Durante la campagna elettorale di queste ultime, grandiose elezioni, uno dei temi più dibattuti è stato quello del “problema” dell’immigrazione. I populismi hanno provato a convincerci della necessità di una maggiore sicurezza, e, diciamolo, hanno anche provato a spaventarci con lo spauracchio dell’uomo nero. L’attentato fascista di Macerata poi, rivelatosi un chiaro diversivo dalla mancanza di contenuti della politica della nostra Italietta, ha riproposto scenari da ventennio che pensavamo di aver superato.
No, scusate, non volevo farvi il pistolotto su cosa sta succedendo in Italia in questo ultimo mese, ma solo richiamare la vostra attenzione su quanto sia fondamentale oggi, soprattutto nella nostra nazione, il tema del “diverso” e di quanto possa essere prolifico, quando sfrondato da tutti i moralismi superflui, anche nella letteratura di genere.
Graziano Delorda è un maestro in questo. Il suo Droide è la notte, uscito al calar dell’anno precedente per la casa editrice indipendente AUGH!, è una storia di fantascienza che affronta questo tema con una scioltezza esemplare. Il razzismo, o forse sarebbe meglio dire lo specismo, di cui si parla nel libro non è quello che può sorgere dalla differenza classica tra droidi (robot dalle sembianze umane, ma composti anche di componenti organici) ed esseri umani, ma quella, molto più stupida e meno sostanziale (come sempre accade quando si vogliono evidenziare delle differenze di questo tipo) tra droidi, o umani, “puri” e “innestati”. Contro questi ultimi si scaglieranno entrambe le categorie, o meglio alcuni esemplari di esse, quelli più ottusi. In una società dove la convivenza tra macchine e uomini è ormai pacifica, è il connubio tra le due specie che viene demonizzato e tacciato di diversità pericolosa.
Al di là di questo punto, a mio parere quello più interessante e originale, sul quale mi premeva spendere qualche parola, la trama del romanzo è avvincente. Essa ruota intorno alla relazione amorosa tra un giovane ventenne umano (homo) e una droide, “figlia” (spiegarvi perché tra virgolette è troppo complesso in questa sede) di una coppia di lottatori droidi al soldo di un drhomo (o innestato), una sorta di boss della mafia ciccione e mutato che comanda la maggior parte dei traffici, leciti o illeciti, della città. Il boss ha in mente un piano di quelli da fumetto anni ‘80, che mette in mezzo genetica e controllo della società, e per portarlo a termine punta gli occhi sulla ragazzina droide, con i ricatti e la forza bruta. Non vi svelerò ovviamente come andrà a finire il tutto, ma sappiate che varrà la pena di seguire le avventure di questa storia e dei suoi protagonisti.
Il valore aggiunto sarà quindi proprio quella particolare attenzione alla diversità di cui parlavamo. Il messaggio, forse addirittura involontario, dell’autore, che comunque passa tra le righe e non viene mai vomitato moralisticamente in faccia al lettore è che esistono persone diverse da noi che delinquono, in questo caso il boss “innestato”, così come esistono quelli della nostra razza che delinquono alla stessa maniera. È l’individuo insomma che fa la differenza, non la sua origine.
La scrittura di Delorda è poi semplice e veloce, senza arzigogoli inutili. Le poco più che duecento pagine scorrono rapide e il lettore è rapito dagli avvenimenti che si susseguono senza tregua fino al climax finale. Un’ottima prova per lo scrittore messinese che, grazie anche all’elegante veste della casa editrice viterbese, ci regala un gioiello che diverte, cattura e soprattutto fa riflettere, come tutta la buona fantascienza.