Il culto delle AMT è inarrestabile; trovarsi un gruppo del genere lungo il proprio sentiero, spesso ricco di sorprese, riesce talvolta, e questo ne è lo specifico, ad inondare di luce divina.
Ascoltare simil music è pressoché catartico, perché la linea di condotta creativa tracciata in modo originale da questa troupe musicale (cambi ed innesti sono in continuo divenire) ne fornisce il senso partecipativo-comunitario quasi di appartenenza secondo un fluire di scelta casuale dal tono cosmico, fondando nell’ascoltatore un mondo sensorio che si sviluppa nello spazio, al pari della navicella lanciata dalla rampa di lancio e abbandonata dal propulsore madre che ce l’ha condotta con estrema forza a bucare l’atmosfera: e ogni volta il bruco diventa farfalla.
5 pezzi in cartellone: I ENTER (01:57) / ERRORS IN GOLD ROOM (12:41) / ASTROLOGICAL RENDEZ-VOUS (06:34) / FROM PLANET ORB WITH LOVE (19:33) / INVISIBLE EYES AND PHANTOM CATHEDRAL, tali da farci rendere conto, informando pure gli sprovveduti, che l’ensemble ATM ha due peculiarità; non ha paura delle distanze temporali delle tracks, né della lunghezza dei titoli dei brani, degni di uno space-writer che pesca, anche in virtù delle copertine, comunanze coi grupponi del passato e nei generi da loro prodotti e qui miscelati.
Qualche cenno biografico è indispensabile per inquadrare codesti moderni dinosauri del pop+, totalmente invischiati in tematiche primariamente rock ma speziate di Neo-Psychedelia, Noise, Prog&Neo-Prog, Experimental, Etno, Cosmic Music, aderendo a contesti Alternative e Indie completamente in autonomia creativa, immersi sino al midollo in una concettualità superiore, che genera la schietta gioia dei fans, messa in pratica attraverso le tantissime uscite discografiche, cui tenerne il conto è come tentare di uscire da un labirinto (quindi consultare il sito ufficiale).
Tutto comincia attorno al 1995, quando il fondatore Makoto Kawabata con l’intento di dar spazio discografico a voci fuori dal mainstream, mette su il proprio progetto AMT che, a partire dal seminale album “Acid Mothers Temple & the Melting Paraiso U.F.O.” (1997), comincia a definirsi nell’organico e nella ‘mission’ sperimentale e psichedelica intrisa di kraut-rock, istituendo una sorta di ‘collettivo dell’anima’, tipo comune spirituale, condividendo tra i membri valori comuni, e a prendere il volo.
Dopo quella prima prova discografica e relativo tour, le AMT confermano la solida fama di grande live band e nel 2001, anno del 4° album ufficiale, hanno già un doppio live pubblicato e acquisito alcuni strumentisti ancora oggi in formazione, vedi Atsuhi Tsuyama, che da chitarrista diventa il bassista ufficiale, e Higashi Hiroshi, sintetizzatore e chitarra; poi, la cantante + keyboards e synth, Cotton Casino, e il batterista, Ichiraku Yoshimitsu.
Progetti paralleli prendono piede (Floating Flower, Nishinihon e Tsurbami) e molto materiale tratto da essi, e da tant’altri, finirà in un triplo CD (il cui titolo è stato, e forse lo è ancora, il manifesto filosofico della comune, “Fai ciò che vuoi, non fare quello che non vuoi”), accogliendo anche brani delle ATM.
Dopo intensi altri lavori, il 2004 vede l’uscita dalla comune della crazy Cotton Casino, provocando il cambio di nome in Acid Mothers Temple and Cosmic Inferno, un’altra incarnazione cosmica in corsa con la prima, dando alle stampe due album.
Nel 2006 si mira pure a riorganizzare il combo Melting Paraiso U.F.O. , con l’intelligente, rischioso e altamente creativo “Have You Seen The Other Side Of The Sky?”; inoltre, tra il 2006 e il 2007 due ottime new entry, Shimura Kogi alla batteria e la cantante Kitagawa Hao.
Dal 2008 al 2010 un fottìo di album allungano i titoli della collezione ATM, menzionando, sotto l’ala de Acid Mothers Temple & the Melting Paraiso UFO, il gran capolavoro “Crystal Rainbow Pyramid Under the Stars”, ove la pulizia del suono e il versatile ecletticismo mandano ancor più fuori di testa gli accresciuti fans dell’ensemble, abituati a lunghe session ampiamente distorte e generosamente granitiche; mentre i successivi, a questo, due long-running vengono incisi come Acid Mothers Temple & Cosmic Inferno. Stesso il 2009 cataloga ulteriori 4 uscite ufficiali di buoni ed avventurosi album, forieri di esplorazioni cosmiche fra ispirazioni passate e future!
Dal 2010 il passaggio alla Important Records, cui si registrano un mucchio di uscite nel biennio 2010-12, rallentando in seguito le uscite sino ai giorni nostri. Da ricordare “Sons of a Bitches Brew”, omaggio a Miles Davis, e il live su Fire Records con i kraut-rockers Guru Guru e Bardo Pond (“Acid Guru Pond“, 2016); invece, del 2017 è la collaborazione con le Afrirampo.
E finalmente giungiamo a parlare dell’ultimo capitolo attribuito a Acid Mothers Temple And The Melting Paraiso U.F.O., dal titolo, Sacred And Inviolable Phase Shift, (preceduto sul finire del 2018 da “Reverse Of Rebirth In Universe”, un altro classico del combo).
L’aspetto pop è molto privilegiato; puntando il dito sulla track N°4, può sembrare essere uscita dal carnet armonico degli Stone Roses e frullata sotto l’incedere di ipnotiche soul cantilene mantra dal taglio sixties/hippy/trippy, in via naturale incendiate dal libero assolo di Kawabata che la tiene infilzata in punta di coltello, attraversando in tondo la atomo-track dalle velocissime orbite di elettroni-strings, e da lì la sua spiegata brillantezza, cucita come un mantello regale finemente arricchito di pietre preziose e sgargianti orlature d’oro.
Il secondo episodio del “Sacred And Inviolable Phase Shift” è di tutt’altra caratura; parte a bomba e il concertistico rigore acido emerge velocissimo tramite gli indiavolati strumenti.
Poi un rallentamento seppur tensivo nel quale il basso inscena un giro accattivante e il vocalist altalena sul jingle, è giusto una sosta, poi di nuovo lo speed: basso, chitarra e batteria prorompono in pazzia sotto accordi che rigano minacciosi… e così via; valoroso ‘stop and go’ psycho-planetario, con finalino esausto, ormai sbrindellato dalla foga.
I sei minuti di “Astrological Rendez-Vous” hanno un che di pop elettronico giapponese, polverizzando lo shibuya-kei innocente, sognante e a ruota libera, del primo Cornelius… Le AMT espletano un melodicissimo cantato che si ripete senza mai staccare, guidato dalla metodica geniale psichedelia, offrendo concreta suggestione e virulenza acida.
I 27 minuti che terminano il discone ricordano in minima misura gli Ozric Tentacles e forse anche certa energia Chemical Brothers, ma più di tutti sembrerebbe una strafica riproposizione di Mother Sky dei Can e va comunque a costituire il pezzo più bello dell’album sin dalla iniziale bella piega intrapresa dal cantato, che rimbalza a oltranza sulle corde spazio-cerebrali dilatando il pop rock in salsa kraut all’inverosimile, sfociando in un udibile testo ultra-rock! Aprendo tutti i boccaporti della corrente line-up, Makoto Kawabata (speed guru), guitar e synth, Hiroshi Higashi synth, Wolf al basso, Nani Satoshima alle drums e il recente ingresso di Jyonson Tsu on vocal, guitar e bouzouki, si diffondono le raggiunte frequenze mettendo i sensi a disposizione dell’infinito in questa genialoide multi-influenzata (dal kraut a Miles Davis, passando per Hendrix, spruzzando C,S,N & Y…) sbrogliata sonda interplanetaria.
Track List
01. I Enter
02. Errors In Gold Room
03. Astrological Rendezvous
04. From Planet Orb With Love – Good-bye Mrs. Uranus
05. Invisible Eyes And Phantom Cathedral (Bonus Track)