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Recensione : Ashes Of Nowhere – Emptiness

Gli Ashes Of Nowhere prediligono un black dal mood malinconico che porta sovente il sound a lambire territori post metal, andando ad arricchire non poco una proposta che non mostra crepe.

Atto d’esordio per gli italiani Ashes of Nowhere, band della quale poco si sa se non che si cimenta in una forma di black piuttosto ambiziosa sia per costruzione sonora, sia per il concept che vi sta dietro (basato, secondo quanto ci è dato sapere dalle loro scarne note biografiche, “sul rapporto dell’uomo con la morte, il tempo e il desiderio”).

Diciamo subito che Emptiness è un gran bel lavoro, nel quale il genere viene reso badando di affidare ad ogni brano una precisa linea melodica, capace di avvincere in virtù di una misura ideale nel miscelare i vari strumenti; il tutto viene valorizzato da una produzione decisamente buona in rapporto agli standard abituali, nella quale non viene sacrificato, come spesso accade, l’aspetto vocale, che qui invece si rivela autentico punto di forza grazie al ricorso ad uno screaming efferato e molto personale, alternato a passaggi in growl, talvolta in clean, e con diversi inserti anche femminili.
Insomma, quello che abbiamo per le mani è un album nel quale si scorge la volontà degli Ashes Of Nowhere di badare comunque molto alla sostanza, evitando di perdersi in passaggi interlocutori o in sfuriate eccessivamente violente ma fini a sé stesse: i nostri infatti paiono prediligere un mood malinconico che, oltre a risultare adeguato al concept, porta il sound su territori post metal andando ad arricchire non poco una proposta che non mostra crepe, a meno che l’ascoltatore non sia un fan sfegatato del black nelle sue forme più ortodosse.
In effetti il genere, così come viene proposto dagli Ashes Of Nowhere, viene piegato alle esigenze di un viaggio nell’abisso più oscuro e temibile quale è la psiche umana, e questo ovviamente poco si addice a chi invece vorrebbe ascoltare blasfemie a profusione oppure racconti basati su miti e divinità lontane da noi cronologicamente o culturalmente.
Si è detto dello scream del vocalist, che ricorda non poco quello di Ansgar Zöschg nel magnifico “Still in the Grey Dying…” degli Evenfall, e anche certe soluzioni melodiche richiamano alla memoria quell’opera (specialmente in un brano come Blind), salvo il fatto che gli Ashes Of Nowhere, rispetto alla storica band altoatesina, sfruttano molto meno la chitarra nella sua veste solista e viaggiano complessivamente a velocità più ridotte, puntando maggiormente sul lato evocativo del sound.
Emptiness offre quasi un’ora di buonissima musica che trova la sua esaltazione in brani coinvolgenti come Finest Pain e nella già citata Blind, ma è l’intero disco nel suo insieme che convince non poco, almeno chi, come il sottoscritto, apprezza un sound pervaso da un’aura angosciante come quella che si staglia sullo sfondo delle composizioni degli Ashes Of Nowhere.
Poi è chiaro che, come sempre, le etichette affibbiate ad un album o ad una band possono divenire fuorvianti: qui il black metal è solo una componente di un assieme più composito e ci sta, quindi, che chi si approccia agi Ashes Of Nowhere con aspettative di un certo tipo, possa restare spiazzato trovandosi incapace di godere, invece, di tutte le sfumature che confluiscono in un lavoro in cui melodia e asprezza, rabbia e dolore, convivono e si fondono in maniera oltremodo sodddisfacente, andando ben oltre tutte quelle che possono essere le possibili considerazioni sui meri aspetti tecnici o stilistici della proposta.

Tracklist:
1.Empty world
2.Journey in the abyss of emptiness
3.Finest pain
4.Blind
5.Grains of sand
6.Lullaby for the dead
7.Buried

ASHES OF NOWHERE – Facebook

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