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Recensione : Casalingam – Orgia, 2022

C’è un filo rosso, o meglio rosso-nero, che unisce il debutto di Casalingam, Tha Urlo, a questo suo seguito, solo che, volendo essere puristi e quindi puramente fessi, si corre il rischio di non vederlo.

C’è un filo rosso, o meglio rosso-nero, che unisce il debutto di Casalingam, Tha Urlo, a questo suo seguito, solo che, volendo essere puristi e quindi puramente fessi, si corre il rischio di non vederlo.

Cosa lega un disco come Tha Urlo, una via Anarcho insurrezionalista al Reggaeton e alla Trap, a questo Orgia, una via Anarcho Insurrezionalista al Garage Punk, al Beat e al Punk Rock? La risposta è, com’è ovvio, nella domanda stessa: l’Anarcho Insurrezionalismo.

Anarcho Insurrezionalista nei testi, sempre votati ad una dialettica da assalto al cielo di carta e dove la sperimentazione linguistica (notevole il lavoro su Porto d’Armi e su Schianto) fa le veci di un ordigno esplosivo posto sotto Palazzo Chigi; un’insurrezione che è anzi tutto vita quotidiana, vita vissuta col volgo e per il volgo, ne trae forza e la restituisce in forma di musica perfettamente arrangiata e in frasi perfettamente acuminate, taglienti e pericolose. Anarcho Insurrezionalismo cui però va ad aggiungersi anche una vena romantica, dove per romanticismo si intende quella corrente letteraria e filosofica che nulla ha a che vedere col sentimentalismo, ma che si fonda sulla caducità e fallacia d’ogni umano proponimento e si getta comunque nell’impresa, sia essa amore, sopravvivenza o dar fuoco a una caserma, senza paure o tentennii (complemento necessario quindi per ogni serio rivoluzionario).

Ecco, di fatto, se si prende per buona la mia definizione di romanticismo e non si continua erroneamente ad associarlo al sentimentalismo, come se fossero sinonimi (e non, in pratica, contrari), questo è un disco romantico;

romantico con picchi di decadentismo (Drogo+, Elicottero) e , appunto, Anarcho Insurrezionalismo dove per insurrezione si intende un moto volto alla sfida all’esistente e a tutto ciò che lo regola rendendolo materia rigida ed immodificabile (Law&Order, Copkiller, Porto d’Armi). Si rimette mano quindi, in nome di un Garage Beat piuttosto versatile, agli strumenti a corda, a una batteria e a un synth un po’ ’60’s nelle armonie ma molto moderno nei suoni, proprio perché Casalingam nasce dal contrasto e dalla conseguente frizione di due mondi, all’apparenza, antitetici:

un’elettronica casalinga mirata ad un Reggaeton e una Trap da rivolta stradaiola e un Garage riottoso e, appunto, romantico. Il cambio, apparentemente, repentino induce a pensare all’impossibilità di paragonare le due uscite e spinge a scrivere: “sono entrambi due dischi favolosi, prodotto di una scrittura più che felice” cosa che, peraltro, è anche vera.

Se Tha Urlo non presentava nemmeno un punto di cedimento, un riempitivo o un’armonia poco convincente, così anche Orgia appare come un disco ben congeniato e dove ogni canzone si regge su una creatività incontenibile.

Il Garage Beat sensuale della canzone che da il titolo e apre con delicatezza l’intera raccolta è sorprendente nel suo riuscire ad attualizzare suoni, sapori e colori di una pratica che si credeva esaurita negli anni ’60:

un inno alla versatilità, oltre che stilistica, anche sessuale, una spina nel fianco di una classe politica che vuole ogni indirizzo sessuale incanalato in un percorso fatto di luoghi comuni e consuetudini: il sesso qui viene presentato come un esercizio liberatorio, sia nell’atto in sé e per sé che come gesto che libera l’individuo dall’asfissiante gioco di ruoli e di modelli stabiliti dall’alto. È proprio la volontà di liberazione dell’individuo, a mio avviso, il tema principale del disco:

Sia esso nei costumi sessuali: il punk rock verboso, al punto di sembrare un esperimento di commistione col cantautorato dei Ciampi e dei Fanigliulo, di Raggi Laser, la ripresa in italiano di Searchin’ (un classico del Garage qui riesumato a nuova vita) degli Omens e la conclusiva Cuoricino che già dal titolo lascia intendere una volontà come parodistica nei confronti del sentimentalismo squallido di canzonette estive insulse e prive di spessore (il raccontare l’amore come se fosse una pubblicità, al fine di vendere gelati, profumi e smartphone).

Sia esso nella contestazione dell’autorità: il Garage Punk di Law&Order e Copkiller e il Punk Hardcore alla Circle Jerks di Porto d’Armi (ripeto: un vero capolavoro di scrittura, niente da dire).
In tutto questo prendiamo nota di un pezzo eterno, una di quelle canzoni che sopravvivono ai decenni e si inseriscono tra i grandi classici e cioè quelle canzoni che, potenzialmente, potrebbero piacere a chiunque: Schianto, nel suo riuscire a restare sospeso tra Garage Beat, poesia Apocalittica e un ritornello indimenticabile, è davvero questo e nient’altro. Perfetto nel suo minuto e mezzo di durata.

Casalingam cambia muta per non cambiare la sua cifra compositiva (ma d’altronde il tutto era partito da una felice coesistenza dei due aspetti, come testimoniano i suoi video su YouTube) e nel fare ciò resta credibile e si propone come una figura di riferimento nell’underground italiano (è stato parte attiva o tutt’ora milita in formazioni come Thee Loyal Wankers, 66cl, Magic Cigarettes, Goofy and the Goofers…) per capacità espressiva, bontà stilistica e tecnica e, non da ultimo, per coerenza ideologica.

Un disco da non perdere qualsiasi sia il vostro genere di riferimento: questi son pezzi che possono davvero piacere a tutti, basta un po’ di sale in zucca e un po’ di senso di non appartenenza alla realtà circostante.

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