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Recensione : :: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #15: Black Elephant, Killing Spree, Spirit Mother, The Mercury Impulse, Wizard Must Die

Quindicesima volta che penso di non avere abbastanza tempo da dedicare a tutte le cose che vorrei fare. Ne riparleremo, per ora buon ascolto insieme a Black Elephant, Killing Spree, Spitit Mother, The Mercury Impulse e Wizard Must Die.

Black Elephant, Killing Spree, Spirit Mother, The Mercury Impulse, Wizard Must Die

Quindicesima istantanea di quelle che sono le fonti di rumore che più ci piace segnalarvi.

Quindicesima volta che penso di non avere abbastanza tempo da dedicare a tutte le cose che vorrei fare. Ne riparleremo, per ora buon ascolto insieme a Black Elephant, Killing Spree, Spitit Mother, The Mercury Impulse e Wizard Must Die.

Black Elephant “The Fall of the Gods”

“The Fall of the Gods” segna il ritorno dei Black Elephant, realtà piuttosto longeva del panorama italiano che guarda – con piacere, ma soprattutto con doveroso rispetto – agli anni settanta, e al loro carico di intransigente e irriverente energia. Concettualmente legato a tematiche che analizzano a fondo la rinascita dopo la delusione, la caduta, il declino, l’album è un concentrato di fuzz blues veramente dinamico che ci circuisce rendendoci schiavi senza che quasi non ci se ne renda conto. Un album veramente molto ben costruito, in modo intelligente, senza strafare.

Un album che cala sul tavolo, una dopo l’altra tutte le carte di cui dispone, arrivando a portarsi via la posta intera. Un album che ci aiuta a riscoprire quella voglia di hard blues che avevamo scordato di possedere. Un album che risuona nelle nostre orecchie, mentre ancora non riusciamo a capire come sia stato possibile essere arrivati alla fine così velocemente.

Leggete anche la recensione di Massimo Argo di The Fall of the Gods

Killing Spree “Camouflage!”

Ho scoperto i Killing Spree con l’EP “A Violent Legacy”. Mi sono imbattuto in questo progetto che sembrava divertirsi parecchio a coverizzare – in modo del tutto personalissimo, ma sempre in modo assolutamente coerente – alcuni tra i grandi classici di Morbid Angel, Death e Meshuggah. Il duo francese sul finire dello scorso anno ha realizzato il suo ultimo album, quel “Camouflage!” di cui vi parliamo oggi.

L’impronta è la stessa dell’EP, vale a dire un impatto devastante garantito da sonorità estremamente metal che si sposa alla perfezione con un approccio mentale che guarda al free jazz come all’unica strada che possa permettere alla band di scatenare tutta la propria fantasia espressiva. Siamo alle prese con un album sicuramente claustrofobico, di quelli che non lascia respiro, ma è proprio questo senso di oppressione ciò che più ci piace del disco. C’è qualcosa che non ci permette di distaccarci dalle folli partiture della band ad opera di un delirante sax che si prende la scena quasi immediatamente, qualcosa che i due hanno dentro e che ci inoculano lentamente, fino a renderci dipendenti.

Spirit Mother “Trails”

Il quartetto statunitense conferma quanto di buono aveva lasciato intendere in passato. “Trails” arriva e scompiglia immediatamente tutto quanto avevamo faticosamente e meticolosamente eretto a difesa di quel piccolo universo in cui ci siamo rintanati. Con un’attitudine decisamente vintage che riporta all’hard rock di quei mai troppo a lungo rimpianti anni settanta, il disco lascia intravedere, strada facendo, una serie di ripetute incursioni in ambito post rock che consentono alla band di giocare sul velluto di un carico intimista crescente che non può che affascinare.

Le capacità creative degli Spirit Mother sono senza dubbio di primissimo piano, lo dimostrano le continue divagazioni sonore che l’album ci presenta, in modo così spontaneo da farcele percepire come le uniche davvero possibili. “Trails” è un album che merita attenzione e ascolti ripetuti, doveroso da parte nostra concederglieli.

The Mercury Impulse “Records Of Human Behavior”

A metà tra drone e ambient (sempre che si disponga delle esatte coordinate in cui trovare questa ipotetica destinazione) “Records of Human Behaviour” dei The Mercury Impulse rappresenta il biglietto da visita del neonato duo statunitense composto da JR Robinson and Mark Solotroff, rispettivamente coinvolti in progetti quali Wrekmeister Harmonies il primo, e Anatomy of Habit il secondo. Dal loro incontro nasce questo devastante album che ci cola addosso come pece bollente.

Un album che sfiora il rituale trance, e che consigliamo solo a chi ha voglia di isolarsi da se stesso ancor prima che dal mondo che lo circonda. Il suono ideale per provare ad allontanare, o anche solo a lenire il caos, quello vero, quello quotidiano, che ci infesta molto più di quanto non siamo portati a pensare. Rumore che combatte altro rumore.

Wizard Must Die “L’Or des fous”

Il terzo album dei transalpini Wizard Must Die ci presenta una band che mostra una decisa voglia di cambiare direzione.

Rispetto al passato, c’è una decisa sterzata sonora. Figlia non tanto dell’introduzione di elementi anomali come sax e mellotron, ma di un approccio che guarda al rock progressive, e che pare voler sottintendere che il legame con il passato si possa considerare del tutto reciso. La band mostra tutto il proprio carattere con un disco ambizioso, che li conduce alle porte di quella che sarà la strada definitiva per il futuro. Al momento sembrano avere tutte le carte in regola per imboccarla e raggiungere vette compositive di primissimo piano.

Impensabili soprattutto se raffrontate ai due dischi che hanno preceduto questo intenso ed elegante “L’Or des fous”. Un album in prima battuta sconcertante, che poi si mostra gradevole nella sua crescente e insana follia.

 

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