La cultura skinhead è da sempre argomento di infiniti dibattiti, nella maggior parte dei casi costruiti sul nulla che si cela nei luoghi comuni che, nonostante il passare degli anni, continuano sistematicamente ad accompagnarla. C’è, a nostro avviso, un’inaccettabile superficialità che non permette di andare veramente a fondo dell’equivoco, in modo da stabilire in modo definitivo una verità “storica” (e sociale) che possa finalmente legittimare quel chiarimento che riteniamo indispensabile. Non fosse altro che per chiudere irrevocabilmente tutte quelle inutili, e sterili polemiche, che ormai da troppo tempo ci portiamo dietro.
Del movimento skinhead si è detto tutto e il contrario di tutto. Pensare di sintetizzare qui un argomento di questa portata, oltre che improponibile, è idea decisamente folle. Dovremmo partire dalla nascita della sottocultura, spiegando come gli elementi che portarono alla sua genesi siano da inserire in un contesto sottoproletario che si opponeva all’imborghesimento e al degrado di una società che opprimeva i ceti meno abbienti. Ma non siamo qui per questo. Ci sono testi molto validi che lo fanno in modo più dettagliato e più accurato. Basta consultare il sito della Red Star Press per farsi un’idea. Preferiamo quindi rimandarvi agli scritti della Red Star Press in materia e restare sul volume di Mattia Dossi.
Come tutti i movimenti variegati, legati a culture “sociali” e anticonformiste, anche quello skinhead, si caratterizza per una molteplicità di anime in netto contrasto tra loro. “Educazione Skinheads” è da vedere quindi come il modo migliore per ribadire alcuni concetti che dovrebbero essere chiari a tutti da diverso tempo, ma che, come detto, ancora oggi stentano ad essere condivisi e riconosciuti. Innanzitutto ci preme sottolineare l’azzeccata scelta della “forma fumetto”, che, come ci ricorda sistematicamente l’amico Tommaso Busatto dei qqqØqqq, è una delle più dirette e funzionali quando si tratta di andare a comunicare. Dal momento che coglie immediatamente nel segno, grazie all’intrinseca caratteristica che la caratterizza, e che unisce immagine e sintassi. Scelta che quindi premia l’idea di chiarire in modo netto il concetto, liberandolo da eccessivi orpelli didascalici.
Il testo racconta in modo esemplare e con una forte dose di (auto)ironia le vicissitudini di un giovane skinhead alle prese con tutta una serie di dinamiche riconducibili alla quotidianità che ognuno di noi incontra e ha incontrato indipendentemente dalla sottocultura con cui ha stretto rapporti. Storie veloci, taglienti, che arrivano immediatamente al punto, e che strappano un (amaro) sorriso che induce a riflettere sugli equivoci che spesso incontriamo sulla nostra strada, ma che, per pigrizia o per noia, non siamo soliti voler risolvere.
Educazione Skinheads di Mattia DossiMattia Dossi racconta sostanzialmente se stesso e le sue giornate, come una sorta di fumetto autobiografico. C’è ovviamente una parte “romanzata” ma alla fine le dinamiche dei protagonisti (e del giovane skinhead che non fatichiamo a identificare nell’autore) ricalcano la realtà. Siamo negli anni che chiudono un millennio e ne aprono un altro, quando la scena skinhead è in pieno fermento in gran parte della penisola.
Grazie al lockdown, quello vero, quello che abbiamo amato, e verso cui non nascondiamo di provare ancora affetto, Mattia ha trovato il tempo per mettere a fuoco la sua idea e darle forma. Tutto è transitato a puntate, una storia dopo l’altra, dapprima sulle pagine di Crombie Media, blog che si nutre di sottoculture, musica e cinema, per poi finire, in un secondo momento, nelle mani della Red Star Press, che non ci ha pensato un attimo a renderlo concreto e tangibile, mandandolo in stampa in questi primi mesi dell’anno.
Un testo sostanzialmente godibile, che ha uno spessore culturale notevole che va ben oltre la prima facile lettura. C’è un mondo dietro ogni tavola di Mattia Dossi, sta a noi avere la voglia di scoprirlo e di capirlo.
Educazione Skinheads di Mattia Dossi