Si può anche far finta che il death metal old school non esista più, o meglio, come scrivono molti illustri scribacchini di famose riviste di settore, che sia ormai un genere morto artisticamente (obsoleto, come amano definirlo); la realtà invece è ben diversa e il genere, in questi ultimi anni, ha trovato nuova linfa portata da band che in tutto il mondo continuano a suonare il sovrano dei generi estremi con passione ma, soprattutto, con qualità.
Oltre alle nuove leve, anche i gruppi considerati storici stanno contribuendo alla rinascita in fatto di popolarità del genere che, al momento, aspetta solo la benedizione di un’industria discografica mai come in questi anni in crisi e sorda alle sferzate estreme che arrivano dalle scene in giro per il pianeta.
Non potevano sicuramente far mancare il loro contributo a questa rinascita gli storici svedesi Centinex, i quali all’epoca fecero parte di quella scena che portò popolarità al death metal, sopratutto quello scandinavo, in compagnia di Entombed, Dismember, Grave e di tutti i nomi portatori del verbo metallico estremo.
Dopo un ultimo album nel 2005 (“World Declension”) ed un lungo silenzio interrottosi lo scorso anno con l’uscita dell’Ep “Teutonische Invasion”, la band torna finalmente con un nuovo full-length che, diciamolo subito, non cambia di una virgola le consuete coordinate sonore, risultando ugualmente un grandioso lavoro di death metal novantiano, tripallico, devastante, suonato perfettamente e dall’impatto fenomenale.
Mezz’ora di sangue che gronda ad ogni nota, riffoni che manderanno in estasi chi ha familiarità con il death classico scandinavo, atmosfere che possiedono sfumature epiche delle quali sono carenti metà delle viking band di oggi, un growl perfetto (Alexander Högbom) ed un songwriting di livello, tutto questo fa di Redeeming The Filth un album imperdibile.
La capacità della band (qui l’esperienza è tangibile) di scrivere brani violenti, ma allo stesso tempo facilmente assimilabili e riconoscibili è elevatissima, contribuisce a creare un muro sonoro invalicabile e perfettamente costruito per non cadere al minimo scossone.
Praticamente il death metal scandinavo nella sua forma migliore, grazie alla lezione di bravura ritmica dove Martin Schulman al basso e Kennet Englund alle pelli costruiscono il muro al di sopra del quale il vocalist e Sverker Widgren, alla chitarra, danno battaglia centrando ogni passaggio all’interno di brani spettacolari come Bloodraze, Death Glance, Rotting Below e Without Motives.
Un album da avere e consumare e che forma, con i lavori di Revel In Flesh e Puteraeon, la morbosa e bestiale trinità di quest’anno nel genere.
Tracklist:
1. When Bodies Are Deformed
2. Moist Purple Skin
3. Death Glance
4. Stone of Choice
5. Unrestrained
6. Bloodraze
7. Without Motives
8. Rotting Below
9. Dead, Buried and Forgotten
10. Eye Sockets Empty
Line-up:
Martin Schulman – Bass
Kennet Englund – Drums
Sverker Widgren – Guitars
Alexander Högbom – Vocals