iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999

Brian Belle – Fortune – All Crews: Viaggio Alle Radici Della Jungle Drum&bass

Il fenomeno Jungle e Drum&Bass, un pezzo della storia underground inglese degli anni 90, dal punto di vista musicale e sociale, raccolto e raccontato da Brian Belle-Fortune nella più grande guida finora realizzata

Vorrei parlare di una storia che secondo me è una delle più affascinanti della storia della musica elettronica. Parla di una comunità con un senso di appartenenza che nasce dalla musica, e che crea la sua musica. Questa storia è raccontata magistralmente da Brian Belle-Fortune, uno che c’era dentro fino al collo, e che ha raccolto tutto in un grande libro, una sorta di guida della Jungle e Drum&Bass.

Inghilterra, a cavallo tra ’80 e ’90. Per la cultura underground inglese che ruota intorno alla musica elettronica questo è un periodo cruciale.
Per chi in quel periodo non c’era o stava poppando il latte dalle mammelle materne (come me), questo libro ha il sapore di un racconto leggendario, fatto di eroi e grandi avventure; per chi quei tempi li ha vissuti e ha osservato il fenomeno JDB (come lo chiama l’autore) da vicino o da distante, questo libro potrà fare maggiore chiarezza sulla storia di quello che non è solo un genere musicale, ma un movimento underground, qualcosa che penetra profondamente nel tessuto sociale. Da qui il viaggio “alle radici”, tradotto da Journeys through Jungle/Drum&Bass culture, titolo che rende l’idea di stare tra musica e sociologia in un intreccio biunivoco; un ibrido tra saggio e un racconto in presa diretta per attrarre il lettore verso questo mondo.
È un libro bellissimo perché sullo sfondo del viaggio musicale raccontato dall’autore, si legge anche di uno spaccato su una parte della società inglese tra gli anni ’80-’90 che non si legge sulla cronaca ufficiale, quella della strada.

Ardua impresa delineare e riordinare gli avvenimenti su questo figlio bastardo della musica elettronica, a meno che uno non sia stato nel cuore delle vicende come l’autore, sempre presente in prima persona. Questo libro viene in soccorso di tutti e viene inequivocabilmente considerato la “bibbia” sull’argomento.
L’autore è consapevole che questo fenomeno non può essere valutato in maniera completa senza analizzare anche cosa ci sta dietro, una realtà in cui il lettore deve provare a immedesimarsi. Tentando di ricostruire il quadro della situazione raccontando pezzi di storie anche attraverso le testimonianze di DJ ed altri addetti ai lavori, interviste, aneddoti, compare un pò di tutto: luoghi e persone, punti di ritrovo, negozi e radio pirata, etichette, promoters, crews e tutto ciò che ha permesso alla scena di stare in piedi, fino ai grandi cambiamenti tecnologici di quel periodo.
La cosa più importante che Belle-Fortune comunica, è che non basta avere una buona discografia per pensare di conoscere la JDB, ciò è possibile solo entrando nello spirito, sentendone la storia.

La JDB diede un impulso nuovo e inedito alla musica britannica (elettronica e non solo) ed è diventato un fenomeno di esportazione mondiale, tuttora ben vivo e vegeto. Oggi è ormai molto distante da com’era all’inizio, logicamente ampliandosi il processo è anche fisiologico, perciò questo libro ci riporta al “c’era una volta” e ne racconta l’evoluzione.
In origine erano i rave, poi è venuta la Jungle, ma ad essa si legarono proteste e polemiche, perciò si sviluppò la Drum’n’Bass che col tempo mise un po’ d’accordo tutti. Ma “la terminologia è una questione politica e di marketing. I suoni continueranno a parlare da sè”.
Belle-Fortune tenta di spiegare come dalla Breakbeat – Hardcore della scena rave inglese, attraverso contaminazioni provenienti dai recenti sviluppi della musica nera, dall’hip-hop al ragga, si è arrivati a questo nuovo suono, passando tra le dispute e le questioni sociali che l’hanno sempre accompagnato: dalle ostilità con le autorità e con la morale comune, fino all’importante tema delle questioni razziali, senza cui non si può davvero capire fino in fondo la JDB.
Un grande crogiolo in contrasto con una società snob, inquadrata e razzista, piena di contraddizioni che vuole nascondere. Dall’altra parte, un gruppo di ribelli che cerca di trovare identità e coesione (culturale, sociale, razziale) attraverso la musica, ascoltando tutti insieme le radio pirata, ritrovandosi ai rave e ai negozi di dischi. Questa storia racconta quanto di meglio questa gente abbia saputo tirar fuori dal disagio e dalle difficoltà…Perchè la musica è anche questo, la ricerca di un’altra via, di una alternativa.
Di certo anche questo movimento ha sempre portato con sé le sue contraddizioni, il rovescio della medaglia, i suoi problemi, le sue bassezze, non era certo la soluzione, ma un esperimento sociale e musicale comunque interessantissimo. L’autore ne è al corrente, e affronta i temi legati alla promozione di un evento e di una scena musicale, ma racconta anche storie di strada, di rave e di crew, di droghe, di radio pirata, di sabotaggi, di retate, di ordine pubblico e molto altro. Il tutto visto dall’interno con un occhio un pò di parte, ma in modo comunque più obiettivo di quanto fece nel tempo la cronaca ufficiale, senza tralasciare anche quel rovescio della medaglia.

Come ha fatto il fenomeno a rimanere solido nonostante tutto? Ce lo spiegano gli stessi protagonisti: la cosa importante era che per loro quella era la loro musica, gli apparteneva, sentivano che quello era il loro momento di creare qualcosa in cui trovare identità, una loro comunità. “Jamaicans have reggae, Americans have hip-hop, now we’ve this!”. E che se la sono messa in piedi pezzo dopo pezzo, rave dopo rave, col passaparola, passandosi i dischi di mano in mano, girando da un posto all’altro per promuovere; quando la scena aveva ormai raggiunto una certa forza e stabilità, le majors hanno dovuto studiare un modo per cooperare con questa realtà, ma non poterono per un certo tempo dettare legge su di essa per via della grande coesione interna, e questa cosa ha lasciato un segno.

Per chi riesce a districarsi tra le varie espressioni gergali, ovviamente è consigliata la lettura in lingua originale, ma è valida anche la versione italiana con traduzione di Lorenzo Fe.
Per appassionati questa lettura è imprescindibile, ma anche molto interessante per chi fosse semplicemente curioso di documentarsi: questo è il modo migliore per entrare nello spirito, sentire il vissuto e le emozioni dei protagonisti (ovviamente a parte andare alle serate); un ottimo approfondimento su un pezzo di storia musicale e non solo che normalmente non si racconta…

Titolo originale “All Crews: journeys through Jungle / Drum&Bass culture”
(ri-edizione aggiornata e ampliata dell’originale “All Crews muss big up”)

Share:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn
Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

The Queen Is Dead Volume 129 – Reese, Zed & Dalia Nera, Deep Valley Blues.

Come capita sempre più spesso, non per nazionalismo ma perché in Italia nell’underground ci sono ottime cose, in questa puntata ci sono tre gruppi italiani : si parte con i vicentini Reese e il loro post hardcore misto ad emo, seguono i siciliani Zed & Dalia Nera che sono un gradito ritorno, e chiude l’heavy blues maledetto dei calabresi Deep Valley Blues.

Frontiere Sonore Radio Show #8

Monos, Klo’s quintet, REMY VERREAULT, Linda Silver, The Men, Roberto Colombo, Roger Robinson, Vagina Moster, Sly Asher & Les Vieux Mogos ecco gli ingredienti di questa ottava puntata

The Dictators – s/t

The Dictators: col loro proto-punk del debut album “Go girl crazy!” e dischi come “Manifest destiny” e “Bloodbrothers”, e capeggiati dal frontman Handsome Dick Manitoba, sono stati tra le band che, nella prima metà dei Seventies, hanno inaugurato (e anche chiuso, trent’anni più tardi)