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Recensione : Drifting Mines – Comeback

Questo loro album è certamente un ascolto non semplicissimo, abbisogna infatti di molteplici ed attenti ascolti per scoprirne le innumerevoli sfaccettature che fanno dei suoi 10 pezzi un banco di prova arduo ma che saprà regalare agli estimatori del rock'n'roll più spigoloso ed incompromissorio notevoli soddisfazioni.

Sono in tre, di nero vestiti come credibilissimi nipotini dell’immenso Johnny Cash, camminano apparentemente lenti lungo una strada deserta “armati” soltanto dei loro strumenti e con uno sguardo serioso che guarda lontano ma da nessuna parte in particolare e sopratutto, se avrete la buona sorte di ascoltare le loro canzoni, scoprirete che con esse hanno davvero molto da dire.
Questo loro album è certamente un ascolto non semplicissimo, abbisogna infatti di molteplici ed attenti ascolti per scoprirne le innumerevoli sfaccettature che fanno dei suoi 10 pezzi un banco di prova arduo ma che saprà regalare agli estimatori del rock’n’roll più spigoloso ed incompromissorio notevoli soddisfazioni.
E’ già da principio che i Drifting Mines dimostrano di non voler rendere la vita facile a chi si accosta loro con il parossismo di Spitfire Boogie, con The Gunfighters Comeback che sembra uscita dalla penna del primo e più urticante Jon Spencer e con la botta non sottovalutabile di oscurità che regala la crampsiana Garden of Evil.
Ma non è che continuando il terzetto voglia rendere più agevole l’ascolto, prova ne siano il boogie intenso e cattivo di Like a Driftin’ Mine, il country apparentemente rilassato ma deviato e deviante di Water Or Gasoline e la psichedelia ossessiva e disturbante di Adoradores del Dios Serpiente.
Chiude il tutto la lunga coda tendente al miglior spaghetti western di Mirage.
Si potrebbe, per comodità e con un’ampia dose di pressapochismo, inserire la band nel filone che, partendo dall’inarrivabile lezione li Lux, Ivy e soci, ha generato quel virtuosissimo lotto di gruppi devoti al miglior lo-fi e che ha come principali riferimenti il sopracitato Jon Spencer (sia con i rumoristi Pussy Galore che con i più “tradizionalisti” Blues Explosion) ed i Chrome Cranks, ma sarebbe certamente riduttivo considerare i Drifting Mines dei semplici e banali copisti, dimostrazione ne sia l’estrema perizia ed eterogeneità che dimostrano nei 35 minuti di questo album.
Nota di “colore” in coda a questa mia recensione: la band fa a meno del basso,ulteriore aderenza alla nobilissima discendenza crampsiana di cui parlavo poc’anzi e dimostrazione ulteriore,come se ce ne fosse ancora bisogno, dei “danni” fatti dalla folle congrega di Sacramento sulle menti di migliaia di musicisti dal lontano 1975 a oggi.

Tracklist:

1.Spitfire Boogie
2.The Gunfighters Comeback
3.Garden Of Evil
4.The Conjuration
5.Oh Yeah Dancer!
6.Like A Driftin’ Mine
7.Cottonfield Blues
8.Water Or Gasoline
9.Adoradores Del Dios Serpiente
10.Mirage

Line-up:
Adalberto Correale: vocals and guitar
Andrea Di Giampietro: keyboards
Carlo Moscatelli: drums

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