Andando a vedere “Non essere cattivo” di Claudio Caligari si arriva ad un livello di immedesimazione tale che ogni disfatta autodistruttiva dei due protagonisti sembra quasi davvero l’unica via d’uscita possibile a loro rimasta. Anche se si è astemi.
Leggendo Congratulazioni, hai appena incontrato la ICF abbiamo provato una sensazione incredibilmente simile.
Cose come andare ad espugnare la curva avversaria ogni domenica o far quasi affondare un traghetto nella Manica, pur di batterci contro la teppa del Manchester United, non sono ancora esattamente la nostra unica fissazione, ma forse grazie a questo libro, pensiamo almeno di conoscere tutti i meccanismi mentali e il colore della sciarpa giusta che potrebbero farci stare perfettamente lì dentro. Autentico caso editoriale in Gran Bretagna qualche anno fa, la testimonianza di Cass Pennant torna incredibilmente attuale in italia nei giorni in cui l’intervento delle istituzioni nelle curve dello Stadio Olimpico sta forse ridisegnando per sempre il modo di approcciarsi al calcio a Roma e in Italia.
L’ex protagonista di quasi tutti gli scontri che hanno devastato l’Inghilterra al passaggio dei tifosi del West Ham negli anni’80, racconta qui delle scene di curva che non si potranno ripetere mai più e tutti i limiti e gli slanci di una realtà che da un lato si basa sull’ottusità più bieca, ma che dall’altro ha codici, onori e patrimoni culturali sofisticatissimi.
I ricordi di Pennant cominciano a metà anni ’70 quando gli stadi Upton Park o Anfield Road erano degli autentici campi di battaglia e l’hooliganismo, dopo la regina, era la cosa per cui l’Inghilterra era più famosa al mondo. Allora ogni tifoso poteva circolare liberamente e in qualsiasi momento per ciascun settore dello stadio e la polizia non aveva alcuna idea di come arginare le risse di massa. Se nel momento il cui il fenomeno è esploso le forze dell’ordine erano del tutto impreparate ad affrontare orde oceaniche di selvaggi, ora che hanno mezzi di controllo elaboratissimi è paradossale di come il pubblico sia cambiato e perfettamente ammaestrato ai tempi e le dinamiche delle pay tv.
Congratulazioni, oltre a farci capire quanto ci tenessero i tifosi del West Ham a impossessarsi delle curve avversarie, stende una mappatura dettagliatissima di tutte le tifoserie dell’epoca. Se i supporters del Chelsea erano già famosi all’epoca per i loro cori fantastici e quelli del Manchester United per muoversi in truppe smisurate è emblematico che Pennant ricordi i momenti più pericolosi in trasferte dove praticamente non esistevano gruppi organizzati come a Brighton o nei villaggi del nord ed erano pronti allo scontro anche i più insospettabili passanti. L’autore è quasi compiaciuto nel ricordare le risse con il temuto Milwall, quando si ricorreva addirittura ad asce e pistole. E’ un po’ più fatalista quando deve affrontare il discorso dei tremendi omicidi e massacri che sconvolsero quella stagione, ma anche l’ingresso nelle curve dei gruppi razzisti e di estrema destra. Chi conosce il West Ham solo in virtù delle dichiarazioni di fede calcistica di Steve Harris degli Iron Maiden verrà piacevolmente sorpreso che a Upton Park si è praticamente costituito il mondo Oi! e lo scheletro di formazioni leggendarie come Sham 69, Cock Sparrer e Cockney Reject. Quasi tutti i tour di quelle band si interruppero per i disordini provocati dai supporter di altre squadre che andavano ai concerti solo per vendicare screzi nati allo stadio con il cantante o i roadie di quelle formazioni. Se Pennant è franco e diretto nel raccontare quei momenti è anche lucido nel ricordare quando quella stagione giunse alla fine. L’avvento dei rave e delle pasticche, probabilmente, si rivelò come momento di aggregazione più controllabile, ma non meno pericoloso per un intera generazione. Quello e l’arrivo dei diritti televisivi con i prezzi dei biglietti inarrivabili probabilmente segnò la fine di un movimento che non va rimpianto, ma che delimita il calcio come fenomeno culturale e non come spettacolo commerciale.