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Recensione : Celestial Season – Mysterium III

La terza parte di Mysterium si muove stilisticamente in continuità rispetto a quanto fatto nella prima metà degli anni novanta ma senza che questo assuma un sentore di stantio, con l’adesione genuina a quegli storici stilemi che diviene il punto di forza nell’operato dei Celestial Season di questo decennio.

Celestial Season – Mysterium III

I Celestial Season portano a termine la trilogia Mysterium, iniziata nel 2022, facendolo in maniera convincente così come era avvenuto nelle due precedenti parti; vale la pena ricordare che la band olandese è stata tra le prime in assoluto a proporre quel sottogenere che verrà poi codificato come gothic/death doom, muovendosi cronologicamente di poco in scia dei ben noti My Dying Bride, il più contiguo tra i nomi storici soprattutto per l’analogo ricorso a uno strumento peculiare per quei tempi come il violino.

Dopo due magnifici full length come Forever Scarlet Passion (1993) e Solar Lovers (1995), il gruppo di Nijmegen virò inopinatamente verso sonorità prossime allo stoner (che si riaffacciano in parte nell’ultimo lavoro con una notevole cavalcata Cathedral-oriented come Black Goat Of The Woods) senza però ottenere i risultati sperati, il che portò inevitabilmente alla cessazione dell’attività dopo l’album rilasciato nel 2000.

Il ritorno, concretizzatosi su lunga distanza vent’anni dopo con The Secret Teachings, mostrava una band dalla line-up pressoché immutata rispetto a quella vista all’opera nei primi due full length e intenzionata a riprendere il discorso tralasciato in un primo tempo con Solar Lovers, dimostrando quanto tale operazione fosse opportuna; così, i buoni riscontri ottenuti hanno spinto Stefan Ruiters (voce), Jason Köhnen (batteria), Pim van Zanen (chitarra), Olly Smit (chitarra) e Lucas van Slegtenhorst (basso), coadiuvati dagli strumenti ad archi delle più giovani Jiska ter Bal e Elianne Anemaat, a intraprendere l’ambizioso percorso della trilogia Mysterium.

La terza parte si muove stilisticamente in continuità rispetto a quanto fatto nella prima metà degli anni novanta ma senza che questo assuma un sentore di stantio, con l’adesione genuina a quegli storici stilemi che diviene il punto di forza nell’operato dei Celestial Season di questo decennio, in quanto il doom deve essere primariamente espressione di emozioni, malinconiche o dolorose a seconda dei casi, e ciò mal si combina con produzioni eccessivamente patinate; il rantolo di Reuters, il lavoro dei suoi compagni di avventura e il contributo del violino e del violoncello ci riportano di peso all’epoca d’oro dei Peaceville Three ed è un bel veleggiare nel passato.

Il dolente senso di abbandono di brani come Fecund Universe, Daughter of the Lake e We never Stray è emblematico della validità di un’opera che gli appassionati hanno anche la possibilità di fruire nella sua interezza, essendo disponibile sul bandcamp dei Celestial Season la versione integrale della trilogia, ribattezzata per l’occasione Orbis Mysterium (The Mysterium Trilogy).

2024 – Burning World Records/Roadburn Records

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