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Recensione : Desecrate – Orpheus

La bontà di tutte le tracce fa sì che "Orpheus" appaia come un lavoro di grande compattezza, senza che nei suoi quaranta minuti si indulga in passaggi interlocutori

I Desecrate sono una delle band storiche del metal ligure, avendo alle spalle una storia quasi ventennale.

Dopo l’uscita dell’album d’esordio “Moonshiny Tales – The Torment and the Rapture”, risalente al 1999, è seguito un lungo silenzio interrotto finalmente nel 2012 con la pubblicazione di “XIII, The Death”, un lavoro che ha ottenuto buoni riscontri riportando la band all’attenzione dei media e del pubblico, consentendole peraltro di esibirsi dal vivo in ambiti piuttosto rilevanti, uno su tutti l’apertura ai Dark Tranquillity in occasione della loro data italiana del 22 novembre 2013.
La citazione dei maestri del “Gothenburg Sound” non è affatto casuale visto che, dopo gli esordi all’insegna di un sound molto più aspro e non privo di sfumature black/thrash, i Desecrate già con l’album del ritorno hanno decisamente voltato pagina dimostrando chiaramente d’aver preso Mikael Stanne e soci quale principale punto di riferimento.
Un pianoforte, la cui presenza va ben oltre quella di semplice accompagnamento, è sicuramente l’elemento che istintivamente riporta al quel tipo di sonorità, però sarebbe un errore considerare Orpheus alla stregua di una copia sbiadita degli album prodotti dalla band svedese a cavallo del nuovo secolo, nello specifico quelli che coincisero con l’ingesso in formazione del tastierista Martin Brändström.
Se appare innegabile l’influenza dei Dark Tranquillity sul nuovo corso stilistico intrapreso dal gruppo genovese (con tanto di imprimatur fornito dalla cover dell’album disegnata dallo stesso chitarrista Niklas Sundin), è altresì vero che il lavoro possiede un valore aggiunto sotto forma di una tracklist fatta di brani trascinanti, dal grande impatto melodico, senza che per questo venga in alcun modo sacrificata l’aggressività di quello che è pur sempre death metal; l’irruenza dei tre membri storici non si è certo ammorbidita nel corso degli anni, come viene ben sottolineato dal growl efferato ma ricco di sfumature di Gabry, che lascia spazi solo sporadici alle clean vocals, dal drumming preciso e martellante dell’esperto Paolo e dal riffing roccioso e arricchito da sobri passaggi solistici di Francesco.
La nuova linfa viene portata da Dave Piredda al basso e soprattutto da Andrea Grillone, con il suo tocco pianistico che si rivela essenziale nell’economia del sound.
La bontà di tutte le tracce fa sì che Orpheus appaia come un lavoro di grande compattezza, privo nei suoi quaranta minuti si passaggi interlocutori, relegando sostanzialmente gli unici momenti rilassati ed esclusivamente strumentali alla sola traccia iniziale, Muse.
In effetti, rispetto al precedente album il sound pare ancor più focalizzato nel perseguire uno stile ben delineato, senza che i Desecrate si preoccupino poi molto di poter apparire più o meno derivativi; del resto,  questo è il più classico dei falsi problemi, se pensiamo che il 99 per cento di chi si approccia ai generi estremi fa inevitabilmente riferimento a chi in precedenza ne ha tracciato le linee guida.
Inoltre, la forte impronta al sound conferita dall’adesione ad un particolare modello non deve necessariamente essere vista come una mancanza di creatività, mentre meglio sarebbe considerarla come una rilettura personale di schemi compositivi preesistenti: se poi tutto questo viene eseguito con il brio messo in mostra dai Desecrate appare davvero difficile muovere particolari obiezioni al riguardo.
Detto ciò, chi colloca nell’empireo del metal la band di Göteborg, non potrà che amare brani come Tears of Blood and Sand, To The Hades and Back, The Grecian Urn e I’m Workin’ on It, ovvero quelli con le linee melodiche più memorizzabili, ma neppure trascurerà il ficcante death/thrash di Fifteen Milion Merits, i modernismi affioranti in Elements, i repentini cambi di atmosfera di Blood Prison, la prorompenza di Nevermore e il tecnicismo di Chaos and a Dancing Star; il tutto con in sottofondo i tasti d’avorio suonati da Andrea, autentico trait d’union tra i vari brani che si snodano in maniera oltremodo convincente senza che i Desecrate mostrino alcun calo di tensione.
Orpheus è un disco che dovrebbe mietere diverse vittime anche nella sua trasposizione on stage: chi cerca novità particolari a tutti i costi passi oltre, qui troverà “solo” dell’ottimo death melodico suonato con competenza e passione.

Tracklist:
1. Muse
2. Tears of Blood and Sand
3. Fifteen Million Merits
4. To the Hades and Back
5. Elements
6. The Grecian Urn
7. Blood Prison
8. Nevermore
9. Chaos and a Dancing Star
10. I’m Workin’ on It

Line-up:
Paolo Serboli – Drums
Gabry Giorgi – Vocals
Francesco Scavo – Guitars
Dave Piredda – Bass
Andrea Grillone – Keyboards

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