Un album fantascientifico, nel quale il ritorno sulla terra avviene tramite un razzo chiamato Folk.
Erika M. Anderson, in arte EMA, ci presenta il suo terzo lavoro, lontano da tutto quello che potevano rappresentare gli album precedenti nonchè dalla sua band, Gowns.
The Future’s Void si apre con Satellites, una specie di celebrazione della letteratura Cyberpunk, non a caso, il nome Neuromancer riecheggia nella tracklist, mentre l’inizio di questa prima traccia, con basi elettroniche ed echi da futuro incerto, scuote ormai l’anima robotica di EMA, consegnatasi soprattutto al rumore di un canale televisivo morto (libera citazione dell’inizio del capolavoro di William Gibson del 1984 “Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto”).
Andando avanti con l’ascolto, ritroviamo in Chtulu, Shoulder, e Neuromancer, un timbro musicale cupo, quasi filmico, sicuramente piacevole per gli appassionati di musica new romantic, dove il presente non dà speranza, mentre con So blonde, e When she comes, EMA ci riporta alle sue origini, che ricordano così tanto le nostre serie televisive adolescenziali o come ci appariva brand:new, quando si aspettava il video a l’una di notte sul divano e con il volume al minimo, un momento personale che rappresentava un primo passo verso la conquista di tempi e spazi propri.
Lo stupore, e anche un po’ la nostalgia, ci arriva con 3jane, altro riferimento al romanzo di Gibson, in cui musicalmente si intravvede un richiamo ad “Atmosphere” dei Joy Division, per poi timbrare di nuovo il biglietto su quel razzo folk del quale si è parlato all’inizio, laddove la Louisiana, terra d’origine della cantante, si inoltra tra le voce e gli strumenti donando all’ascoltatore un qualcosa di terrestre e forse veritiero, con brani come No years, Solace, e Dead celebrity.
Tracklist:
1- Satellites
2- So blonde
3- 3jane
4- Chtulu
5- Shoulder
6- Neuromancer
7- When she comes
8- No years
9- Solace
10- Dead celebrity
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