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E’ morto David Johansen

Anche in questo 2025, da poco iniziato, sembra non arrestarsi, purtroppo, la spirale di decessi di musicisti amati della scena rock ‘n’ roll mondiale.

Nella giornata del 28 febbraio, infatti, ci ha lasciati, a 75 anni, anche David Johansen, musicista noto soprattutto per essere stato il frontman degli statunitensi New York Dolls – dei quali era rimasto l’unico superstite -. La notizia è stata diffusa dalla famiglia. Da anni era malato di cancro e allettato, per finanziare le cure per la sua salute era stata lanciata anche una campagna di raccolta fondi dallo Sweet Relief Musicians Fund.

Nato a Staten Island, New York il 9 gennaio 1950, David Roger Johansen (questo il suo nome completo) di origini europee norvegesi-irlandesi, crebbe con la passione per la musica, ascoltando rhythm and blues, doo-wop e la prima ondata rock ‘n’ roll.

Dotato di eccellente presenza scenica sul palco, nel 1971 entrò a far parte dei New York Dolls, una band etichettata storicamente – insieme a Stooges, MC5 e Velvet Undeground – come “proto-punk” (con la sua proposta sonora di un rock ‘n’ roll grezzo, sporco e tecnicamente sgraziato) e ispiratrice, nei decenni successivi, di una miriade di gruppi e un’influenza fondamentale per buona parte degli ensemble della prima scena punk rock americana e inglese, hard rock e parte dell’heavy metal (soprattutto la branca del “glam” e “hair”, per via dell’uso del trucco e dei travestimenti femminili messi in scena dai nostri a mo’ di look provocatorio e rivoluzionario).

Insieme ai chitarristi Johnny Thunders e Sylvain Sylvain, al bassista Arthur Kane e al batterista Billy Murcia (poi sostituito da Jerry Nolan) Johansen divenne il frontman del combo e coi New York Dolls faceva parte della scena del Mercer Center Arts e del Kitchen, uno spazio culturale adibito a sala prove e luogo di concerti e performance teatrali, posto all’interno di un fatiscente hotel newyorchese, nel quale il quintetto si esibiva in concerti infuocati finché la struttura non crollò, fisicamente, nel 1973. Con la loro miscela di blues energizzato e androginia enfatizzata da un glam rock anfetaminizzato, nichilismo e autodistruzione come attitudine e live set selvaggi e rumorosi, i NYD dei primi Seventies potevano essere considerati una versione statunitense più ruspante e garage rock dei Rolling Stones, arrivando a incidere due album, un omonimo nel 1973 e “Too much too soon” nel 1974, che all’epoca non ottennero grandi riscontri di vendite – ma che nei decenni seguenti all’uscita sarebbero stati riconosciuti come dischi seminali per lo sviluppo della storia di certo rock ‘n’ roll, con pezzi come “Looking for a kiss“, “Personality crisis“, “Jet boy“, “Bad girl“, “Vietnamese baby“, “Frankenstein“, “Stranded in the jungle“, “Human being” e “Who are the mystery girls?” assurti a veri e propri classici – il cui flop commerciale, unito al logoramento dei rapporti personali e all’abuso di droghe, portarono la band (di cui fu manager, nell’ultimo periodo, anche il “guru” inglese Malcolm McLaren pre-Sex Pistols) allo scioglimento alla fine del 1976. Diversi decenni dopo, i New York Dolls rimanenti (nel frattempo erano scomparsi Thunders e Nolan) si sarebbero poi riuniti nel nuovo millennio, nel 2004 (anno della dipartita di Kane) sotto la spinta dell’ex frontman degli Smiths, Morrissey (fan accanito dei newyorchesi) che fece concretizzare una reunion con Johansen, Sylvain e nuovi musicisti, con cui i Dolls pubblicarono gli Lp “One Day It Will Please Us to Remember Even This” nel 2006, “Cause I sez so” (2009) e “Dancing Backward in High Heels” (2011) prima della scomparsa, avvenuta nel 2021, anche di Sylvain Sylvain.

Johansen intraprese anche un percorso solista (più ricercato e sofisticato rispetto ai Dolls, a livello sonico) che, a cavallo tra fine Seventies e metà Eighties, fruttò quattro full length e due live album. Alla fine degli anni Ottanta, si reinventò come cantante jazz/swing/lounge, utilizzando lo pseudonimo Buster Poindexter, realizzando altri quattro long playing e prendendo anche parte alla house band del noto programma televisivo “Saturday Night Live”. Nei primi anni Duemila, prima della reunion dei New York Dolls, tornò al suo amore per il country-blues, pubblicando due album come David Johansen and the Harry Smiths.

Analogamente alla sua avventura musicale, Johansen è stato anche un conduttore radiofonico e un attore. Nel 2023 fu il soggetto di un documentario diretto da Martin Scorsese e David Tedeschi intitolato “Personality Crisis: One Night Only“.

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