Per un certo periodo, a sangue ormai caldo e con un po’ di buon tempo libero, mi sono molto concentrato sul termine “Grunge” e ho riflettuto su cosa mai volesse significare in musica.
Non mi son mai dato una risposta perché, se in certe sue manifestazioni mi pareva una rivisitazione di certo Hard Rock anni ’60/’70 che, per fortuna, si era contrapposto all’ondata di Rock leccatissimo degli anni ’80, uscendone, sempre per fortuna, vincitore, in altre sembrava una conseguenza diretta dei primi Wipers e, in altre ancora, degli Halo Of Flies e degli U-Men. Insomma, pensavo per fare chiarezza e, alla fine, mi confondevo sempre di più.
Alla luce, o meglio nell’oscurità, di tutto questo: come approcciarsi ai Can Kicker e, soprattutto, possiamo definirli Grunge?
Sicuramente appartengono alla suddetta branca che prendeva i primi Wipers (quelli di Is This Real? come anche di Youth in America) come pietra miliare e termine di paragone, ma nell’accettare questa prima, superficiale e subitanea affermazione, si badi bene: meglio sarebbe non fermarsi subito alle apparenze che questa mia affermazione potrebbe suscitare, i Can Kicker, infatti, hanno tutta la disperazione , la malinconia, l’ansia e l’angoscia del gruppo di Greg Sage, ma sanno farne base per un discorso loro, per un percorso che raccoglie in sé anche i cocci di altre stupende formazioni:
mi vengono in mente i Tar (Disassociate now, Looking For My Love, e la stupenda, indimenticabile Walking Dream), i T.S.O.L. di Dance with Me (My History Is Not For Me) e altre esperienze misconosciute che seppero mettere insieme Hardcore Punk e Gothic Rock (Kommunity FK, Of a Mesh…); Grunge è sicuramente una definizione fittizia, forse uno dei primi tentativi da parte delle Major di allora di creare una scena dal nulla, mettendo insieme vari moti musicali che, in comune, avevano solo la zona di provenienza, ma questi Can Kicker sono decisamente altro:
al di là del fatto che non sono di Seattle ma Gallesi di Cardiff, sono anche loro innamorati di dischi disperati, tra dannazione eterna e angoscia in attesa del calo della mannaia (quel momento in cui, nonostante la raggiunta consapevolezza di una vita invivibile, si continua a non accettare la fine per quanto inevitabile).
Il Grunge, per quanto sotto la sua egida siano usciti dischi stupendi, era semplicemente un prodotto immaginario del Capitale (e nel mondo delle immagini è anche rimasto), mentre i Can Kicker sono reali, veri, spontanei, espressione finale di un gruppo di ragazzi che, strumenti alla mano, ha saputo rielaborare e mettere a frutto la propria collezione di dischi, più o meno come fu per i protagonisti, più o meno di successo, dell’ambigua e breve stagione del Grunge.
Detto questo, è bene mettere subito in chiaro che questi gallesi sono un gruppo Punk Rock, per approccio, stile e spirito di sintesi: pezzi asciutti, senza lacchezzi o solipsismi, tutto tenuto a freno secondo la buona misura data da anni di ascolti indipendenti e sotterranei.
Armonie sospese in una nebbia che, se da un lato paiono descrivere lo squallore della vita di tutti i giorni, dall’altro si sposano alla perfezione con un cantato che non è esattamente cantato ma più sofferto, dettato da notti insonni rese tali da angosce, cattivi presentimenti e inadattabilità ad un tessuto sociale nel quale, evidentemente, non ci si riconosce.
Ricordo un film ambientato in Galles, Twin Town, dove il nulla più totale, la grettezza della persona comune, la noia di tutti i giorni, la facevano da padroni e, in questo loro imporsi in ogni singola vita, generavano delinquenza, arroganza, accanimento verso gli ultimi, e e disprezzo per il valore della vita altrui; se nel film in questione, i due protagonisti rimediavano a questo panorama desolante semplicemente fuggendone (dopo aver ucciso un poliziotto), i Can Kicker fanno la stessa cosa ma, senza macchiarsi la fedina penale, usando la musica come via di fuga: un disco che li pone al di sopra di ogni possibile derivazione geografica, al di là di un inconfondibile accento British, e li rende cittadini del mondo ad ogni buon diritto .
Quindi, giusto per rispondere alla mia stessa domanda, i Can Kicker non sono Grunge perché non sono un prodotto, una categoria, uno spot pubblicitario, ma sono realtà e rappresentazione di essa, un grido reale contro un mondo dagli sviluppi incerti secondo una linea ormai prossima al definitivo tracollo; volontariamente o involontariamente, poco importa quando l’insieme suona così bene, sono una rappresentazione più che credibile dell’insoddisfazione generale e, proprio in virtù di questo, meritano ascolto, studio e analisi.
E su cosa sia stato agli effetti il Grunge, per me, è ancora buio pesto!