In questi ultimi sprazzi di 2022 siamo purtroppo costretti a registrare un’altra illustre dipartita nel mondo del rock ‘n’ roll. Ci ha lasciati infatti, il 21 novembre, anche Wilko Johnson, chitarrista, cantante e songwriter inglese noto per aver fondato la blues rock/r&b/pub rock band Dr. Feelgood. Aveva 75 anni e si è spento nella sua casa di Westcliff-On-Sea, nell’Essex. La notizia è stata confermata dai suoi canali sui social media.
Nato come John Peter Wilkinson (invertendo poi il suo nome e cognome nella scelta delo stage name) nel 1947, Wilko venne influenzato, nel suo stile chitarristico, da Mick Green, e negli anni Sessanta bazzicava la scena musicale locale, alternando la sua passione artistica con gli studi universitari, finché nel 1971, di ritorno da un viaggio in India, si unì al cantante Lee Brilleaux e al bassista John B. Sparks per formare i Dr. Feelgood, dei quali Johnson divenne subito uno dei punti di forza, grazie al suo innovativo modo di suonare la chitarra: agile, scattante e spigoloso (eclettismo che lo rendeva abile nell’essere sia chitarra ritmica, sia solista) e la sua intensa presenza scenica, caratterizzata da uno stile iconoclasta, un continuo movimento e una singolare mimica facciale. Tutte queste peculiarità, unite al sound asciutto, aggressivo ed energico della band, che velocizzava il rhythm and blues e lo mischiava con l’esuberanza del rock ‘n’ roll, resero Wilko e i Dr. Feelgood dei beniamini della scena pub rock britannica della prima metà dei Seventies, della quale furono tra i massimi esponenti (tra gli altri) insieme a Eddie and the Hot Rods, Nick Lowe, Ian Dury, Ducks Deluxe, i 101’ers di Joe Strummer e gli Stranglers, tutti gruppi che svolsero un’importante funzione di anello di congiunzione tra il glam rock e la prima scena del punk inglese 1976-1977, del quale i Feelgood e le altre band succitate furono tra i precursori e gli ispiratori, influenzando anche la scena del CBGB e il successivo movimento del post-punk. Wilko registrò con l’ensemble il seminale album “Down by the Jetty” nel 1975, autentico classico e capolavoro della discografia del gruppo, e nello stesso anno incise anche l’Lp “Malpractice“, il disco dal vivo “Stupidity” nel 1976 (che raggiunse, inaspettatamente, un grande successo da classifica) e il 33 giri “Sneakin’ Suspicion” nel 1977, prima di lasciare i Dr. Feelgood a causa di tensioni e dissidi coi suoi compagni di avventura.
Il percorso musicale di Johnson proseguì nel 1978 con la creazione di un nuovo combo di supporto, i Solid Senders, che firmarono per la Virgin e, nello stesso anno, pubblicarono il primo (e unico) long playing di debutto, omonimo, all’insegna della continuazione dell’amore di Wilko per l’r&b sporcato dall’urgenza espressiva e dall’elettricità del rock ‘n’ roll. Nel 1979 si unì per un anno ai Blockheads di Ian Dury, dove conobbe il bassista Norman Watt-Roy, in seguito suo collaboratore. Negli anni Ottanta Wilko intraprese una carriera solista che gli fruttò diversi dischi in quel decennio (“Ice on the motorway“, “Pull the cover“, il live londinese “Watch out!“, “Call it what you want“, “Barbed wire blues“) e diversi tour in Europa e Giappone. Nel 2003, dopo una lunga pausa, Johnson tornò con un nuovo Lp, “Going back home“, e l’album “Red hot rocking blues“, che diedero nuovo slancio alla sua carriera musicale (insieme al documentario “Oil City Confidential“, documentario di Julien Temple sui Dr. Feelgood e Wilko) e portò alla realizzazione di un “best of” in due volumi nel 2010, un tour di supporto agli Stranglers nel 2011 e all’uscita, nel 2012, della sua autobiografia “Looking Back on Me“. Nel 2013 Wilko annunciò, in diretta televisiva, di avere un cancro al pancreas e che avrebbe smesso di fare concerti, ma nonostante l’addio ufficioso alle scene, continuò a fare concerti nell’Essex, e nel 2014 fece uscire una raccolta di reincisioni di canzoni suo repertorio, intitolata ancora “Going back home“, in collaborazione con Roger Daltrey dei Who, con cui si è esibito anche dal vivo. La sua malattia, tuttavia, non era incurabile, come all’inizio si era temuto (i medici gli avevano prospettato meno di un anno di vita, alla scoperta della neoplasia pancreatica) ma Wilko riuscì a farsi asportare il cancro chirurgicamente e, dopo una lunga convalescenza, fu dichiarato guarito. Nel 2015 fu protagonista di un altro film diretto da Julien Temple, “The Ecstasy of Wilko Johnson“, che trattava proprio della sua esperienza vittoriosa contro il tumore. Nel 2016 pubblicò il memoir “Don’t You Leave Me Here“, e nel 2018 realizzò il suo ultimo studio album, “Blow your mind“, continuando a suonare dal vivo con la sua band fino a pochi mesi fa. Oltre alla sua vita in musica, per alcuni anni si era dilettato anche nella recitazione, partecipando alla famosa serie televisiva “Game of Thrones” nel 2011 e 2012.