcore misto ad emo, seguono i siciliani Zed & Dalia Nera che sono un gradito ritorno, e chiude l’heavy blues maledetto dei calabresi Deep Valley Blues.

Frontiere Sonore Radio Show #8

Monos, Klo’s quintet, REMY VERREAULT, Linda Silver, The Men, Roberto Colombo, Roger Robinson, Vagina Moster, Sly Asher & Les Vieux Mogos ecco gli ingredienti di questa ottava puntata

The Dictators – s/t

The Dictators: col loro proto-punk del debut album “Go girl crazy!” e dischi come “Manifest destiny” e “Bloodbrothers”, e capeggiati dal frontman Handsome Dick Manitoba, sono stati tra le band che, nella prima metà dei Seventies, hanno inaugurato (e anche chiuso, trent’anni più tardi)