La Polonia non è solo foriera di venti di distruzione, neri come la pece, che soffiano verso ovest portati dal death/black di Behemoth e seguaci: nell’ underground metallico, a ben cercare, ci si può imbattere in realtà votate al più autentico sound americano.
Qualche tempo fa abbiamo avuto occasione di imbatterci nell’album dei Leash Eye, mentre oggi, cari fan dell’hard rock, è il momento dei Corruption con il loro Devil’s Share.
La band, praticamente sconosciuta nel resto d’Europa, è ormai un’istituzione in patria, essendo arrivata al traguardo ragguardevole del settimo album in una storia ultraventennale.
Quattro full-length pubblicati nel nuovo millennio confermano l’immutata voglia dei Corruption di rockare come si fa nel nuovo mondo, e in Devil’s Share, uscito quest’anno, si continuano a seguire le orme dei più noti gruppi d’oltreoceano.
Divertente, irriverente, ironico ma, nello stesso tempo, massiccio e potente quanto basta per essere una buona alternativa alle solite band, quest’album convince eccome, pregno com’è di soluzioni hard/ southern, che vanno dal metal panterizzato alle atmosfere care ai Black Label Society, con l’aggiunta di un pizzico degli ultimi e più grintosi Lynyrd Skynyrd e tanta sana attitudine rock’n’roll.
I quattro rockers dell’est maltrattano gli strumenti da par loro, e il lavoro ha pochissimi cedimenti procedendo diritto verso l’arrivo come un dragster lanciato a velocità sostenuta in un lunghissimo rettilineo di quell’America che scorre nelle vene dei musicisti polacchi: un monolite di rock dall’alto tasso alcoolico, pregno di digressioni stoner, che risulta vero sballo in musica per gli amanti di queste sonorità.
Dall’iniziale Hang’n’Over esplode tutta la voglia di divertire e divertirsi di questa band che ha nell’impatto micidiale della sua proposta il suo punto forte, così che This Is Day, la bellissima Traveller Blues, Inspire, tanto per fare qualche esempio, raccolgono ampi consensi e Devil’s Share intrattiene, forte di un songwriting ottimo e di uno spirito mai domo.
Geniale Born to be Zakk Wylde, song che risulta un mix tra “Born to be Wild” dei leggendari Steppenwolf e “Holy Diver” del mai abbastanza compianto Ronnie James Dio, e clamorosa Moment of Truth, dove lo stoner metal diventa protagonista di questi otto minuti posti in chiusura di un lavoro da ascoltare senza indugi, ed ennesimo esempio di queste sonorità che negli ultimi tempi sembrano aver trovato nuova linfa per riproporsi a fianco dei generi più seguiti nel panorama hard/metal mondiale.
Tracklist:
1. Hang’n’Over
2. This is The Day
3. Story of Things That Should Not Be
4. Traveller Blues
5. Grime Whorehouse
6. Trespasstellers (acoustic)
7. Inspire
8. Regression
9. Born to be Zakk Wylde
10. Betty Pyro
11. Moment Of Truth
Line-up:
Piotr “Anioł” Wącisz – bass, backing vocals
Daniel “Dani” Lechmański – guitars, lead vocals
Piotr “Rutkoś” Rutkowski – guitars, lead vocals
Bartek “Vincent” Gamracy – drums