L’idea del libro parte da una foto scattata nell’aprile del 2014 a Damasco, ritrae un ragazzo al pianoforte in mezzo a palazzi divelti, macerie accatastate, in questa città lasciata morire lentamente.
Il ragazzo si chiama Aeham Ahmad ed aveva un complesso musicale, su YouTube già famoso. Lui è divenuto agli occhi del mondo simbolo dell’Arte contro l’orrore della guerra. La storia si svolge nel quartiere palestinese Yarmouk, vediamo Aeham ragazzino, col desiderio impellente di fare musica, ma qui nessuno possiede uno strumento.
Conosceremo il padre, uomo testardo e intelligente, che voleva fare il falegname pur essendo cieco e lo diventa, che si fa in quattro per trovare un pianoforte al figlio e lo trova, che ha imparato ad accordarglielo e poi diventa un bravo accordatore.
Le persone che prendono forma in queste pagine hanno una tempra, una tenacia che rasenta lo straordinario.
Però la guerra ha incrinato la purezza dell’autore e la fede nell’Arte che eleva l’uomo; in fondo è proprio l’Arte che ha portato alla morte la ragazzina di tredici anni che cantava nella sua band. Ahmad non riuscirà mai a perdonarselo, non doveva esporre ragazzi così giovani al pericolo.
Chi ha perso tutto e deve continuare a convivere con un dolore troppo grande, da qualche parte nel cuore deve ricordarsi che “la menta è ancora verde, va solo innaffiata””.
Ecco, l’unica cosa che può fare l’Arte è “ricordarci che siamo vivi” -dice Ahmad.
Edizioni: ed. La nave di Teseo