Un altro devastante lutto arriva a sconvolgere la comunità mondiale del rock ‘n’ roll. Nella giornata di ieri, infatti, ci ha lasciati, all’età di 57 anni, Mark Lanegan, noto cantante, musicista e cantautore statunitense. La notizia dell’improvvisa scomparsa, avvenuta nella sua abitazione a Killarney in Irlanda, e della quale sono ancora ignote le cause, è stata diffusa dai canali social ufficiali dell’artista.
Nato a Ellensburg, nello stato di Washington, nel 1964, Mark William Lanegan (questo il suo nome completo all’anagrafe) ebbe una adolescenza turbolenta, mitigata dall’amore per la musica e, grazie a questa passione, a soli 20 anni è stato tra i membri fondatori (insieme ai fratelli Gary Lee e Van Conner) degli Screaming Trees, band che proponeva un’originale miscela di punk, hard rock e psichedelia che li fece inizialmente esordire (sulla piccola Velvetone Records) e poi imporre come una delle realtà più interessanti della scena del rock indipendente nazionale, grazie alla firma nel 1987 per la SST Records, l’etichetta di Greg Ginn dei Black Flag, per la quale il gruppo incise tre album (“Even If And Especially When“, “Invisible Lantern” e “Buzz Factory“) per poi fare il grande salto (dopo un epocale Ep, “Change Has Come“, registrato per la Sub Pop nel 1990) nel mondo mainstream, firmando per la Epic Records, che lanciò Lanegan e soci verso un moderato successo di massa, negli anni in cui il movimento grunge era esploso e del quale gli Screaming Trees venivano inevitabilmente considerati dei precursori e associati al “Seattle sound” (anche per ragioni di vicinanza geografica) come traino commerciale per promuovere gli album “Uncle Anesthesia” (1991) e “Sweet Oblivion” (1992) ma senza raggiungere gli stessi picchi di fama e popolarità dei loro colleghi più in voga come Nirvana, Pearl Jam, Alice In Chains e Soundgarden. Anni di conflitti interiori, demoni, dipendenze da alcool e droghe e screzi personali, a lungo andare, lacerarono i rapporti tra membri della band e fecero terminare l’avventura nel 2000, dopo un ultimo Lp insieme (“Dust“) nel 1996 (dove nel relativo tour aggregarono anche l’amico Josh Homme, appena reduce dalla fine dei Kyuss e all’epoca in procinto di fondare i Queens Of The Stone Age) e un disco uscito postumo nel 2011 (“Last Words: The Final Recordings“).
Dopo la fine dell’esperienza in una band, Lanegan, che aveva intrapreso un parallelo percorso da solista già durante il suo periodo di permanenza come frontman dei Trees, con tre album (“The Winding Sheet” nel 1990, l’acclamato “Whiskey for the Holy Ghost” nel 1994 e “Scraps At Midnight” nel 1998, incluso un quarto, l’esperimento del disco di cover “I’ll Take Care of You” del 1999) reinventò definitivamente se stesso e la sua parabola artistica come cantautore tenebroso, scuro nei toni e spoglio negli arrangiamenti, graziato da una voce inconfondibile (vero marchio di fabbrica caratteristico che ha fatto di Mark uno degli interpreti più originali della sua generazione) allo stesso tempo rauca e gutturale, ma anche calda, profonda ed evocativa, che sembrava migliorare e affinarsi col passare degli anni. Nel 2001 diede alle stampe un altro 33 giri, “Field Songs“, che ebbe un notevole impatto sulla tradizione del rock cantautoriale americano, al quale seguirono l’Ep “Here comes that weird chill” e, nel 2004, il sesto Lp solista “Bubblegum“. La carriera solista riprese nel 2012 come Mark Lanegan Band (composta dagli stessi musicisti che accompagnavano Mark nei tour) che diede alla luce tre album in tre anni, “Blues Funeral“, “Imitations” nel 2013 (altro cover album) e “Phantom Radio” nel 2014. Gli ultimi solo records di Dark Mark (questo era il suo alias) sono stati “Gargoyle” nel 2017, “Somebody’s Knocking” del 2019 e “Straight Songs Of Sorrow” nel 2020.
Decisamente corposo è stato il numero di prestigiose collaborazioni musicali e progetti paralleli che ha segnato il percorso di Lanegan. Già in “The Winding Sheet” aveva fatto suonare, sul brano “Down in the Dark“, il bassista Krist Novoselic e il cantante/chitarrista Kurt Cobain dei Nirvana, nonché Mike Johnson, all’epoca bassista dei Dinosaur Jr., che suonò anche su “Whiskey for the Holy Ghost” insieme al collega di band J. Mascis, a Jack Endino in svariate vesti, a Dan Peters dei Mudhoney e a Tad Doyle dei TAD alla batteria. Ben Shepherd, ex bassista dei Soundgarden, registrò alcuni brani in “I’ll Take Care of You” e sul successivo “Field Songs” insieme al solito Johnson, mentre su due pezzi di “Bubblegum” fece la sua comparsa PJ Harvey, oltre a Josh Homme, Chris Goss e Nick Oliveri, musicisti e produttore dei Kyuss e Queens Of The Stone Age. Greg Dulli, Dave Catching e Jack Irons contribuirono alle registrazioni del disco “Blues Funeral”, e prezioso fu anche l’apporto del musicista e produttore Alain Johannes su molti Lp, e sull’ultimo studio album “Straight Songs Of Sorrows” fece una apparizione anche Warren Ellis.
Nel 1995 Lanegan prese parte al supergruppo Mad Season, insieme al collega di band Barrett Martin, a Layne Staley degli Alice In Chains e Mike McCready dei Pearl Jam, ai quali prestò la propria voce per tre canzoni dell’album “Above“. Nel 2001 Mark entrò a far parte dei Queens Of The Stone Age dell’amico Josh Homme (che lo coinvolse anche nel collettivo delle Desert Sessions) coi quali registrò, con Dave Grohl alla batteria, “Songs for the Deaf“, tassello fondamentale della discografia dei QOTSA, e l’opening track di “Lullabies to Paralyze“, prima di lasciare la band nel 2004. Negli stessi anni formò anche un duo col frontman degli Afghan Whigs Greg Dulli, che si ribattezzò Gutter Twins e pubblicò l’album “Saturnalia” (2008) e un Ep. Altro importante sodalizio è stato quello con la cantante Isobel Campbell, con la quale ha registrato ben tre dischi e un live album. Nel 2013 fu la volta della collaborazione col polistrumentista inglese Duke Garwood, che fruttò due dischi, “Black Pudding” e “With Animals” nel 2018. L’ultimo suo progetto è stato una collaborazione con Joe Cardamone, aka Skeleton Joe, per un album sperimentale intitolato “Dark Mark vs. Skeleton Joe“, uscito nel 2021.
Nel 2020 aveva pubblicato la sua autobiografia, “Sing Backwards And Weep“, e nel 2021 fece uscire un nuovo libro autobiografico, “Devil in a Coma“, che raccontava l’esperienza avuta dal cantante con il covid-19 e la convalescenza tormentata post-malattia.
Qui è possibile leggere una raccolta di tributi, ricordi e commemorazioni che in queste ore sono state pubblicate da amici e colleghi musicisti che hanno conosciuto e stimato Mark Lanegan.
No Comments