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Recensione : Destroying Divinity – Hollow Dominion

"Hollow Dominion" è un piacevole tuffo nel mondo del death metal underground, con uno sguardo al passato ma con i piedi ben piantati nel presente

Ormai da considerarsi dei veterani della scena death metal, tornano i cechi Destroying Divinity, dopo la firma con Lavadome Productions, con il nuovo massacro estremo dal titolo Hollow Dominion.

Dall’esordio risalente all’ormai lontano 2001, la band giunge al quarto lavoro, a quattro anni dal precedente “Dark Future” del 2010, continuando a percorrere la strada del death old school: l’album si sviluppa su poco più di mezz’ora di metallo belligerante, con un growl al limite del brutal del vocalist Erik che risulta perfetto nell’economia del lavoro, aggiungendo carisma ad un’opera ben confezionata, tutta grinta e cuore.
Hollow Dominion è un buon album di genere, con il gruppo che spacca da par suo: tra i brani, spiccano Burning Divine Domination e Suffering Redemption, ma l’atmosfera oscura che permea il lavoro e gli ottimi solos di vecchia scuola, supportati da potentissimi riff, mantengono tutte le tracce su buoni livelli.
La durata non troppo elevata fa sì, peraltro, che l’ascoltatore mantenga l’attenzione viva per l’intero disco, che passa agilmente da ritmiche veloci a parti cadenzate pesanti come macigni, le cui influenze sono tutte da ricercare nel death degli anni d’oro, tra uno sguardo al nordeuropa ed uno al nuovo continente, in particolare a Morbid Angel ed Immolation.
Hollow Dominion risulta così una piacevole tuffo nel mondo del death metal underground, con uno sguardo al passato ma con i piedi ben piantati nel presente: senza nulla di clamoroso, la band ceca esegue al meglio il proprio compito, contribuendo a portare nel nuovo millennio con fierezza la bandiera del genere.

Tracklist:
1. The Eternity Guardians
2. Burning Divine Domination
3. Scent of Death
4. Empire Of Emptiness
5. Suffering Redemption
6. Defleshed Skeleton
7. Sinful Omens
8. Inner Slavery

Line-up:
Zdenek “Ommurtag” Blaha – Drums
Gassi – Guitars
Erik – Vocals
Flagin – Bass, Guitars

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