Eccoci alle prese con il breve resoconto di un’altra serata di grande interesse tenutasi sabato 28 febbbraio all’Angelo Azzurro di Genova Borzoli, con l’accoppiata Eldritch – Tenebrae.
I Tenebrae ritornavano sul palco del locale dopo aver accompagnato lo scorso anno i Secret Sphere: al riguardo, il chitarrista e compositore Marco Arizzi, parlando degli headliner, qualche giorno fa mi diceva che suonare prima di simili mostri sacri (come del resto sono sia la band alessandrina sia gli Eldritch), che fanno “anche” della tecnica sopraffina il loro punto di forza, è sicuramente di grande stimolo nonostante finisca per mettere un po’ di pressione nei confronti di chi deve immediatamente precederli sul palco.
Non si tratta certo di timore quanto di una doverosa forma di rispetto, verso nomi che all’estero ci invidiano più di quanto in patria siamo in grado di apprezzare, che può indurre quel minimo di tensione dissoltasi ben presto con l’esibizione della propria band a ribadire, una volta di più, quanto l’ispirazione e la voglia di osare siano preponderanti rispetto a tutto le altre considerazioni.
La band genovese nel corso del suo concerto ha proposto, oltre ai brani migliori risalenti sia al lavoro d’esordio Memorie Nascoste, sia al più recente Il Fuoco Segreto, anche due canzoni inedite destinate a confluire nell’album attualmente in lavorazione.
La novità in tal senso sono molte, a partire dal ricorso alla lingua inglese, che non nasconde la volontà di aprirsi a possibili ascoltatori anche al fuori dei nostri confini, fino all’approdo ad un sound più cupo, che si discosta a tratti in maniera netta dal peculiare art rock al quale i Tenebrae ci avevano abituati.
Entrambe le tracce, intitolate rispettivamente Careless e My Next Dawn, si sono rivelate decisamente coinvolgenti già al primo impatto; ho apprezzato in particolare, a causa della mia dipendenza dal doom e dai suoni più oscuri, la seconda delle due, contraddistinta da un’aura drammatica nella quale viene sfruttato il notevole growl di Paolo Ferrarese, peraltro dotato di una naturale gamma vocale che gli consente di passare dagli stili più estremi fino a spunti quasi operistici.
La riproposizione dei brani già editi ha soddisfatto sicuramente gli estimatori di questa band che, sia per le ottime prove fornite negli anni passati, sia alla luce delle nuove tracce proposte, attendiamo con una certa curiosità alla prova del prossimo disco.
Con l’ingresso sul palco degli Eldritch si è palesata un’ampia fetta di storia del metal italiano: la band toscana ha alle spalle una carriera lunghissima e, proprio quest’anno, ricorre il ventennale della pubblicazione del magnifico album d’esordio Seeds Of Rage.
Da allora acqua sotto i ponti ne è passata non poca, sotto forma di altri otto full length (più un live), ognuno dei quali contraddistinto da uno standard qualitativo elevatissimo.
L’indubbio merito di questa band è stato sicuramente quello di non accontentarsi di ripetere all’infinito la formula di successo raggiunta con il power-prog degli esordi, cercando invece di integrarne lo stile con nuove forme espressive che fossero al passo con i tempi.
Ovviamente, un gruppo dal repertorio talmente ampio e versatile non poteva che dare vita ad un concerto perfetto, andando ad attingere da un po’ tutti i lavori ed alternando tracce power-prog dall’impronta più melodica ad altre dai tratti più moderni, con frequenti concessioni a ritmiche di stampo thrash, il tutto senza mai mostrare la minima sbavatura.
La parte del leone l’hanno fatta, ovviamente, i due membri fondatori, il vocalist Terence Holler ed il chitarrista Eugene Simone, senza nulla togliere agli altri tre ottimi musicisti che li accompagnavano : il primo, pur menomato da una frattura alla caviglia sinistra che non ne ha certo inficiato le indiscutibili doti canore, non ha voluto mancare ugualmente all’impegno preso, dimostrando quella professionalità tipica di quei musicisti non più di primo pelo che, forse, molti tra quelli più giovani dovrebbero prendere ad esempio; il secondo ha regalato invece un’ora e mezza abbondante di tecnica chitarristica sopraffina unità ad un gusto melodico non comune. Nonostante tutto ciò, oltre alla pubblicazione risalente all’anno scorso dell’ennesimo grande disco, Tasting the Tears, gli Eldritch, non per colpa loro, paiono essere oggi un po’ al di fuori della cerchia delle band più in voga, ma restano sempre e comunque un patrimonio inestimabile della nostra musica e lo dimostra l’immutata passione con la quale continuano a calcare i palchi e a proporre con regolarità nuove uscite, contraddistinte da una qualità che i più possono solo sognarsi.
Unico neo della serata, la constatazione che esibizioni di questa caratura meriterebbero ben altri contesti di pubblico ma questa è la realtà del metal italiano oggi, prendere o lasciare; per fortuna continuano ad esistere locali come L’Angelo Azzurro nei quali si punta ancora sulla qualità, consentendo agli appassionati di godersi a prezzi modici spettacoli di tale livello.