Dopo l’uscita del loro splendido Il Punto di Partenza ci siamo fatti due chiacchiere con Madaski e Bunna, due personaggi che hanno tanto da dire.
Scaricatevi in free download il disco sul sito www.africaunite.com e leggetevi l’intervista !!!
iye Ciao, quale è stata la motivazione dell’offrire il disco in free download ?
Madaski: Pensiamo che il mercato discografico, come è stato sinora concepito, sia in gravissime difficoltà e che, nel nostro specifico caso, non ci serva più avere un rapporto con una etichetta.
Scegliamo dunque di tornare all’autoproduzione totale e a regalare il nostro prodotto per potenziare ulteriormente il “live”,la dimensione che più ha caratterizzato l’attività di Africa Unite dalla nascita della band.
Ora esistono i mezzi per farlo ed ottenere ottimi risultati … infatti Il Punto di Partenza sta ottenendo migliaia e migliaia di downloads.
Bunna: Gli Africa hanno sempre basato la loro sopravvivenza sui concerti; in questo preciso momento storico abbiamo pensato che fosse una buona cosa regalare il disco affinchè la musica potesse circolare il piu’ possibile e, di conseguenza, potesse richiamare più gente possibile ai concerti,che sono la situazione dove ci troviamo maggiormente a nostro agio e sono una delle poche cose che non sono “masterizzabili”.
Le sensazioni che si provano ad un live non c’è altro modo di provarle se non stando lì, sotto il palco.
iye Cosa è cambiato secondo voi in questi ultimi anni nella fruizione della musica ?
M: Più diretta, più veloce, a volte meno attenta, e questo non mi piace; in generale più facile da reperire, il chè toglie a volte un po’ di impegno al fruitore stesso che diventa più generalista, ma comunque si è fatto un bel passo avanti …
B: La nostra generazione è stata abituata ad amare ed apprezzare il supporto fisico, le musicassette prima, i vinili e i cd poi.
Penso che il fatto di essere cosi’ legati all’oggetto rappresentasse anche un modo per scoprire piu’ cose possibili sul tuo gruppo o cantante preferito.
Si guardavano le foto,si leggevano i testi,i crediti di copertina.Col passare del tempo queste cose sono sicuramente cambiate: ormai vai su Google e puoi sapere vita morte e miracoli di chiunque, tutto è diventato “on demand”.
Addirittura siamo quasi arrivati a vedere il download come una cosa superata o inutile.
Perché occupare spazio nell’hard disk quando puoi ascoltare la tua musica preferita in streaming?
Quando vuoi ascoltare qualcosa schiacci play, quando ti sei stufato stop,e cosi’ via. E’ un po’ come l’esempio che sentii fare, una decina di anni fa, ad un’incontro sull’evoluzione digitale della musica dove Sergio Messina, un amico nonché esperto dell’argomento, raccontava “a casa non teniamo bidoni pieni d’acqua, quando ci serve apriamo il rubinetto, quando non ci serve piu’ lo chiudiamo“.
Ed eccoci arrivati!
iye Il testo di “Riflessioni” è bellissimo, come è stato accolto dalla gente vicino a voi ?
M: Direi molto bene, ci arrivano un sacco di messaggi a proposito. E’ il nostro manifesto di reggae laico e staccato da quelli che sono i clichè che caratterizzano questo genere.
Non è una novità, semplicemente riassume in musica le posizioni che abbiamo sempre espresso.
Come sempre una canzone è più potenete di mille parole e suscita il dibattito … esattamente ciò che volevamo fare.
Non si vuol essere certo impositivi, semplicemente avere un pensiero chiaro e la forza di affermarlo, nel rispetto delle opinioni diverse.
B: Il testo di “Riflessioni” ha suscitato pareri controversi: la gente che ci conosce da tempo sapeva come la pensavamo su certi argomenti,non abbiamo mai nascosto la nostra opinione e la distanza da tutta una serie di elementi legati all’immaginario del reggae.
Invece una certa parte del reggae italiano piu’ ortodosso ha interpretato il pezzo come se gli Africa volessero insegnare qualcosa o imporre la loro visione come quella giusta.
Cosi’ non è: gli Africa in Riflessioni spiegano la loro posizione su tutte quelle cose che non ci hanno mai interessato.
Il misticismo legato al reggae, l’utilizzo della marjuana, sono cose lontane dal nostro modo di vedere le cose.
Nelle canzoni abbiamo sempre cercato di parlare di cose “nostre”, che ci appartengono, abbiamo sempre ricercato la coerenza e la credibilità.
Noi siamo italiani, non viviamo in un ghetto di Kingston, e ci rivolgiamo principalmente ad un pubblico che parla la nostra lingua: questo è il motivo per il quale vogliamo usare un linguaggio comprensibile ai nostri.
I testi riteniamo debbano essere importanti quanto la musica.
iye Cosa può essere e soprattutto cosa non dovrebbe essere il reggae italiano ?
M: La nostra opinione è molto chiara: ispirato ma slegato dai clichè giamaicani, il più originale possibile … con soluzioni stilistiche varie e che tengano conto della nostra cultura musicale europea, culla della musica nei secoli e, specialmente, in italiano ….
L’uso della nostra lingua è per noi fondamentale per esprimere concetti vicini e comprensibili.
Il patois giamaicano nasce dallo stesso principio, non è inglese puro ma contaminato, espressione diretta di un modo di essere, ma noi siamo italiani e non possiamo fare copia incolla di modi di dire non nostri e che non riguardino la nostra cultura. Mi pare un operazione piuttosto sterile.
Stimo molto due esempi positivi: il SudSound System che ha usato, da sempre, il suo patois a denominazione di origine controllata, il dialetto salentino, e Alberto D’Ascola “Alborosie” che è diventato “giamaicano” e, quindi, dopo un duro lavoro, ben padroneggia il suo modulo espressivo .
B: Il reggae, a nostro parere, è una musica molto bella, noi ce ne siamo innamorati ascoltando Marley e apprezzando l’utilizzo che ne faceva.
La musica era, per lui, un veicolo per dire delle cose, esprimere opinioni e dare voce a chi non ne aveva.
Questa attitudine è stata quella che abbiamo sempre cercato di tenere anche nel momento in cui abbiamo cominciato a scrivere musica nostra.
La scena del reggae, in italia, in questi ultimi anni è cresciuta molto, questo grazie ai gruppi e alle situazioni che da anni cercano di diffondere il ritmo in levare. Gruppi come gli Africa, i Sud Sound System, i Pitura Freska, festival come il Rototom Sunsplash sono sicuramente “colpevoli” di questa crescita. Anche tecnicamente negli anni la qualità è migliorata tantissimo.
Forse si può dire che Alborosie abbia segnato un po’ una svolta: il dopo Alborosie ha visto nascere dei gruppi che, a differenza degli Africa, ricercano una strada europea, internazionale, da qui anche l’utilizzo del patwa giamaicano, che sembra essere diventata, in qualche modo, la lingua ufficiale del genere.
E’ questione di scelte. Aldilà di tutto, penso che la scena reggae italiana sia molto evoluta e possa vantare al suo interno gruppi e artisti molto talentuosi. I Mellow Mood, Raphael, Mama Marjas, Lion D, i Boom Da Bash e molti altri rappresentano la nuova era del reggae nostrano. E’ anche importante che ci siano elementi di differenzazione nella scena,così forse riusciremo a convincere anche i più scettici che il reggae non è tutto uguale.
iye La produzione del disco è pressochè pefetta: quale è il vostro metodo di lavoro ?
M: Grazie. Il mio lavoro di produttore è molto metodico e la ricetta è molto semplice: vado in studio alle 7 di mattino e ci rimango fino alle 7 di sera, Bunna mi manda alcuni pezzi, li rielaboro, scrivo i testi e glieli ripasso affinchè li rielabori a sua volta.
Registriamo gli strumenti con gli altri musicisti della band, le voci e, infine, mi prendo molto tempo per le decisioni finali e i mix.
B: Fondamentalmente, negli anni, abbiamo messo a punto un metodo che funziona e quindi non l’abbiamo mai cambiato. Io imbastisco a livello armonico e melodico le canzoni e da lì in poi, con Madaski, ci rimbalziamo i files che man mano prendono forma.
Solitamente la prima stesura del cantato è fatta in gramlò, una lingua indefinita similinglese che ben si presta alla composizione delle melodie. Madaski chiaramente ottimizza produce e arrangia il tutto e poi quando si tratta dei testi, il piu’ delle volte io scrivo i pezzi in inglese e Madaski quelli in italiano. Tutto qui. Squadra che vince non si cambia.
iye Cosa vi aspettate da questo disco ?
M: Un sacco di downloads e, conseguentemente, un sacco di gente ai concerti. Molto semplice.
B: Ci aspettiamo di fare un sacco di concerti con un sacco di pubblico che apprezzi la nostra musica.
iye Avete in serbo sorprese per i concerti ?
M: I concerti di solito riservano a noi le sorprese … quando sali sul palco non sai mai esattamente cosa succederà… ed è questo il bello!!
B: Niente di particolare. Forse l’unica novità è che, per questo tour, abbiamo messo a punto uno show impostato un po’ come fosse un dj set, quindi tutto “mixato”. Nell’arco delle due ore di concerto suoniamo in tutto più di 30 pezzi.
iye Qual’è il consuntivo di tanti anni di carriera ?
M: Direi estremamente positivo … in numeri sono circa 2500 concerti, alcune centinaia di migliaia di dischi venduti ma, specialmente, la voglia di fare un disco dopo 35 anni che si intitoli Il Punto di Partenza …Esplicativo?
B: Siamo contenti di quello che abbiamo ottenuto e stiamo ottenendo ancora. Abbiamo fatto diventare realtà quello che era solamente un sogno. Cosa possiamo chiedere di piu’?
iye Grazie di essere ciò che siete
M: Grazie a chi ci ha seguito finora e, speriamo, continuerà a farlo, ma un grazie speciale a chi non ci conosce ancora e un giorno si incuriosirà !!
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