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Recensione : Empyrium – The Turn Of The Tides

"The Turn Of The Tides" non aggiunge né toglie alcunché a quanto già fatto in passato dagli Empyrium, rivelandosi "semplicemente" un bellissimo disco, ricco di momenti elegiaci e altri capaci di emozionare chi non pretende a tutti i costi la perfezione assoluta da parte di questi splendidi musicisti.

Il nuovo album degli Empyrium, a ben dodici anni di distanza da quel “Weiland” che era parso ai più l’ultimo atto di una storia breve ma intensa, costituisce a modo suo un evento e, in quanto tale, è destinato a far discutere.

Sicuramente il grande interesse destato dal primo concerto tenuto dalla band in occasione del Wave Gotik Treffen nel 2011 e dall’indubbia riuscita dei documenti video e audio che ne sono stati tratti due anni dopo, hanno rappresentato una molla decisiva nello spingere Markus Stock e Thomas Helm a riproporre materiale inedito dopo oltre un decennio.
In occasione della recensione del live avevo già sottolineato quanto, da doomster incallito, preferissi gli Empyrium ruspanti degli esordi (“A Wintersunset”) rispetto alla loro più elegante veste folk degli ultimi lavori; nonostante ciò (o forse proprio a causa di questo, paradossalmente) mi sfuggono le ragioni di un certo scetticismo diffuso che si respira nei confronti di The Turn Of The Tides, opera che si riallaccia, come era facilmente prevedibile, al discorso prematuramente interrotto, rivelandosi un ritorno assolutamente di gran pregio.
Certo, nel frattempo in molti si sono cimentati con successo su questo affascinante terreno ed alcuni, probabilmente, lo avranno anche fatto con esiti migliori di quanto mostrato dal duo tedesco in tale occasione ma, francamente, se uscisse ogni giorno un disco di tale levatura, la vita sarebbe di gran lunga migliore …
Il folk degli Empyrium, benché spesso ci si ostini a voler fare di tutta un’erba un fascio, non ha nulla a che vedere con derivazioni apocalittiche; qui si percepisce forte e chiaro il retaggio gotico di Markus e la voce profonda e dai tratti operistici di Thomas è volutamente pregna di toni malinconici ed avvolgenti: un altro elemento, questo, che differenzia non poco il sound degli Empyrium nell’ambito del genere, laddove nomi illustri e sicuramente inattaccabili per la qualità del loro lavori non fanno certo delle doti vocali il proprio punto di forza, non potendo in alcun modo competere per capacità evocativa con il cantante tedesco.
E se è vero che la traccia migliore del lotto appare Dead Winter Ways che, insieme a The Days Before the Fall abbiamo già avuto modo di ascoltare nel live “Into The Pantheon”, The Turn Of The Tides contiene brani del tutto inediti di qualità eccelsa come Saviour e, soprattutto una With the Current into Grey che non mi stancherei mai di ascoltare, e altri leggermente auto compiacenti, per quanto formalmente ineccepibili, come la conclusiva title-track e We Are Alone.
In effetti, il naturale accostamento per buona parte di questo disco è quello con i Dead Can Dance meno eterei, per inciso quelli con Brendan Perry dietro il microfono, a testimonianza di una vena dark e neoclassica spesso preponderante sulla componente folk.
In sintesi, The Turn Of The Tides non aggiunge né toglie alcunché a quanto già fatto in passato dagli Empyrium, rivelandosi “semplicemente” un bellissimo disco, ricco di momenti elegiaci e altri capaci di emozionare chi non pretende a tutti i costi la perfezione assoluta da parte di questi splendidi musicisti.

Tracklist:
1. Saviour
2. Dead Winter Ways
3. In the Gutter of This Spring
4. The Days Before the Fall
5. We Are Alone
6. With the Current into Grey
7. The Turn of the Tides

Line-up:
Schwadorf – Bass, Guitars, Drums, Percussion, Vocals
Helm – Keyboards, Piano, Vocals

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