Scrivo di questo disco dalle campagne del Connecticut, dove mi trovo in questo periodo, avendo davanti a me un’immaginario simile a quello che Tom e Christina Carter affrontano nel nuovo album, che punta dritto verso le radici del folk e del blues americano, per cui quell’America che vedi solo quando ti ci trovi in mezzo: i campi ai bordi di solitarie strade che sembrano non aver fine, come le distese assolate tra roccia in erosione e sabbia.
Sono vent’anni che il duo compone musica e forse questa volta hanno voluto tracciare un segno, forse un solco per ritrovare le origini interpretandole con intensità e cura (l’inizio delle registrazioni risale a quasi cinque anni fa) sia nell’intreccio delle chitarre quanto nei momenti in cui Christina canta che elevano ancor di più il lavoro fatto e rimandano all’immaginario della campagna e della frontiera: l’esilio. E’ anche un album in movimento, traccia per traccia cambia l’impostazione ed il tempo attraversando quasi tutto lo spettro della tradizione americana coscienti del percorso fatto sinora e l’ascolto e piacevole quasi in ogni parte, non pesa la durata di alcuni brani oltre i dieci minuti e i punti più alti arrivano con Desecrated, Pity Pity Me ed Into The Earth.