O il Post Punk lo fai come i Chameleons (vedi Fountaines D.C.) o lo fai come era inteso essere in forma primigenia:
un’evoluzione del Punk Rock e cattiva tanto quanto.
I Be Nothing non vogliono piacerti e, nel loro intento, riesumano un linguaggio disperso in vecchi cataloghi della alternative tentacles: No Means No, Victim’s Family, Butthole Surfers…
il post punk qui è inteso come un qualcosa che, appunto, viene non semplicemente dopo il punk ma si pone come una tra le possibili evoluzioni del genere, seguendone le traiettorie più ostili e cruente.
Suono secco, pezzi brevi, piccoli incubi monomaniacali che si riversano in un calderone dove un liquido schizofrenico non smette mai di agitarsi e di ustionare qualora si volesse immergervi la mano.
Riemergono piccoli frammenti di Punk Rock e di Noise, si mescolano, fanno pensare prima ad un gruppo, poi ad un altro, poi ad un altro ancora e, infine, solo esclusivamente ai Be Nothing: peculiarità del gruppo è senz’altro la capacità di saltare da una dimensione ad un’ altra senza perdere la propria integrità, riescono, cioè, a mantenere la loro personalità (forte, inscalfibile e, proprio per questo, unica) senza mai scadere nell’ ovvietà di un “troppa roba in troppo poco tempo”.
I riferimenti ci sono e ,ci mancherebbe, sono pure riconoscibilissimi ma i Be Nothing sanno come mascherarli o, meglio detto, modellarli per renderli indossabili solo da loro stessi.
Si cuciono addosso quarant’anni di musica underground americana e se ne fanno carico, ci mettono davvero la faccia, la passione, l’impatto e ne escono ordinati pur mantenendo il caos, rimangono scrupolosi pur facendo guidare la loro ricerca sonora dal disordine.
In tutto questo quello che rimane è un disco divertente e stimolante (cose non da poco in un’ epoca così grigia e priva di slanci), capace di fare ballare come anche di gridare, arrabbiarsi e rimanere inquieti ed inquietanti.