Quando vedo sulla copertina di un disco un pesce il mio pensiero corre ai Flipper.
Poco importa se in questo caso sia ben definito e non quello sghembo della band di Frisco, e nulla importa se i suoni di queste quattro canzoni possano non ricordare la suddetta punk band, tesi, per altro, sulla quale ci sarebbe molto da discutere ed eccepire.
Quello che accomuna il progetto di Andrea con la realtà sopracitata, e molteplici altre, si chiama attitudine; lo so che state pensando che si tratti di un termine spesso abusato, a volte un po’ retorico, ma di questo si tratta, della voglia e della necessità di dire qualcosa fottendosene sostanzialmente di chi vi si possa accostare ma con la certezza che, chi lo farà, ne possa condividere lo spirito e l’urgenza.
Come detto si tratta di quattro brani che bruciano la loro tormentata esistenza in meno di dieci minuti; ad aprire il tutto ci pensa Tabarin Mosh nel quale una scheggia di acuminato hardcore viene sovrapposta ad un frammento di una canzone italiana degli anni 40/50 (scusate non saprei dirvi quale), e già l’idea è di per sé illuminante.
A seguire, sempre rimanendo nel solco di qualcosa di straniante ed incompromissorio, si trova Directory Listing Denied disturbante quanto gli Helmet o i Jesus Lizard tormentata come i Come, French Riviera Rock’n’roll Nigger ha scosse elettriche inframezzate da momenti di agghiacciante tranquillità e quando si apre può pure apparire sinistramente lineare e melodica, chiude il tutto Lounge Holocuast di cui già il titolo dice molto, un picnic post atomico dove il tutto è tossico e gustoso al tempo stesso.
Come avrete capito qui non c’è nulla di generico e, chi non ha colto la citazione, non è più nostro amico (mio e dell’autore) nella vita, sui social, nell’aldilà e ricordi che il pallone è nostro e non si sogni neanche lontanamente che lo faremo giocare.