Un sound che annienta, una marcia della morte, marziale, glaciale e terremotante, truppe d’assalto che in un delirio di follia guerresca imprimono il loro marchio di terrore e morte su paesi e città, con la forza debordante del death metal old school.
Battle Breed è un album enorme, l’ennesima prova che niente e nessuno è pari al death metal in quanto a potenza estrema, specialmente se a suonarlo ci pensano band come gli olandesi Bodyfarm.
Nati nel 2009 per volere di Quint Meerbeek (batteria) e Thomas Wouters (chitarra e voce) il gruppo dei paesi bassi ha all’attivo due full length: il debutto del 2012 Malevolence ed il precedente The Coming Scourge, uscito in versione cd nel 2013 ed in vinile per la Cyclone Empire lo scorso anno.
Battle Breed è un lavoro entusiasmante, grandioso esempio di death metal battagliero e classico, un autentico massacro in musica dal songwriting esagerato, dove il gruppo ha messo in campo uno spiegamento di forze prese dalla scena che impreziosiscono un lavoro di per se già sopra alla media.
Registrato e prodotto da Ronnie Björnström (Aeon, Centinex, Sorcerer) ed arricchito da ospiti Clemens Wijers dei Carach Angren, che ha curato le orchestrazioni dell’intro Hell March, e lo storico vocalist Martin Van Drunen (Asphyx e Pestilence) a vomitare odio sul singolo The Dark Age, il nuovo album del gruppo risulta un bombardamento sonoro di dimensioni epocali.
Brani di puro e spettacoloso death metal old school, si danno battaglia tra ritmiche forsennate, riffoni schiacciasassi e chitarre che urlano, un growl d’antologia e tanto sangue che cola inesorabile dalle ferite aperte ed in putrefazione di soldati feriti, dimenticati tra le macerie polverose di palazzi sventrati, in un macello di corpi contorti.
Non un brano che non sia esaltante, cominciando da quella Dark Age che vede , come detto, il vocalist degli immensi Asphyx, tiranneggiare su di un sound che distrugge, sventra, attanaglia budella in un tornado di note estreme.
Un impatto mortale, come un asteroide caduto sulla terra risulta Saxon Victory, le ritmiche non danno tregua, le chitarre sono pallottole che escono a ripetizione e senza soluzione di continuità da mitragliatrici che falciano tutto quello che incontrano, i solos si susseguono, velocissimi, uno più riuscito dell’altro, dinamitardi, in un’esplosione di metal estremo.
Il sound a tratti rallenta e si trasforma in un monolito di potenza disumana, una marcia inesorabile, da vincitori sulle rovine di una città conquistata.
Senza badare alla brutalità, il gruppo inietta dosi letali di thrash, rendendo il sound ancora più distruttivo tra richiami, neanche troppo velati a God Dethroned, Asphyx, primi Gorefest e Slayer in un turbinio estremo di rara potenza old school.
Lo scontro continua, inesorabile, portato al massimo della brutalità da brani devastanti come The Last Crusade, Prince Of Wallachia, Wolfpack e Death By Fire in un vorticoso e disumano incedere.
Album esagerato, autentica bomba che va ad impreziosire le numerose uscite di rilievo, per quanto riguarda il metal estremo in questo 2015 ormai vicino alla fine, ed acquisto obbligato per ogni deathster che si rispetti.
Tracklist:
01. Hell March
02. The Dark Age (feat. Martin van Drunen)
03. Saxon Victory
04. Dawn Of Defeat
05. The Last Crusade
06. Prince Of Wallachia
07. Storming Revolution
08. Firing Squad
09. Wolfpack
10.Death By Fire
11.Slaves Of War (Bonus-Track)
Line-up:
Quint Meerbeek – drums
Thomas Wouters – guitars/vox
Alex Seegers – bass
Bram Hilhorst – guitars