Per ascoltare questo disco occorrono nervi di ferro arrugginito, un’ infezione perenne color tetano sulla viva carne; lo sprezzo per il destino, una scarsa percezione di sé proiettata in un domani ipotetico ma mai fattibile. Si vive per l’ oggi, attingendo dal passato e ignorando il futuro.
Occorrono whiskey solitari bevuti al bancone di pub disperati e violenti. Serve esser stati licenziati per cattiva condotta, tradotti in caserma per disturbo della quiete pubblica, ubriachezza molesta con il cuore in frantumi.
Occorrono serenate stonate cantate a squarciagola sotto il balcone di lei e finire all’ ospedale per le percosse del fratello e del padre. Occorre aver pronunciato barili di Ti Amo per nulla, senza avere mai ricevuto niente in ritorno. Certe cose si fanno solo se si ha la ferma consapevolezza di aver perso già in partenza. Vincere è l’ atto meno poetico cui si possa pensare e secondo il quale agire.
Occorre aver trascorso domeniche pomeriggio stesi su di un letto a chiedersi che si è fatto la sera prima, domandarsi se quella bottiglia rotta in testa era un sogno o una realtà, toccarsi la testa, sentire la cicatrice, il sangue rappreso, e riderci sopra.
Ritrovarsi a riallacciare i ricordi agli anni ’90, un’ adolescenza già segnata nel suo percorso “tutto è stato già fatto, tutto è stato già detto, tutto è stato già scritto, voi siete una generazione X” senza senso, senza scopo, senza direzione. Ti ritrovavi all’ improvviso a giurare fedeltà ad un Punk Rock contraddistinto dalla bassa fedeltà, da un nichilismo tardo romantico, dove credere in qualcosa era già di per sé una sconfitta e per la prima volta provavi (e forse non avresti più provato) un entusiasmo mai percepito nella tua quotidianità:
la sensazione di essere parte di un’ Internazionale di perdigiorno, sfigati per diritto di nascita, nati troppo tardi per le proteste di piazza e per le molotov e troppo presto per qualsiasi altra cosa.
Non c’ era niente per cui combattere, tanto valeva ballare un Rock N Roll ossessivo, sgarbato e sboccato, figlio di una tradizione nata molto prima di te, tra campi di cotone, sostanze lisergiche, gruppi troppo onesti per essere presi seriamente in considerazione.
A ripensarci, il revival Garage Punk degli anni ’90 era molto più una figata di qualsiasi disegno ideologicamente strutturato per una società perfetta. La perfezione, che schifo.
Ascoltando un disco così, questo omonimo degli Angel Face (faccia d’angelo, un nome che profuma di gangster e whiskey di contrabbando), gruppo che vanta Fifi, ex Teengenerate, in formazione, viene proprio spontaneo ripensare a quei giorni fatti di incomprensioni, incapacità di uniformarsi ad un modello poco chiaro anche a chi te lo imponeva, e non per nostalgia, nossignore, ma solo per rendersi conto che, nella vita, capita di sentirsi traditi, da delle persone, da delle ideologie, alle volte persino da se stessi, ma questo modo di intendere il Rock N Roll non ti ha mai tradito, non ti ha mai abbandonato o bidonato; era l’ unica cosa in cui potevi credere e tu ci hai creduto, tra nervi di ferro arrugginito, whiskey solitari, licenziamenti, fermi sbirreschi, parenti iperprotettivi e maneschi della tua Giulietta, serenate ebbre e stonate, e lui non ti ha lasciato solo. Mai.
Quel che non occorre per ascoltare questo disco è veramente poca roba: la spocchia dell’ ascoltatore erudito che è una figura che, già di per sé e al solo figurarselo, fa pure un po’ ridere e, di fatto, non sono neanche tanto certo che al mondo esista qualcuno che possa proclamarsi davvero tale, e una passione smodata per i suoni definiti e compatti che, a dirla tutta, è una cosa abbastanza ridicola se cucita addosso a chi dice di amare il vero Rock N Roll (se pensate che il vero Rock N Roll sia un termine senza significato e sia prettamente soggettivo, state alla larga da questo disco). Essere uno che rimbalza tra un genere ed un altro a seconda del momento e della sensazione generale. Questo disco non segue nessuna moda, perché questo non è una moda, è uno stile di vita, una percezione del mondo, un approccio all’ esistente.
Ascoltatevelo, sbronzatevi, fatevi male.