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Recensione : Blood Farmers – Headless Eye

I tre quarti d’ora del lavoro ci riconsegnano a sonorità solo apparentemente datate ed intrise degli umori e dell’essenza primordiale del doom

Niente meno che dopo diciannove anni, questa doom band newyorchese fornisce un seguito all’unico album mai pubblicato, l’autointitolato “Blood Farmers”.

Qualcuno si chiederà cosa possa spingere degli ultra quarantenni a rimettersi in pista dopo così tanti anni: beh, sicuramente non una molla economica, essendo scontato che con il doom ci si pagano a malapena gli alcoolici che si consumano durante i tour, e neppure per sfruttare chissà quale ondata di revival per il genere, che di nicchia era, di nicchia resta e di nicchia resterà, forever and ever …

Semplicemente, può capitare che a qualcuno la musica torni a fluire dentro, magari dopo anni nei quali si è stati indaffarati con altre attività, come il leader e chitarrista Dave Szulkin in campo cinematografico (non sfugga il fatto che il monicker della band è tratto dal quasi omonimo horror “Invasion Of The Blood Farmers” del 1972).
Il gruppo, sempre nella classica formazione a tre (oltre a Dave troviamo Eli Brown alla voce ed al basso e Ted Leger alla batteria), in effetti aveva già ripreso da qualche anno a calcare i palchi di diversi festival, ma la morte del bassista e co-fondatore Philip “Dr. Phibes” Markonish, avvenuta nel 2010, ne ha inevitabilmente rallentato il processo compositivo.
Questo sospirato Headless Eyes arriva quindi a riproporre il doom classico ma dalle chiare sfumature horror e psichedeliche dei Blood Farmers e, potendone finalmente valutare il contenuto musicale, si può affermare senza timore d’essere smentiti che, una volta tanto, l’attribuzione dello status di cult-band non è ne un azzardo né un’iperbole.
I tre quarti d’ora del lavoro ci riconsegnano a sonorità solo apparentemente datate ed intrise degli umori e dell’essenza primordiale del doom, tra le pulsioni classiche delle prime due tracce (splendida la title-track, con il suo intrigante rimbalzo tra il testo cantato e quello recitato), le trame psichedeliche delle due strumentali The Creeper e Night of the Sorcerers, la sabbathiana Thousand-Yard Stare e la magnifica cover di The Road Leads to Nowhere, brano composto da David Hess nel ’72 per la colonna sonora de “L’ultima casa a sinistra” di Wes Craven.
Proprio per la sua indubbia integrità compositiva e, sicuramente anche perché priva del peso di chissà quali aspettative da parte dei doomsters più incalliti, la proposta dei Blood Farmers si rivela persino superiore per fascino a quella di band dal nome ben più pesante tornate sulle scene negli ultimi anni (per esempio Pentagram e Trouble).
Detto questo, speriamo solo di non dover attendere altri diciannove anni (anche perché sia per i musicisti sia per chi scrive gli anni sul groppone comincerebbero ad essere un po’ troppi … ) per ascoltare nuovo materiale inedito da questa magnifica band.

Tracklist:
1. Gut Shot
2. Headless Eyes
3. The Creeper
4. Thousand-Yard Stare
5. Night of the Sorcerers
6. The Road Leads to Nowhere

Line-up :
Dave Szulkin Bass, Guitars, Keyboards (additional), Vocals (backing)
Tad Léger Drums
Eli Brown Vocals

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