Grazie, grazie davvero Milo per averci dedicato un poco del tuo tempo!
Non credere che fossi in fibrillazione per una tua ipotetica scoperta su come curare il cancro o sintetizzare una forma di caffeina più potente, tutte cazzate, piuttosto stavo lì dietro l’angolo, in attesa, solo la testa fuori a spiare di tanto in tanto, con la mia maglietta col tuo facciozzo stilizzato a canticchiare i pezzi di dieci anni fa un po’ marciti.
Ricordo di un amico, che descrisse un’immagine interessante: Jerry Only che si alza la mattina e si prepara il caffè con indosso pattine e vestaglia. Dall’idiozia del contesto potremmo estrapolare comodamente tutta la “serietà” di un gruppo punk come i Descendents, che vedrei benissimo esibirsi in pigiama e calzettoni e carina del sonno negli occhi, come la chiamava mia nonna. Anzi, i loro pezzi ne acquisirebbero ulteriormente in sostanza, compresi quelli dell’album in esame.
Cool To Be You si forgiava della produzione di Brett Gurewitz/Bill Stevenson come Hypercaffium Spazzinate, con un piccolo scarto costituito dall’etichetta di pubblicazione; in un certo senso i Descendents sono tornati al calduccio dopo aver dato il contentino al loro fan più accanito che si conosca.
Attenzione: entrambi i dischi suonano esattamente allo stesso modo, ma in modo diverso. Per quanto l’approccio delle fiondate di ‘Merican, Dry Spell, Mass Nerder, della (strepitosa) title track fosse sostanzialmente consono al sound revival dei Duemila, considerando detto sound parliamo di rosa fiorita dal letame. Poi, ripensandoci, mi pare che il tutto è a volte un po’ troppo rilassato, come se il lavoro avesse risentito dei combattimenti del batterista con la salute. Buttando un occhio alla foto di busta dell’ultimo vinile ho avvertito quindi un principio di sincope nel figurarmi il contenuto, perché porco giuda se sono invecchiati. Poi ho ascoltato il disco e sono caduto dalla sedia.
Ho constatato per la prima volta come quei due onesti brizzolati e quelle due bonarie palle da biliardo si divertano (ormai da quasi vent’anni) a pubblicare lavori sottoforma di “concilio di Nicea del melodic hardcore”. Un disco ogni dieci anni, così si fa pischelli e poi tutti a casa, spogli da pretenziosità e con una scrittura sostanzialmente analoga alle esperienze firmate All! come di consueto.
Sembra che mi stia sperticando e un po’ ve lo concedo, ma in tutta verità ciò che fa la differenza è confrontare Milo Aukerman con Dave Smalley. Un po’ come paragonare il Chianti al Tavernello, al diavolo Brotherhood che tanto era una mezza noia esattamente come tutto il resto della produzione del trio senza il membro aggiuntivo di punta.
Aukerman è uno dei migliori frontman del punk rock semplicemente essendo, comunica sempre uguale e aggiornato perché non può diversamente; tutti i membri del gruppo sono consci della loro condizione e non se ne lamentano, evidenziano gli aspetti oggettivamente fastidiosi al di là di ogni discorso classista rivolgendosi comunque a chiunque ma in una posizione diversa da quella dei, supponiamo, Reagan Youth, elemento che a mio avviso non crea nessun tipo di problema.
E’ perciò ovvio che Smile, pezzo di congedo della prima facciata di Spazzinate, non urti le viscere, come altre soluzioni dell’LP oggettivamente prevedibili. Tanti ci hanno provato, e dopo il fallimento di Ginn e la speranza annusata in Keith Morris qualche anno fa tutto sembrava perduto per noi poveri hardcoristi troppo anonimi, sempre all’arrembaggio coi soliti tre riff e una batteria che ci crepi di mazzet’.
E invece no! Efficaci come un vaccino, i nerd di Lomita arrivano giusti giusti per sculacciare Fat Mike e seppellire tutti i giovinastri.
Tutti e quattro i componenti del gruppo si dividono i compiti di stesura dei pezzi come da tradizione, e nonostante una chitarra meno incisiva in arrangiamento rispetto a Everything Sucks nulla di meno né di più mi sarei aspettato dai Descendents.
In tutto questo tempo tutto è rimasto uguale perché così dev’essere, nella loro musica e nei tempi nostri. Rappresentano l’ossimoro dell’immobilismo nervoso in cui viviamo quando insistono immaturi in ciò che dicono, senza ideologicamente allontanarsi dalla scoreggia di mezz’ora che era Enjoy! e contemporaneamente riproponendosi come una delle band più umane e sincere dell’universo con la figura dell’immenso Bill Stevenson, il protettore (con Milo) di tutti noi poveri omuncoli che tentavamo le sortite in corridoio nei primi anni d’istruzione cercando di scansare quelli grossi; poco conta il fatto che la scuola sia finita e a cinquant’anni suonati (si suppone) si debba lavorare, il mood è il medesimo, datato tanto quanto poteva esserlo in Milo Goes To College nel 1981.
Non avrebbe, quindi, assolutamente senso divagare sulla mitragliatrice di cassa e rullante, sulla ripetitività dei powerchords incandescenti di Stephen Egerton, sul duttile basso solista di Karl Alvarez, sugli attacchi nucleari delle canzoni, sulla mancanza assoluta di compromessi, divagazioni, benvenuti, congedi e bocchini: la puntina si abbassa, tutto esplode, la puntina si alza.
Esattamente com’era nelle mie brame.
Hypercaffium Spazzinate, appunto una supposta forma di caffeina potenziata sintetizzata dal dr. Aukerman in laboratorio, è giustamente ripetitivo, giustamente veloce e tira fuori con una produzione sufficientemente incisiva, tagliata su medi e alti, le silurate che lanciano nei live (Alvarez va visto a tutti i costi).
Soprattutto, per i figli delle risacche del punk rock come il sottoscritto è un piumone imbottito in una notte all’addiaccio, che ci tutelerà per i prossimi dieci inverni da inopportune e innominabili reunion col suo affabile parossismo.
TRACKLIST
A1 Feel This
A2 Victim Of Me
A3 On Paper
A4 Shameless Halo
A5 No Fat Burger
A6 Testosterone
A7 Without Love
A8 We Got Defeat
A9 Smile
B1 Limiter
B2 Fighting Myself
B3 Spineless and Scarlet Red
B4 Human Being
B5 Full Circle
B6 Comeback Kid
B7 Beyond The Music
LINE-UP
Milo Aukerman – voce
Stephen Egerton – chitarra
Karl Alvarez – basso
Bill Stevenson – batteria
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