Non a caso, la peculiarità di Don Gallo era quello d’essere un sacerdote amato più dai “mangiapreti” che dai cattolici praticanti; il motivo era facilmente riscontrabile in quel modo d’essere semplice e diretto che, fin dai suoi primi passi all’interno della curia genovese, lo portò ad essere inviso alla nomenclatura ecclesiastica ingessata e conservatrice che era ben rappresentata all’epoca dal cardinale Siri, colui che per oltre 40 ani fu il vero “principe reggente” di Genova.
Missionario in Brasile, cappellano della nave scuola-riformatorio Garaventa prima e successivamente del carcere della Capraia, vice parroco alla Parrocchia del Carmine nel centro storico della città: il cammino di Don Andrea è sempre stato percorso a fianco di quegli emarginati dei quali i vertici ecclesiastici sembrano ricordarsi solo negli spot pubblicitari, quando arriva il momento di “estorcere” l’ 8 x 1000 ai contribuenti.
Per un cardinale che aveva come priorità la conservazione dello stretto legame con i poteri forti della città, costituiti dalle ricche famiglie imprenditoriali e dai politici, e come ossessione quella di salire un giorno al soglio pontificio, risultava sicuramente ingombrante la figura di un piccolo prete dalla lingua tagliente che sovvertiva la sua ideale scala di valori, anteponendo alla “gente per bene” i reietti, i dimenticati, in definitiva “gli ultimi”.
Fu proprio il tentativo di “promuoverlo per rimuoverlo” che spinse Don Andrea a rifiutare un nuovo incarico alla Capraia e ad accogliere invece la richiesta di collaborazione pervenutagli da parte del parroco di San Benedetto al Porto, dove furono gettate le basi per la fondazione dell’omonima comunità.
Come gran parte delle figure impegnate in Italia nel sociale, Don Gallo è stato idolatrato da una parte politica ed osteggiato dall’altra; conseguenza, questa, di una delle tante storture presenti in un paese dove pare sia impossibile fornire un giudizio sereno senza utilizzare la lente deformante dell’ideologia.
Il prete di strada, il servitore degli ultimi, è stato innanzitutto un uomo con innumerevoli pregi e molte umane debolezze che, a differenza degli altri prelati, non celava sotto la tonaca ma ostentava quasi a volersi porre sullo stesso piano di coloro ai quali ridava una speranza accogliendoli nella sua comunità.
Le prese di posizione, le dichiarazioni inconsuete per un uomo di chiesa sono state spesso enfatizzate a livello mediatico finendo per distogliere l’attenzione dall’unico aspetto che realmente importava: i fatti; ed è proprio per il suo operato, invece, che dovrà essere ricordato.
Don Gallo è venuto a mancare proprio quando la crisi economica che avvilisce il paese sta trascinando verso il baratro anche persone appartenenti a fasce sociali che, fino a ieri, si ritenevano immuni dalla piaga della povertà e dell’emarginazione; quelle stesse che, probabilmente, hanno sempre osservato con distacco, se non addirittura con fastidio, chi stava dedicando la propria esistenza a tutti quegli individui che incrociano quotidianamente il nostro cammino tra l’indifferenza generale, piegati dalla dipendenza dalle droghe, dalla mancanza di un lavoro e di un tetto o dallo sfruttamento da parte dei nuovi mercanti di schiavi.
Concludo rassicurando chi si sta chiedendo fin dalle prime righe cosa c’entri Don Gallo con IYEzine: intanto c’è un legame di tipo territoriale, considerando per di più che i primi passi della sua vita sacerdotale sono stati compiuti nel dopoguerra proprio a Varazze, dove la nostra webzine ha la sua sede; infine, volendo azzardare un irriverente parallelismo, anche noi abbiamo sempre avuto la vocazione di dare voce e visibilità a chi di norma non ne ha, promuovendo forme artistiche di matrice indipendente che vengono per lo più ignorate dai comuni canali di comunicazione.