I Barberos, formazione a tre proveniente da Liverpool (ma con già legami piuttosto stretti con l’Italia), debutta, dopo una serie di ep e 7″, con i sette brani di questo omonimo lavoro. L’album, pubblicato per Offset Records e Dream Machine Records, propone una sorta di cerebrale krautrock imbevuto di math rock e psichedelia prog.
Lo spesso intreccio sonoro di synth e batterie di Return Of The Ladius, lungo oltre sette minuti, apre il disco combinando soluzioni math rock con atmosfere à la Kraftwerk, mentre la successiva The Ladius, naturale prosecuzione del brano precedente, si immerge nel profondo del suono, sviluppando misteriosi tunnel sintetici sempre più astratti, nervosi e allucinati (si ascolti la parte finale). Il clima apparentemente più disteso di Timur, invece, inspessendosi sempre più, nasconde spettri geometrici di difficile decifrazione, lasciando che a seguire siano i silenziosi spiriti della quasi impalpabile Hoyl. Concerto (Reprise) genera una Babilonia sonora lunga quasi nove minuti (dove perdersi non può che essere la norma), cedendo terreno alle emozioni claustrofobiche e spaventose dell’angusta e magmatica Akropolis. Obladden, in conclusione, ancora più tetra, distorta e feroce, mette la parola fine al lavoro per mezzo di deflagrazioni noise difficili da contenere.
Quanto proposto dai Barberos, estremamente lontano dalla tenerezza trasmessa dalla copertina rosa, spiazza e lascia leggermente sconcertati. L’album, infatti, nonostante piaccia per quanto riguarda le strutture generate e l’affascinante complessità dei singoli brani, fatica a trovare un proprio senso logico, risultando, in linea, di massima, una disorientante raccolta di brani math/noise. Insomma, le qualità per fare cose più che valide ci sono, resta solo da imparare a non calcare troppo la mano, evitando di risultare troppo eccessivi e fuori logica.
TRACKLIST
01. The Return Of The Ladius
02. The Ladius
03. Timur
04. Hoyl
05. Concerto (Reprise)
06. Akropolis
07. Obladden
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