iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999

Bauhaus – In The Flat Field (1980)

Bauhaus – In The Flat Field (1980): BAUHAUS – IN THE FLAT FIELD (1980) Luogo: Parco della Maggia,Quarrata Periodo: primi anni'80 Reduci da una nottat...

BAUHAUS – IN THE FLAT FIELD (1980)

Luogo: Parco della Maggia,Quarrata
Periodo: primi anni’80

Reduci da una nottata brava a Riccione,in piena estate,la città era affollata da meccaloni (i frikkettoni ke frequentavano le discoteke afro). Avevamo fatto scorta di micropunte arrivate freske freske da Amsterdam.
Dato ke quello della sera prima era stato il miglior trip ke mi fossi mai fatto,decidemmo di replicare
nel bosco della Maggia il pomeriggio.
La Ford parkeggiata in mezzo agli alberi,io e Ugo stravaccati ad aspettare gli effetti acidofili e Tonio,col suo accento siculo-toscano,ke diceva: “Questa è la musica giusta x la situazione”.

Così cominciava la tortura della goccia cinese:”plin…plin…”(e non è la pubblicità dell’acqua ke fa pisciare). La kitarra distorta di KEVIN HASKINS introduceva questa cantilena gothica,dove la voce di MURPHY (sì,proprio quello di Z-NATION!) ci ipnotizzava fino a salire a toccare i rami + alti nel bosco (“I DARE YOU TO BE REAL…),fino a ke il ritmo tribale interrompeva e ci lasciava cadere su 1 letto di foglie sekke.
Io ero abituato ai CLASH,ai DEAD KENNEDYS,ai SEX PISTOLS,quelli sembravano inkazzati,ma facevano R’N’R,roba + allegra;questi invece erano punk,erano glam,ma sembravano sopratutto l’incarnazione del male.

E la cosa mi piaceva!

Poi il tempo forsennato di “IN THE FLAT FIELD” ci trasportava sempre + lontano (“I DO GET BORED,I GET BORED IN THE FLAT FIELD”)fino a sentirci i protagonisti del tempo,della musica,padroni della nostra e della vostra esistenza…
I suoni deraglianti e dissonanti della kitarra accompagnavano i cori ed il pezzo sfumava,l’arpeggio introduceva 1 riff accompagnato dai piatti ed il basso sottolineava tutto il malessere del brano e quella voce così maleficamente BOWIEana ci mostrava “A GOD IN AN ALCOVE”.

“DIVE” era 1 nuovo modo di suonare PUNK,1 punto a cui gli altri eroi della WAVE (leggi JOY DIVISION,PIL,CURE) non sarebbero mai arrivati.
Così arrivò 1 attimo di pace (si fa x dire). “THE SPY IN THE CAB”,senza conoscere il testo ci comunicava 1 senso di paranoia,quel preciso momento in cui SAI ke tutti ti stanno osservando e ti spiano…”I SPY WITH MY LITTLE EYE:::” Quel ritornello condito dal feedback di HASKINS sembrava non aver fine.
Non so se ad 1 certo punto qualcuno girò la cassetta in makkina (sicuro ke ancora non c’era
l’autoreverse).

I tamburi di DANIEL ASH ricominciarono a pikkiare,suo fratello (DAVID J,bassista)andava dritto sul monotono,HASKINS splettrava con la cartavetro ed il blues extraterrestre di”SMALL TALK STINKS” proseguiva fuori e dentro ai nostri cervelli.

L’atmosfera si ricaldò ancora al ritmo di “ST.VITUS DANCE”,gli alberi intorno cercavano di muoversi con noi,scuotendo le radici sottoterra ed inondando il bosco di polvere.
Quando iniziò la messa nera eravamo in piena estasi;con “STIGMATA MARTYR” cominciai ad aver dubbi sul mio ateismo.Non x niente,ma se esiste il demonio deve pur esserci anke 1 dio.
Il ritmo ossessivo del basso mi stava avicinando sempre di + alla pazzia e la voce di MURPHY ke urlava “IN NOMINE PATRI ET FILII ET SPIRITUM SANCTUM” mi lasciò senza respiro. Non sapevo se continuare ad ascoltare quel disco x tutta la vita come una condanna in 1 girone infernale della Divina Commedia o metter su 1 disco di john denver,noioso sì,ma meno dannoso x la mia salute mentale in quel preciso momento.

Il nastro continuava a girare (sarà stata una C-90) e partì l’ultimo brano: rintocchi di piano,infrangersi di vetri,skitarrate pure quelle suonate sul vetro,1 intro angosciante,poi il riff (quasi alla BLACK SABBATH) accompagnato ancora da 1 piano (suonato 1 po’ accazzo),ritmo tribale e la recitazione di MR:MURPHY,sempre + demoniaca. 1 crescendo ke arriva a strapparti i “NERVES” dal corpo,li fa a pezzettini e poi te li riinfila dentro alla rinfusa.

Fu lì ke vidi avvicinarsi 3 ragazzi dal sentiero: strano,sembravano vestiti identici a noi,1 aveva i capelli lunghi come Ugo,l’altro era + piccolino,come Tonio e poi l’altro…Kazzo,l’altro ero proprio io! Ero uscito dal mio corpo o ero solo in trip?! Ma vaffanculo,ero solo in trip. “NERVESLIKENYLON,NERVESLIKESTEEL,NERVES

 

Share:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn
Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Una risposta

  1. È certo un duscone che ancor oggi non esaurisce il suo fascino, come i concerti del buon Murphy. I ‘meccaloni’ e il passaggio su Denver mi sono ultrapiaciuti. ?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

The Queen Is Dead Volume 129 – Reese, Zed & Dalia Nera, Deep Valley Blues.

Come capita sempre più spesso, non per nazionalismo ma perché in Italia nell’underground ci sono ottime cose, in questa puntata ci sono tre gruppi italiani : si parte con i vicentini Reese e il loro post hardcore misto ad emo, seguono i siciliani Zed & Dalia Nera che sono un gradito ritorno, e chiude l’heavy blues maledetto dei calabresi Deep Valley Blues.

Frontiere Sonore Radio Show #8

Monos, Klo’s quintet, REMY VERREAULT, Linda Silver, The Men, Roberto Colombo, Roger Robinson, Vagina Moster, Sly Asher & Les Vieux Mogos ecco gli ingredienti di questa ottava puntata

The Dictators – s/t

The Dictators: col loro proto-punk del debut album “Go girl crazy!” e dischi come “Manifest destiny” e “Bloodbrothers”, e capeggiati dal frontman Handsome Dick Manitoba, sono stati tra le band che, nella prima metà dei Seventies, hanno inaugurato (e anche chiuso, trent’anni più tardi)