Dorthia Cottrell arriva dalla Virginia, East Coast, dove nasce e cresce, insieme a poche migliaia di anime, in un ambiente di provincia decisamente conservatore. La sua esigenza di alienarsi da un contesto sociale che le sta stretto, la porta nella vicina Richmond, dove in breve tempo riesce a fondare gli Windhand, band doom che, grazie ai quattro album realizzati fino ad oggi, è riuscita a ritagliarsi un ruolo di tutto rispetto in ambito metal.
Ma Dorthia Cottrell non è solo questo. C’è molto di più al di là del suo ruolo di cantante nella band. C’è infatti una Dorthia che stiamo imparando a conoscere grazie al suo progetto solista, nato nello spazio intercorso tra gli ultimi due album dei Windhand, e che giunge oggi, al suo secondo episodio.
Con “Death Folk Country” Dorthia Cottrell riprende, e amplia, il discorso sonoro con cui otto anni fa ha scelto di aprirsi, mostrandoci il suo lato più nascosto. Sono passati quasi dieci anni da allora, e oggi incontriamo un’altra Cottrell, decisamente più matura, sia dal punto di vista musicale che relazionale. Pur mantenendo un saldo legame con il sound degli esordi, “Death Folk Country” è tutt’altra cosa rispetto all’omonimo esordio. Il suo sguardo, originariamente proiettato verso l’Atlantico, e i suoi misteri, è stato questa volta indirizzato a quel Sud degli States così carico di misticismo.
Il calore degli stati che si affacciano sul Golfo del Messico è un qualcosa che ci travolge immediatamente, non appena iniziato l’ascolto, facendoci capire che stiamo entrando in contatto con un album dalla grandissima intensità emotiva.
Al netto di una copertina rivedibile che strizza troppo l’occhio ai cliché di matrice “southern gothic”, “Death Folk Country” ci porta immediatamente in quel limbo sonoro che si muove a cavallo tra l’oscuro blues delle paludi sudiste e il country folk più occulto, in un connubio perfetto che lega tutte quelle terre in cui ancora si rincorre il misticismo di tradizioni misteriose tramandate soltanto oralmente.
Album ideale per tutti coloro che la notte cercano le risposte alle grandi incognite della vita, davanti alla luce calda di un falò che non accenna a spegnersi, mentre tutto intorno danzano gli spiriti solitari perduti nei canyon dell’esistenza che sfocia verso la morte terrena. Grazie ad una grande versatilità vocale, il calore della Cottrell prende sin da subito il sopravvento, mostrandoci la sua necessità di volersi distaccare dalle sonorità convenzionali con cui siamo soliti identificarla negli Windhand, forte di un suono più spoglio ma non meno diretto e toccante, anzi. Un album “semplice”, costruito in modo lineare, dalla grande potenza emotiva, pervaso da una cupezza di fondo che tiene viva la speranza per il futuro, in un tempo in cui le sofferenze di oggi, seppellite sotto la polvere che copre i ricordi, sono già passato.
“Death Folk Country” è un album che ti scalda il cuore, andando a toccare quelle corde da troppo tempo nascoste e soffocate da un frastuono esistenziale divenuto ormai insopportabile. Un album intimista, che guarda ai nostri sentimenti più reconditi, mirando a riconciliarci con la vita, obiettivo raggiungibile solo attraverso le sofferenze terrene.
Pervaso di una malinconia fortemente amara, che in alcuni momenti diventa quasi inquietante, fino a sfiorare il dolore, il disco riesce a confortarci, in un costante rimando tra buio e luce che abbraccia e rinfranca.
Dorthia Cottrell
Tracklist:
1.Death is the Punishment for Love 01:15
2.Harvester 03:20
3.Black Canyon 04:50
4.Family Annihilator 06:59
5.Effigy at the Gates of Ur 04:05
6.Midnight Boy 03:42
7.Hell in My Water 03:07
8.Take up Serpents 04:38
9.For Alicia 04:17
10.Eat What I Kill 04:16
11.Death is the Reward for Love 01:50