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Recensione : D.a.m. – Phantasmagoria

Il nuovo Ep dei D.A.M. riesce nell'impresa di superare il livello del precedente album grazie ad una manciata di brani travolgenti.

Tornano i D.A.M., band di Belo Horizonte capitanata dal funambolico tastierista Guilherme De Alvarenga, che aveva già ben impressionato con il full-length dello scorso anno intitolato “Tales of Mad King”, riuscito connubio tra sonorità power metal e death scandinavo.

Phantasmagoria, il nuovo Ep, riesce nell’impresa di alzare ulteriormente il livello con una manciata di song travolgenti, nelle quali Guilherme sposta il tiro verso i primi Children Of Bodom, quel tanto che basta per far risultare la sua musica entusiasmante.
Anche il suo growl si sposta leggermente verso lo screaming, avvicinandosi così alla timbrica di Alexi Laihio, ma è il tiro dei pezzi che questa volta è da manuale: poco meno di mezz’ora senza un attimo di respiro nella quale le song risultano una più bella dell’altra, sempre con le tastiere a dettar legge, ma con una chitarra non da meno, con il bravissimo Edu Megale a disegnare da par suo assoli e ritmiche indiavolate e assolutamente perfette.
Banished in Paradise parte come una formula uno alla comparsa del semaforo verde, i synth ricamano melodie neoclassiche assecondate dalla sei corde, i fantasmi delle vittime del lago Bodom cominciano a saltare sulla riva, presi per mano da tastiere che sembrano uscite da “Visions” degli Stratovarius, mentre le vocals, cattivissime, danno lezione di come si canta il melodic death.
Fear (Lunar Body) parte con quel refrain che fa tanto Gamma Ray, per tornare a sverniciare alla velocità della luce chiunque sia sulla strada della band; tastiere magniloquenti introducono la title-track, i ritmi sembrano calare ma è un attimo, la song più oscura del disco è assolutamente devastante: rispuntano gli In Flames, le ritmiche sfiorano a tratti il black ed il growl torna ad essere più cavernoso come in “Tales …”
In Lord of Dreams spunta nel ritornello una voce pulita, ma le atmosfere rimangono avvolte nell’oscuro modus operandi del death scandinavo, ed ecco i Maiden, con le ritmiche della stupenda Empty Silence (Solar Body) a richiamano la band di Steve Harris ma, attenzione, appena Guilherme irrompe nella canzone con le sue tastiere tutto diventa straordinariamente D.A.M. e il brano esplode letteralmente in una cascata di melodie.
Mai come in questo caso l’essere arrivati già all’ultimo brano, End of light, è un vero peccato: i due bravissimi musicisti ci regalano ancora una serie di assoli e soluzioni melodiche entusiasmanti, aiutati dal basso di Caio Campos, chiudendo così questo piccolo gioiello che un metal fan che si rispetti deve assolutamente fare proprio.
La band brasiliana si candida come una delle migliori realtà nel genere, mentre il sottoscritto non può che restare in trepida attesa del prossimo full-length.

Tracklist:
1.Banished from Paradise
2.Fear (Lunar Body)
3.Phantasmagoria
4.Lord of Dreams (S.I.D.)
5.Empty Silence (Solar Body)
6.End of Light

Line-up:
Guilherme De Alvarenga – Vocals,Synths
Edu Megale – Guitars
Caio Campos – Bass

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