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Controllo (un’avventura Del Detective Newton – Ep.03)

Controllo
(Un’avventura del Detective Newton)

Di Pietro Rotelli

Curtis si alzò nel cuore della notte in preda a lancinanti dolori alle tempie. Sulle prime aveva pensato ad un mal di testa conseguente e una corrente di aria condizionata. Poi si era ricordato della nanosonda a orologeria casuale che gli aveva iniettato Big Boss Bungarumba XII, detto il Papa Vuoto, noto trafficante di parti inorganiche e di OloSnuff. Una volta che stava indagando su uno dei suoi traffici era caduto in una trappola, era stato catturato dai suoi sgherri e quel fetente gli aveva fatto iniettare una N.O.C. (nanosonda a orologeria casuale). Sarebbe esplosa e lo avrebbe ucciso. A caso. Senza preavviso, un giorno qualunque. Oggi? Domani? Fra 50 anni? Era tutti dato al caso. Un nuovo modo per torturare una persona.

Comunque poi aveva ripensato alla sparatoria del giorno prima, a tutte le esplosioni e concluse che doveva essere un effetto collaterale del suo lavoro.

Si diresse verso il frigo che lo ammonì, quando ormai era un centimetro dalla maniglia.

– Non ci provare, stai indietro: diventerai brutto, grasso e con il colesterolo alle stelle.

Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il frigo si era chiuso da sé.

Maledetta domotica del cazzo!

Cercò di forzare la porta del frigo ma senza successo. Si lasciò cadere in terra, seduto e disperato, alla luce dei microled di sicurezza (di un celeste moribondo) che tempestavano gli interstizi del suo microscopico appartamento. Tre stanze: camera con un angolino adibito a bagno, cucina/soggiorno/ingresso e panic room (obbligatoria per legge) che lui aveva adibito ad armadio-ripostiglio.

Se ne stette un po’ così, appoggiato al frigo, testa fra le mani e gomiti appoggiati sulle ginocchia.

– Per favore, muoio di fame e ho mal di testa.

– No, sapevo che lo avresti detto, ma non morirai. E non è mangiando che ti passerà il mal di testa.

– E tu che cazzo ne sai? Sei un frigo, non sei un medico.

– Questo non puoi saperlo, una delle parti del mio neuro HD potrebbero essere appartenute ad un medico.

– Certo, come no. Senti, se non ti apri domattina come prima cosa ti porto all’isola degli abbandoni e ti lascio in compagnia di tutti gli altri tuoi amici medici imprigionati negli elettrodomestici.

– No, non lo farai.

– Allora apriti o mi ammazzo. Giuro che vado di là, prendo delle pasticche e mi ammazzo.

– No, non farai neanche questo.

– Già…

Era sconsolato. Voleva solo che il mal di testa passasse. Voleva anche mangiare qualcosa, ma decise che quel confronto con un elettrodomestico non avrebbe portato a niente: non erano ragionevoli, erano programmati.

– Cos’è questo bordello? – chiese Osm (Organismo Senziente di Monitoraggio).

– Torna a letto nano giallo: mi ci manchi te a completare la nottata di merda.

– Che sei una persona orribile te l’ho mai detto?

– Solo un paio di volte al giorno, di solito.

– Bene – e così dicendo Osm se ne tornò nella camera svolazzando in giro come una falena con problemi di fegato.

– Grazie e vaffanculo – lo salutò Curtis. Si alzò per andare a vedere se almeno nel ripostiglio, nell’armadietto del pronto soccorso, aveva qualcosa per fronteggiare il mal di testa.

Arrivò allo sgabuzzino, accese il led. Allungò una mano per aprire il mobiletto e…

– Non ci provare, non ti permetterò di ucciderti.

Si sentì conseguentemente un rumore come di un chiavistello: il mobiletto del pronto soccorso si era chiuso da sé.

Maledetta domotica del cazzoooooo!

Scivolò in ginocchio a terra, disperato.

– Maledetta casa del cazzo, ho bisogno di una pillola per il mio mal di testa…

– Poco fa hai minacciato di ucciderti.

– Era per dire. Ho bisogno di una medicina, per favore…

– Non posso correre il rischio. Mi dispiace.

Rimase così, disperato e solo. Illuminato da una luce intermittente magenta e blu elettrico che proveniva dall’oblò che dava sulla strada: fuori pioveva ma l’insegna del ristorante cinese pareva non risentirne.

Ah, se solo avesse avuto la forza di andare in strada. Ma sicuramente la casa, per la sua sicurezza, non lo avrebbe lasciato uscire.

Fece un tentativo: – Casa, posso uscire?

– Non credo proprio, data la sua condizione psicologica, che sia una buona idea padron Newton. Dovrebbe tornarsene a letto – e dicendo questo la casa abbassò la veneziana e mise in filodiffusione una non meglio identificata serie di rumori che facevano tanto zen.

– Accidenti a questo cazzo di legge sull’intelligenza artificiale – sussurrò Newton.

Si accese, d’improvviso, il video che occupava tutta la parete opposta a quella del frigo, proprio di fronte a lui.

Un enorme occhio elettrico apparve, ed una voce che pareva provenire da tutta la casa (e anche un po’ da dentro il suo cervello) gli disse: – Cittadino Curtis Newton! Faccia attenzione alla natura sovversiva di quello che dice, è passibile di denuncia e arresto. Dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro.

– Mi scusi Grande Occhio Disciplinante (G.O.D.), non era mia intenzione. Solo un attimo di debolezza, può succedere, nella solitudine della propria abitazione.

– Infatti nessuno è giunto a portarla via, ma stia attento, la tengo d’Occhio.

Il vidiwall si spense.

Tornò la luce intermittente magenta e blu elettrico. Tornò la musichetta che faceva tanto zen.

Ma il mal di testa non era mai andato via. Anzi una sensazione nuova cominciò a farsi spazio nella sua testa: era in trappola.

La quotidianità della propria abitazione era una trappola devastante, molto meglio le sparatorie con gli sgherri di Big Boss Bungarumba XII e compagnia bella.

Se ne tornò a letto e si sistemò sopra le coperte e senza cuscino, sperando che se non poteva il sonno, magari poteva farlo svenire il dolore. Fissando il soffitto e le striature colorate che le luci che provenivano da fuori lasciavano su di esso, si chiese se tutta quella tecnologia senza controllo non avesse finito per rendere tutti un po’ meno liberi. Si rispose che forse vedeva le cose da una prospettiva sbagliata, e che comunque neanche poteva sapere come era prima.

Prima… Il prima più vicino che ricordava era quello in cui aveva chi si occupava di lui.

E poi…

E poi…

E poi quel nanetto giallo di merda ma quanto cazzo russava? Ma neanche in camera sua poteva stare tranquillo? E ma porca puttana… Se non fosse stato costretto dal Capitano lo avrebbe già sfrattato quell’inorganico petulante e spione.

Ma aveva tempo.

– Svegliaaaaaa Curtisss.

L’ometto monoculare era proprio davanti ai suoi occhi. Fece per colpirlo ma lo mancò.

– È ora di andare al lavoro… Il crimine non aspetta e noi abbiamo una targa da identificare!

Dopo un primo attimo di incertezza Curtis si alzò. Si tolse la maglietta che aveva indosso tirandola in un angolo della stanza e se ne mise una presa al volo da un mucchio che stava ai piedi del tavolo.

Aprì il frigo e bevve una lunga sorsata di birra per buttar giù le due pasticche di Krystal (metamphetamina legale) che si era infilato fra i denti.

Si sciacquò la faccia nel lavandino e sentenziò:

– Detective Newton pronto all’azione.

 

Fine terzo episodio

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