Mi chiamo Clara, voglio raccontarvi questa storia di paura.
Al buio, nella mia cameretta, l’altra notte ho visto un mostro. Puzzava di zolfo, era pallido e orribile, aveva sette teste e dieci corna, urlava cose brutte: quasi come le bestemmie del nonno. Prendeva la croce, con quel ragazzo biondo inchiodato, quella che abbiamo a scuola, e ci rideva sopra, la rovesciava, ci sputava su.
Aveva occhi di fiamme, sembrava un drago o un mostro dei cartoni. Diceva: “Io sono dappertutto, conta fino a 666.” Io ho provato, ma so contare solo fino a 100. Non sono brava in matematica.
Forse era un caprone, le sue smorfie mi facevano anche ridere. Aveva degli zoccoli al posto dei piedi. Avevo paura ma mi faceva ridere.
Gli ho chiesto: “Perché sei così arrabbiato?” E lui, con i denti pieni di sangue mi ha detto: “Per colpa tua”. Quasi mi sono messa a piangere. Urlava che era Nerone, Napoleone, Hitler, chissà quanti papi; urlava che doveva vendicarsi, che il suo orgoglio era stato ferito. Aveva una voce da caverna. Mi avrebbe uccisa? Però ridevo. E piangevo. Mi ha gridato che la colpa è nostra, è mia. Che la natura è la sua chiesa e noi la stiamo distruggendo, che la peggiore disgrazia per gli angeli caduti è quella di essere caduti così in basso, nell’umanità, che più in basso non si può.
Io non ho capito.
Mi ha chiesto ancora di contare fino a 666 e mi ha chiamata “stupida bambina”. Io gli ho detto che non avevo voglia di contare e l’ho chiamato “stupido caprone”.
Mi ha guardata fisso negli occhi e ha detto che possiedo la cattiveria stupida del genere umano. Eppure sono una brava bambina. Non proprio bravissima. Ad esempio mi piace conficcare spilli negli occhi delle cavallette, far morire di fame il canarino, stringere il braccino di mio fratello in culla fino a farlo diventare rosso, blu, giallo…
Dico al papà che la maestra mi picchia e alla maestra che il papà mi picchia. Dico alla mamma che papà guarda le donne nude sul computer (e questo è vero!). Metto le puntine da disegno sulla sedia di Matteo, ma quello è down.
Ha spezzato il crocifisso, con quel ragazzo sfigato inchiodato, e me lo ha lanciato contro. (Ma poi perché lo appendono in classe questo morto vivente?) Il caprone-drago almeno lo vedo figo, anche se è incazzato bestia.
Gli ho chiesto se tornerà. Lui mi ha detto che preferisce gli abissi del mare e mille e mille e mille anni di prigione, che si vergogna di come lo abbiamo reso ridicolo, superandolo in malvagità. Non ho capito molto, ma sembrava quasi triste mentre lo diceva, come quando lo sono io se prendo un voto più basso della mia migliore amica.
Stavo per dirgli che mi stava simpatico quando è scomparso all’improvviso. Mi ha detto: “Mi fai paura. Mi fate schifo. Estinguetevi, lasciate respirare questo pianeta, lasciate in pace la mia Natura e la sua sana crudeltà. Mi avete creato a vostra immagine e somiglianza e io ormai mi rifiuto di condurvi al Male, poiché lo sapete pensare e fare molto meglio di me. Sono inutile tanto quanto Cristo.”
Io non ho capito molto.
Lo so che state pensando che magari ho solo fatto un brutto sogno, oppure c’avevo quelle visioni che si fanno prima di addormentarsi.
Il giorno dopo mia mamma ha trovato un crocifisso spezzato sotto al letto ed è scoppiato un pandemonio. Ho detto che non sono stata io ma nessuno mi ha creduta. Avete paura di me o dell’Anticristo?
Testo di Tiziana Grande
Illustrazione di Enrico Mazzone