Un disco speciale che esplora il carcere con la musica, porta un messaggio vero e una richiesta di attenzione per un mondo che non ci piace vedere e dove ci sono persone noi, solo che chi sta la fatica riesce a portarla in spalla quasi sempre, mentre a chi sta dentro qualche volta è capitato di cadere e di non alzarsi più, ma non per questo deve cadere la loro speranza.
“Break free” è il titolo del disco d’esordio dei Behind Bars Collective, un gruppo formato da dall’italo-americana Livia Monteleone, Bob Cillo e JJ Springfield, musicisti di grande esperienza attivi da diversi anni nel sottobosco musicale italiano e internazionale in gruppi come Dirty Trainload, Santamuerte, Bob Cillo & Mafia Trunk e Couchgagzzz.
Il disco esce per Ciqala Records e Side 4 Music e ha lo scopo preciso di portare l’attenzione a cosa succede nelle carceri italiane e non solo, provando a portare l’attenzione sul carcere e soprattutto sui carcerati. Non so più chi diceva che il carcere è la misura di quanto una società sia civile, ovvero dimmi come tratto i carcerati e ti dirò che società siamo; se così fosse in Italia siamo messi davvero male, nel senso che le nostri carceri sono piene di gente che non ci dovrebbe nemmeno stare, ci sono condizioni di vita pessime e i suicidi sono all’ordine del giorno.
Il carcere è amato da chi non c’è stato, chi c’è stato e ha visto tenta in tutti i modi di non tornarci. L’intento dei Behind Bars Collective è quello di sensibilizzare, ma anche di utilizzare la musica come veicolo di evasione in senso letterale, e nel libretto del cd c’è la possibilità inquadrando un Qr code di vedere il documentario di un workshop tenuto dal gruppo e dal titolo “Rock oltre le sbarre”.
Il libretto contiene di un fumetto donato da Zerocalcare “Lontano dagli Occhi, Lontano dal Cuore”, pubblicato e distribuito da “La Lima”, Cassa di Solidarietà Contro il Carcere e la Repressione. In perfetta sintonia con il tema trattato, il fumetto racconta della situazione emergenziale nelle carceri italiane prendendo spunto dalla rivolta nel carcere di Rebibbia durante il periodo della pandemia di Covid 19. Quanto sopra è supportato da un disco bellissimo, composto da otto inediti e quattro rifacimenti.
Il suono oscilla in maniera sinuosa fra rock, blues, garage, psych e anche qualcosa del grunge, con un gruppo che crea in maniera libera e feconda, mostrando di quale caratura musicale siano.
Ascoltando le tracce si capisce molto bene che il gruppo è davvero coinvolto, e fa questa cosa con il cuore, ogni canzone è sentita e voluta, si divertono e ci divertono con un tema affatto facile come il carcere, tabù di questa società ma non è affatto così difficile finirci dentro, il difficile è sempre uscirne. Le canzoni inedite sono molto belle, hanno un qualcosa di speciale dentro, e fondono molto bene insieme bleus, rock e altre influenze, anche se fondamentalmente questo disco è un lavoro di blues, che qui trasuda ed impregna tutto, culminando nel rifacimento del pezzo di Slim Harpo, “My home is a prison”, unico pezzo dell’album cantato da Bob Cillo, un blues meraviglioso e terrible allo stesso tempo.
Alto rifacimento incredibile e forse il miglior momento del disco è “Mercy Seat” di Nick Cave e Mick Harvey, canzone che la voce di Livia Monteleone trasforma in un pezzo di teatro drammatico, un pezzo ipnotico e meraviglioso che parla della sedia elettrica, una barbarie del corpo e dello spirito.
Un disco speciale che esplora il carcere con la musica, porta un messaggio vero e una richiesta di attenzione per un mondo che non ci piace vedere e dove ci sono persone noi, solo che chi sta la fatica riesce a portarla in spalla quasi sempre, mentre a chi sta dentro qualche volta è capitato di cadere e di non alzarsi più, ma non per questo deve cadere la loro speranza.